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Spettacoli

Mare Faber e Trallallero Levantin

Super User 28 Gennaio 2020 1266 Visite

Perché scrivere (o comprare) un nuovo libro su Fabrizio de André quando ce ne sono già ben 170 in circolazione? Questa è la prima domanda a cui risponde, preventivamente, Guido Festinese, autore di “Mare Faber: le storie di Crêuza de mä”, il volumetto che è stato presentato a l’Amico Ritrovato, vivace libreria in cima a Via Luccoli.

È una sera d’inverno genovese, a fine gennaio. Il nome di “Faber” richiama sempre l’attenzione della comunità genovese e, infatti, la saletta al centro della libreria è talmente piena di persone che si aggiungono sedie. Dietro a tutto questo, però, c’è quasi un equivoco: la risposta alla domanda preliminare potrebbe essere infatti che questo non è l’ennesimo libro sulla figura di Fabrizio de André, questo è un libro su un disco solo: Crêuza de mä.

Guido Festinese è un noto critico musicale, docente di storia ed estetiche delle musiche afroamericane, consulente musicale per Radiotre e per il Comune di Genova, ex-direttore della rivista World Music Magazine. Nell’ambiente è noto per la sua grande cultura (anche fuori dall’ambito strettamente musicale) e per la capacità di investire il proprio uditorio con quelli che lui stesso chiama ironicamente “monologhi stordenti”, dove passa saccadicamente da un aneddoto all’altro, tratteggiando complessi affreschi di storia della musica. Questo è ciò che ha fatto alla presentazione del suo libro, muovendosi da Aulo Gellio a Mauro Pagani, passando per suggestioni di dialetto sardo e per le Cantigas de Santa Maria di Alfonso Decimo, re di Castiglia nella seconda metà del milleduecento.

Questa grande versatilità si trova in “Mare Faber”, un’opera che ripercorre la storia di quello che è uno dei dischi più iconici del cantautorato genovese e che il regista Wim Wenders ha definito “l’album più bello nella storia moderna della musica”. Festinese mette in luce la profonda complessità delle cose, come ogni storia ne possa contenere altre e come questa cosa sia particolarmente vera per quelle opere che siamo soliti chiamare “classici” o “capolavori”.

Leggendo questo libro, edito da  Galata Edizioni, si scoprono in continuazione cose nuove e inimmaginabili come, per esempio, che la copertina di Crêuza de mä è una foto di Jay Maisel, autore dell’iconica copertina di un altro album fondamentale della storia della musica: Kind of Blue di Miles Davis. Oppure si apprende che, nonostante venga considerato il disco più rappresentativo della canzone in genovese, Crêuza de mä non avrebbe dovuto nemmeno essere inciso in genovese, bensì in arabo o in una qualche altra lingua franca del mediterraneo. Questo e altri aneddoti si trovano in quello che è senz’altro un approfondimento di alto livello, gestito con una grande e benefica disinvoltura e corredato di bibliografia. Non qualcosa di generico e ordinario, quindi, bensì qualcosa sopra le righe e sopra le sterile celebrazione, qualcosa in cui perdersi.

Infine va detto, che alla presentazione del 28 gennaio erano presenti anche alcuni elementi dell’Orchestra Bailam e dei Canterini Genovesi che presentavano a loro volta il loro ultimo disco [Trallallero Levantin] e che hanno dialogato in musica con Festinese, riempendo animi e sala di una commuovente leggerezza in dialetto.

 

Corrado Fizzarotti

Antigone di Sofocle

Super User 28 Gennaio 2020 1460 Visite

Antigone di Sofocle è un Classico con la “C” maiuscola. Qualcosa che, nonostante sia vecchio di quasi 2500 anni, colpisce ancora nel vivo la nostra sensibilità di occidentali moderni.

Proprio per questo motivo, metterlo in scena si potrebbe definire contemporaneamente una scelta facile e difficile.
La versione con la regia di Laura Sicignano ha debuttato sul palcoscenico della Corte la sera del 28 gennaio ed è stata premiata da un notevole entusiasmo di pubblico. La sala era piena, come si addice alla prima di un testo che, bene o male, tutti conoscono. I temi di quest’opera sono quanto mai attuali: il rapporto tra la legge dello stato e la legge morale, tra l’ordine costruito dagli uomini e quello che viene prima di loro, l’incomprensibile ordine degli dei.

Antigone è la figlia di Edipo, lo sventurato protagonista di un’altra tetralogia sofoclea, e in questo dramma si batte per ottenere una degna sepoltura per suo fratello Polinice, morto assediando Tebe, la città in cui si svolge l’azione. Le si contrappone Creonte, zio della ragazza e legittimo sovrano, che nel nome delle leggi degli uomini non intende tributare una degna sepoltura ad un nemico. Da una parte troviamo un principio antico, intimo, di pietà interiore; dall’altra vediamo invece la forza delle leggi e del principio di autorità. La domanda si formula facilmente e brucia in tutta la sua attualità: “fino a che punto è giusto disobbedire ad una legge ingiusta?”

In questa messinscena la contrapposizione tra Antigone e Creonte è nettamente caratterizzata e non lascia spazio a tentennamenti di prospettiva. Il sovrano interpretato da Sebastiano Lo Monaco è una figura istrionica, enorme, arrogante, rigida in alcuni momenti ed estremamente dinamica in altri. Barbara Moselli invece ci mostra un’Antigone carica di quella femminilità ancestrale così vicina ad alcune corde della tragedia greca e, contemporaneamente modernissima, fiera e disperata allo stesso tempo. In questa versione, la tragedia di Sofocle assume una connotazione quasi politica e perde un po’ della duplicità drammatica che sarebbe presente nel suo impianto originale, dove la contrapposizione tra i due protagonisti è uno scontro tra modi di intendere il mondo, senza buoni e cattivi. In ogni caso, la possibilità di contenere più di un messaggio sta proprio nella grandezza dei classici e, questa versione di Laura Sicignano resta comunque qualcosa di esteticamente enorme.

La scenografia e la regia sono decisamente presenti e “parlanti” all’interno della rappresentazione. Il setting ricreato da Guido Fiorato è qualcosa di senza tempo ma non astratto. I personaggi si muovono su una scena fatta di rigide strutture di legno, sotto ad una specie di piramide composta da tre travi di acciaio arrugginito. Gli ambienti rispondono all’azione e donano il giusto controcanto agi eventi, aprendosi, chiudendosi, crollando sulla sabbia che realmente ricopre il palco e viene utilizzata dinamicamente dagli attori. Si tratta di una narrazione dinamica e per immagini che si integra perfettamente al testo recitato, aiutata da due elementi decisamente caratteristici: l’uso intelligente delle luci da parte di Gaetano La Mela e, soprattutto, dalle musiche originali, che sono eseguite dal vivo da Edmondo Romano, in disparte sul palcoscenico ma comunque ben visibile dal pubblico.

In conclusione, quella in scena alla Corte fino al 2 febbraio è una rappresentazione notevole, che dimostra come si può rendere un testo moderno senza per forza stravolgerlo, coniugando significati moderni ad uno spirito dionisiaco e antico, invocato diverse volte anche nel testo.

Corrado Fizzarotti

La macchina del fango alla Corte

Super User 26 Gennaio 2020 885 Visite

Tutto esaurito al teatro della Corte per “L’onore perduto di Katharina Blum”, tratto dal romanzo di Heinrich Boll: due ore e 15 di atto unico, che scorrono via in un lampo anche grazie alla regia incalzante di Franco Però e a una scenografia essenziale, basata sui cambi di luce (palco quasi in bianco e nero) e sugli incastri degli arredi e degli ambienti. A fare da trait d’union è lei, Katharina Blum: governante domestica che mette in scena il dramma di una vita ordinaria, scandita agli orari di lavoro e dai meccanismi consolatori di una vita da single. Una vita spazzata via dalle calunnie e dalla maldicenza: una macchina del fango costruita al solo fine di vendere qualche copia in più di giornale, senza preoccuparsi delle conseguenze per la vittima.

Per raccontare la sua storia, Boll sceglie la via del giallo: che poi si tramuta in denuncia sociologica. Katharina Blum, dopo un’infanzia difficile e il divorzio da un marito violento e prevaricatore, si trasferisce a Colonia e inizia a lavorare in casa dei coniugi Trude e Hubert Blorna. Vanno in scena una cura maniacale della pulizia e dell’ordine, un’organizzazione teutonica del lavoro e della vita, che servono evidentemente ad anestetizzare e neutralizzare le ansie e le paure esistenziali. La costante è quella di una difesa del suo libero arbitrio femminile, della sua libertà sessuale, della sua volontà di concedersi o meno. Una difesa che non conosce cedimenti, anche a costo della rinuncia.

La manovra riesce così bene che Katharina sembra serena e realizzata: non felice, perchè la felicità non serve. Poi una sera, dopo sei anni di clausura, la ragazza va a ballare: ed è l’inizio della fine.

Alla festa Katharina conosce Ludwig Götten, un rapinatore di banca sospettato di terrorismo e ricercato dalla polizia. E’ il 1974, periodo di anni di piombo anche in Germania: e questo alimenta la psicosi del “pericolo rosso”. Ma Katharina di questo non sa nulla. Tra i due giovani scocca l’amore a prima vista, e la ragazza aiuta Ludwig a scappare. La ragazza viene interrogata dalla polizia come persona informata dei fatti: e tale resta fino a quando interviene Werner Totges, giornalista di un tabloid locale. Tötges scandaglia in profondità la vita di Katharina, contattando tutti i suoi amici e familiari, incluso l'ex marito. Manipolando e distorcendo le informazioni raccolte, trasforma Katharina prima in una complice del bandito e poi in una vera e propria estremista.

La vita di Katharina è sconvolta: la ragazza riceve minacce e offese, i suoi conoscenti vengono emarginati, il suo onore viene definitivamente compromesso. La polizia e lo Stato non la tutelano attivamente. Dapprima disperata, poi lucida nel suo isolamento, Katharina Blum si vendica uccidendo il giornalista Tötges: che aveva tentato un approccio sessuale con lei, rivelandosi non migliore dei comportamenti che aveva stigmatizzato nei suoi articoli. Ottima l’interpretazione di Elena Radonicich nel ruolo di Katharina e di Peppino Mazzotta (quello che interpreta Fazio nella fiction Montalbano) nel ruolo dell’avvocato Hubert Blorna, innamorato della ragazza ma troppo rispettoso della sua essenza di donna e dei suoi sentimenti per tentare di comprometterla.

Paolo Fizzarotti

Antigone alla Corte

Super User 25 Gennaio 2020 843 Visite

Da martedì 28 gennaio alle ore 20.30 sul palcoscenico del Teatro della Corte debutta ANTIGONE di Sofocle, con Sebastiano Lo Monaco e Barbara Moselli diretti da Laura Sicignano che ha scelto di metterla in scena in uno spazio astratto e visionario che richiama macerie di palazzi sventrati ed evoca scenari mediorientali di guerra, tecnologia e miseria.Andata in scena per la prima volta oltre 2000 anni fa, la storia della sventurata ed eroica figlia di Edipo è diventata una delle più significative e paradigmatiche di tutta la cultura occidentale: una di quelle figure che trascendono il loro autore e divengono patrimonio universale che passa, in forme sempre nuove, da una generazione all'altra.Una tragedia di rara potenza quella firmata dal grande drammaturgo dell’Atene classica che con forza profetica ci mette davanti a questioni di bruciante attualità come l’eterna lotta fra potere assoluto e potere della ragione, fra legge e giustizia. Antigone è la prima figura femminile che ha il coraggio di contrastare le leggi dello Stato, rappresentate dall’arroganza del sovrano Creonte, diventando simbolo di ribellione solitaria contro il dominio di ogni tiranno e guadagnando la forza dell’atemporalità.A conferma di ciò basti ricordare i fatti di cronaca degli ultimi mesi che ne hanno riportato alla ribalta le gesta quando i media e i giornali hanno paragonato la capitana della nave Sea Watch, Carola Rackete, alla nota figura mitologica. Aldilà delle differenze specifiche, ogni volta che divampa il conflitto fra dovere e ribellione, fra diritto e legge morale, la storia di Antigone riemerge in tutta la sua necessarietà. «La scelta di Antigone – scrive la regista Laura Sicignano – mi appare necessaria, qui e ora: affrontare il mito di una terra – la Sicilia – che si è nutrita di grecità e che si dibatte quotidianamente tra potere, ribellione e anarchia, fiera di un’identità, frutto di una stratificazione di popoli. Per riflettere su questi temi e renderne l’universalità, miei compagni di viaggio sono un attore siciliano di tradizione classica – Sebastiano Lo Monaco – nei panni di Creonte, contrapposto ad una Antigone – Barbara Moselli – che pur provenendo da una scuola classica, si è mossa spesso nei teatri di frontiera».

ANTIGONE resta in scena al Teatro della Corte fino a domenica 2 febbraio. Inizio spettacoli ore 20.30, giovedì ore 19.30, domenica ore 16.Giovedì 30 gennaio, nel foyer del Teatro della Corte alle ore 17.30, Sebastiano Lo Monaco incontra il pubblico per il ciclo Conversazioni con i protagonisti, in collaborazione con gli Amici del Teatro Nazionale di Genova. L’ingresso è libero.

 

ANTIGONE

di Sofocle

con Sebastiano Lo Monaco,

Barbara Moselli, Lucia Cammalleri, Egle Doria, Luca Iacono, Silvio Laviano,

Simone Luglio, Franco Mirabella, Pietro Pace

scene e costumi Guido Fiorato

luci Gaetano La Mela

musiche originali eseguite dal vivo Edmondo Romano

Quartetto, che occasione a teatro

Super User 24 Gennaio 2020 921 Visite

Supersconto per andare a teatro: e gli studenti spendono ancora meno. Il Teatro Nazionale di Genova e la Fondazione Teatro Carlo Felice rinnovano la loro collaborazione con l’abbonamento congiunto Quartetto che consente di assistere a 4 spettacoli, scegliendone due dai rispettivi cartelloni, al prezzo speciale di 90 euro. I giovani fino a 26 anni hanno le stesse possibilità al costo di 60 euro.

Quartetto permette di spaziare fra il teatro classico e quello contemporaneo, il teatro danza e il melodramma, la commedia e il teatro civile passando da Giuseppe Verdi a Bertolt Brecht, da Giacomo Puccini a Italo Calvino, da Gaetano Donizetti a Henrik Ibsen.

Ci sono oltre 20 spettacoli fra cui scegliere con grandi interpreti come Umberto Orsini, Fabio Armiliato, Desirée Rancatore, Gabriele Lavia, Laura Marinoni e grandi registi quali Davide Livermore, Giuliano Montaldo, Leo Nucci, Alessandro Gassmann, Giorgio Gallione.

L’ iniziativa giunta alla sua 6° edizione conferma una volta di più il dialogo e la volontà sinergica tra due importanti istituzioni culturali genovesi.

Ecco le proposte di ciascun teatro:

Teatro Nazionale di Genova per Quartetto

Barzellette

di e con Ascanio Celestini

4-6 febbraio Teatro della Corte

Riccardo III

di William Skakespeare | regia Massimo Mesciulam

con gli attori della Scuola di Recitazione del Teatro Nazionale di Genova

5-9 febbraio Teatro Duse

I fratelli Karamazov

di Fedor Dostoevskij | regia Matteo Tarasco

con Glauco Mauri, Roberto Sturno

11-16 febbraio Teatro della Corte

L’anima buona del Sezuan

di Bertolt Brecht

regia e interpretazione Elena Bucci, Marco Sgrosso

13 – 15 febbraio Teatro Gustavo Modena

The Deep Blue Sea

di Terence Rattigan | regia Luca Zingaretti

con Luisa Ranieri

19 – 23 febbraio Teatro della Corte

Il costruttore Solness

di Henrik Ibsen | regia Alessandro Serra

con Umberto Orsini

19 – 23 febbraio Teatro Gustavo Modena

Creatura di Sabbia

di Tahar Ben Jelloun | regia Daniela Ardini

con Raffaella Azim

26 febbraio – 1° marzo Teatro Duse

Il nodo

di Johnna Adams | regia Serena Sinigaglia

con Ambra Angiolini e Ludovica Modugno

26 febbraio – 1 marzo Teatro Gustavo Modena

I promessi sposi alla prova

di Giovanni Testori | regia Andrée Ruth Shammah

con Luca Lazzareschi, Laura Marinoni

27 febbraio – 1 marzo Teatro della Corte

La prova

testo e regia Bruno Fornasari

con Tommaso Amadio, Emanuela Arrigazzi, Orsetta Borghero, Eleonora Giovardi

12 – 15 marzo Teatro Duse

Fronte del porto

di Budd Schulberg | regia Alessandro Gassmann

con Daniele Russo

18-22 marzo Teatro della Corte

John Gabriel Borkman

di Henrik Ibsen | regia Marco Sciaccaluga

con Gabriele Lavia, Laura Marinoni, Federica Di Martino

31 marzo – 5 aprile Teatro della Corte

Roger

testo e regia Umberto Marino

con Emilio Solfrizzi

1 – 5 aprile Teatro Duse

Tintarella di luna

da Italo Calvino | regia Giorgio Gallione

con Enrico Campanati, Rosanna Naddeo, Aldo Ottobrino

2 – 24 aprile Teatro Gustavo Modena

Una notte sbagliata

di e con Marco Baliani

21 – 22 aprile Teatro Duse

Alda. Diario di una diversa

da Alda Merini | regia Giorgio Gallione

con Milvia Marigliano

15 – 17 maggio Teatro Duse

  

Teatro Carlo Felice per Quartetto

Adriana Lecouvreur

di Francesco Cilea

direttore d’Orchestra Valerio Galli

regia, scene e costumi Ivan Stefanutti

giovedì 13 febbraio  ore 20, sabato 15 febbraio  ore 15

Un ballo in maschera

di Giuseppe Verdi

direttore d’Orchestra Jordi Bernacer

regia Leo Nucci

martedì 17 marzo ore 20, venerdì 20 marzo ore 20

Anna Bolena

di Gaetano Donizetti

direttore d’orchestra Andriy Yurkevich

regia Alfonso Antoniozzi

giovedì 16 aprile ore 20, sabato 18 aprile ore 15

Turandot

di Giacomo Puccini

direttore d’orchestra Dorian Wilson

regia Giuliano Montaldo

domenica 3 maggio ore 20, sabato 9 maggio ore 15

Manon Lescaut

di Giacomo Puccini

direttore d’orchestra Andrea Battistoni

regia Davide Livermore

sabato 6 giugno ore 15, mercoledì 10 giugno ore 20

Orchestra, Coro e Coro di Voci Bianche del Teatro Carlo Felice

Maestro del Coro, Francesco Aliberti

Maestro del Coro di Voci Bianche, Gino Tanasini

 

L’abbonamento Quartetto può essere acquistato alla biglietteria del Teatro Carlo Felice e presso le tre biglietterie del Teatro Nazionale di Genova (Teatro della Corte, Duse e Gustavo Modena).

Paolo Fizzarotti

Voci bianche al Teatro della Gioventù

Super User 22 Gennaio 2020 1070 Visite

Sabato 25 gennaio, alle ore 17, il Coro di Voci Bianche e il Coro Femminile del Teatro Carlo Felice tornano ad esibirsi al Teatro della Gioventù. Il concerto, intitolato Intimo In…canto, è infatti una replica di quello tenuto il 18 gennaio scorso, accolto con successo da un pubblico attento ed emozionato all’ascolto di un repertorio corale di rara raffinatezza, che per molti ha rappresentato una scoperta.  

Il Coro di Voci Bianche del Teatro Carlo Felice, diretto da Gino Tanasini e accompagnato al pianoforte da Enrico Grillotti, apre il programma con quattro brani che mostrano come tutti i compositori, da quelli anonimi ai grandi nomi, fino agli autori di colonne sonore, siano rimasti affascinati dal timbro “bianco” delle voci dei ragazzi: Stella splendens di Anonimo del XIV secolo (brano arricchito dalla presenza di una tromba solista), Se l’aura spira di Frescobaldi, Scarborough Fair (canto tradizionale inglese) e Vois sur ton chemin di Bruno Coulais. Quest’ultimo pezzo è tratto dalla colonna sonora del film Les Choristes, piccolo cult francese del 2004 in cui far parte di un coro salva un ragazzo problematico da un destino difficile, a dimostrazione del valore sociale dell’esperienza corale. Una funzione che è tra le principali del Coro di Voci Bianche del Teatro Carlo Felice, come spiega il suo direttore, il Maestro Tanasini: «Grazie all’attività del coro, non solo i coristi ma anche le loro famiglie, hanno avuto modo di avvicinarsi e prendere confidenza con un’istituzione (il teatro lirico) spesso vista come distante se non, talvolta, completamente sconosciuta, ma che invece conserva in sé, per sua natura, la valenza di propulsore privilegiato di valori non solo culturali ed artistici ma anche sociali.»

Il Coro Femminile del Teatro Carlo Felice, diretto da Francesco Aliberti e accompagnato al pianoforte da Patrizia Priarone, è il protagonista della seconda parte del concerto, che può considerarsi un viaggio tra brani di varie epoche all’insegna di un’intimità che rivela passioni nascoste. Al centro è la figura della donna, celebrata in quanto Madre per eccellenza in pagine come Donna celeste di Francisco Soto de Langa e Salve Regina di Domenico Scarlatti, immagine di speranza in Du Friedefürst, Herr Jesu Christ di Bach, Veni Domine di Mendelssohn e Agnus Dei e Ave Verum di Fauré, e infine simbolo di delicatezza e pace domestica in Der Gärtner di Brahms e Slava narodu di Rachmaninov.

 

TEATRO DELLA GIOVENTÙ

Sabato 25 gennaio, ore 17 

Coro di Voci Bianche e Coro Femminile del Teatro Carlo Felice

Maestro del Coro di Voci Bianche Gino Tanasini

Maestro del Coro Francesco Aliberti 

Pianoforte Enrico Grillotti, Patrizia Priarone

Moni Ovadia debutta al Modena

Super User 20 Gennaio 2020 860 Visite

Moni Ovadia torna a Genova. A 25 anni dallo storico Oylem Goylem, che rivelò il talento e il magnetismo di Ovadia al teatro italiano, l’artista cosmopolita (ebreo di origini bulgare) torna a indossare i panni del narratore Simka Rabinovich, nello spettacolo DIO RIDE – Nish Koshe che va in scena al Teatro Modena da giovedì 23 gennaio (ore 19.30). Il vecchio Simka torna con qualche acciacco in più ma con lo stesso spirito indomito, la medesima graffiante ironia e porta con sé un carico di storie, di ricordi, di provocazioni e di sogni tutti nuovi: anche le canzoni sono nuove e vengono eseguite dal vivo dal fidato manipolo di musicanti meglio conosciuto come la Moni Ovadia Stage Orchestra.

La scena è chiusa da un muro che evoca i tanti muri che ancora separano terre e genti, su cui scorrono immagini del passato e del presente: l’eterno esilio, i vizi e le virtù del popolo ebraico (e del genere umano) vengono passati al setaccio in una spregiudicata alternanza fra riflessioni e storielle, testi sacri e canzoni, aneddoti e risate. L’uso della voce e la deformazione della stessa in onomatopee divertenti, trasporta il pubblico in ambientazioni lontane nel tempo ma anche sorprendentemente attuali.

Un po’ teatro civile, un po’ teatro cabaret DIO RIDE – Nish Koshe è un ibrido teatrale in cui non mancano momenti di grande lirismo in cui si evoca con forza la necessità di mantenere viva la memoria come antidoto contro fanatismo e intolleranza e di trovare il coraggio per accogliere l’altro senza inutili paure.

Lo spettacolo debutta al Teatro Gustavo Modena giovedì 23 gennaio alle ore 19.30. Le altre recite sono previste venerdì 24 e sabato 25 gennaio alle ore 20.30 e domenica 26 gennaio alle ore 16.

Venerdì 24 gennaio alle ore 17.30 presso il Teatro Gustavo Modena, Coop Liguria incontra Moni Ovadia intervistato da Laura Santini, direttrice di Mentelocale. Ingresso libero. 

Da giovedì 23 a domenica 26 gennaio 2020 Teatro Gustavo Modena

D I O   R I D E (Nish Koshe) di e con Moni Ovadia e con le musiche dal vivo della Moni Ovadia Stage Orchestra: Maurizio Dehò, Luca Garlaschelli, Albert Florian Mihai, Paolo Rocca, Marian Serban

Scene e costumi: Elisa Salvi

Luci: Cesare Agoni e Sergio Martinelli

Audio: Mauro Pagiaro

Regia: Moni Ovadia

Domenica in musica al Carlo Felice

Super User 18 Gennaio 2020 1128 Visite

Una “Domenica in musica” particolare, la prossima, n. 10 del ciclo, domenica 19 gennaio alle ore 11 nel Primo Foyer del Teatro Carlo Felice.  Non si tratta, infatti, solo di un concerto, ma di “uno spettacolo per violino, violoncello e voce recitante” (come recita il sottotitolo) in cui la musica incontra una delle scoperte più importanti e sconvolgenti della storia della scienza: la fisica quantistica. Titolo: Il quinto elemento. Protagonisti: Francesca Giordanino, violino, e Marco De Masi, violoncello, ovvero il “Duo Max Planck”, dal nome del fisico tedesco che nel 1918 vinse il Premio Nobel per la Fisica per essere stato il primo a teorizzare la trasmissione dell’energia non in forma continua, ma per pacchetti di energia finiti e discreti, i cosiddetti “quanti”. Un’ipotesi che ha cambiato per sempre la nostra concezione di ciò accade nell’infinitamente piccolo, nel misterioso mondo subatomico.

La musica, linguaggio fluttuante e inafferrabile basato su frequenze e ampiezze d’onda, è forse la forma d’arte che più si presta a una lettura “quantistica” in cui i parametri del suono entrano in collegamento con gli elementi della natura. Così Francesca Giordanino, oltre che esibirsi al violino, è anche autrice di un testo letto dall’attore Massimiliano Lotti, che ha come protagonista il Quinto Elemento, un eroe trascendente che si incarna di volta in volta nei quattro elementi che compongono il nostro mondo: aria, acqua, terra e fuoco. La musica, accompagnata da immagini evocative fisse o in movimento, segue gli interventi della voce recitante. Ed è grande musica, scelta per simboleggiare con i suoni i quattro elementi: l’Aria sulla Quarta Corda di J. S. Bach (Aria), la Sonata per violino e violoncello di Maurice Ravel (Acqua), Escualo, Oblivion, Muerte del Angel  di Astor Piazzolla (Terra), arrangiato in esclusiva da Stefano Cabrera, e la Passacaglia in sol minore su un tema di Händel di Johan Halvorsen (Fuoco). Il tutto (con la regia della stessa Giordanino, aiutata da Riccardo Memore) pensato come «un magico incontro fuori dal tempo – spiegano gli autori –, dove l’arte si sposa con l’arte per raccontare una fiaba moderna che (grazie alla sua ispirata visione alchemica) rappresenta un piccolo squarcio di luce nelle tenebre del materialismo sistemico.»

Ingresso: € 8 (intero), € 6 (ridotto under 26). Orari di biglietteria: martedì-venerdì dalle 11:00 alle 18:00, sabato dalle 11:00 alle 16:00 e un’ora prima dello spettacolo. Apertura domenicale in occasione del ciclo “Domenica in musica”: ore 10:30-11:15.

Successo per il Barbiere di Siviglia

Super User 17 Gennaio 2020 1329 Visite

Ottimo successo e tutto esaurito in sala mercoledì 15 gennaio per la attesissima Prima de “Il Barbiere di Siviglia” al Carlo Felice. Quasi inevitabile, dato che probabilmente Il Barbiere è una delle opere più amate dagli italiani e forse nel mondo. Una trama scoppiettante di intuizioni, invenzioni, trovate e colpi di scena, sorrette dalle verve musicale di un Gioacchino Rossini già al pieno della sua verve creativa e artistica a dispetto della giovanissima età (24 anni). E il pubblico da sempre (a parte il giorno della prima assoluta, nel 1816) ha dimostrato di apprezzare moltissimo: come mercoledì sera al Carlo Felice. Applausi l’altra sera alla cavatina “Ecco, ridente il cielo”, subito all’inizio. E poi durante le arie più famose fino alla celeberrima “Una voce poco fa”, con Annalisa Stroppa nel ruolo di Rosina. Applausi a scena aperta naturalmente anche al momento di “Largo al factotum”. Il capolavoro rossiniano in scena al Carlo Felice viene valorizzato ulteriormente nel suo pathos favolistico dalle scene del maestro genovese Emanuele Luzzati e dalla regia di Filippo Crivelli; non meno importanti i costumi di Santuzza Calì, messi in evidenza dalle luci di Luciano Novelli. Ottimo tutto il cast, con il direttore d’orchestra Alvise Casellati: Alessandro Luongo, Daniele Terenzi e Sundet Baigozhin (Figaro); Annalisa Stroppa e Paola Gardina (Rosina); René Barbera e Francesco Marsiglia (Il Conte di Almaviva); Paolo Bordogna e Misha Kiria (Don Bartolo); Giorgio Giuseppini e Gabriele Sagona (Don Basilio); Simona Di Capua (Berta); Roberto Maietta (Fiorello). Repliche sino al 21 gennaio.

Paolo Fizzarotti

Katharina Blum alla Corte

Super User 15 Gennaio 2020 972 Visite

Due anni dopo aver ricevuto il Nobel per la letteratura (1972) ed essere diventato una star internazionale, lo scrittore tedesco Heinrich Böll pubblica un romanzo che insieme a “Opinioni di un clown” e “Foto di gruppo con signora” rimane fra i vertici della sua produzione. L’ONORE PERDUTO DI KATHARINA BLUM che con la regia di Franco Però va in scena al Teatro della Corte dal 22 gennaio, è un raffinato giallo e un profetico atto d’accusa contro l’uso doloso dei mezzi di comunicazione che, per dirla come il linguista Noam Chomsky, sono potenti “armi di distrazione di massa”.
L’irreprensibile segretaria Katharina Blum incontra a un ballo Ludwig Götten, piccolo criminale e sospetto terrorista. Dopo aver trascorso la notte con lui e averne facilitato la fuga la donna, non del tutto consapevole della situazione, viene interrogata dalla polizia con la quale in parte collabora. Nel frattempo però, la stampa scandalistica manipola le informazioni raccolte e attiva la macchina del fango per smontare e ricostruire la vita di Katharina: una serie di articoli diffamatori e accuse senza prove, trasformano la segretaria morigerata in una donna dal torbido passato, fredda e calcolatrice, complice di un delinquente. L’opinione pubblica si solleva contro Katharina che inizia a ricevere minacce mentre i suoi parenti vengono socialmente emarginati.
Sebbene siano trascorsi più di quarant’anni dall’uscita del romanzo, colpiscono le problematiche sviscerate da Böll che considerava la cattiva informazione come un sicario del potere: l’ipocrisia imperante, la condotta spietata e i giudizi sommari della stampa, le mistificazioni sono quanto di più tristemente attuale in epoca di like e di fake news.
Eppure, anche grazie all’adattamento curato da Letizia Russo, nello spettacolo, che come il romanzo procede a ritroso nel tempo, il tema drammatico è attraversato anche da toni più lievi e brillanti.
Il regista dello spettacolo Franco Però commenta: «Siamo ormai invasi da un continuo succedersi di notizie, da giornali, web media, social, per non dire delle fake news, che colpiscono chi non ha tempo o strumenti per approfondire. Anche davanti a un semplice fatto di cronaca si continua a condannare sempre, prima di ogni verifica: questo mi ha indotto a riflettere su chi ha saputo intuire tutto ciò, analizzarlo in modo organico, raccontare di come il solo trovarsi nel luogo sbagliato con la persona sbagliata, possa innescare la gioia di un comunicatore in malafede».

L’ONORE PERDUTO DI KATHARINA BLUM resta in scena al Teatro della Corte fino a domenica 26 gennaio. Inizio spettacoli ore 20.30, giovedì ore 19.30, domenica ore 16. 

 Da mercoledì 22 a domenica 26 gennaio 2020 Teatro della Corte

L’ONORE PERDUTO DI KATHARINA BLUM 

dal romanzo di Heinrich Böll

adattamento Letizia Russo

con Elena Radonicich, Peppino Mazzotta 

Paola Bonesi, Emanuele Fortunati, Ester Galazzi, Riccardo Maranzana,

Francesco Migliaccio, Jacopo Morra

Scene Domenico Franchi

Costumi Andrea Viotti

Luci Pasqule Mari 

Regia Franco Però

Il Barbiere di Siviglia al Carlo Felice

Super User 14 Gennaio 2020 1214 Visite

Mercoledì 15 gennaio alle ore 20 torna al Teatro Carlo Felice Il barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini. Un tesoro del patrimonio operistico nazionale, che tuttavia, alla prima assoluta al Teatro Argentina di Roma, il 20 febbraio 1816, cadde clamorosamente. Subito dopo il debutto disastroso, il compositore pesarese, allora appena ventiquattrenne, scrisse alla madre: «Le meraviglie della mia opera sono state disprezzate. Pensavo che il pubblico uscisse dal teatro felice e contento. Ma così non è stato». Già a partire dalla seconda recita, però, il Barbiere iniziò a trionfare, diventando, col tempo, il simbolo stesso del Rossini comico e, forse, dell’opera buffa italiana in generale, arrivando a conquistare persino artisti e filosofi dai gusti difficili come Beethoven, Stendhal e Hegel.

Al Barbiere hanno messo mano tutti, e spesso si è trattato di una mano “pesante”, che ha calcato gli aspetti comici del libretto di Cesare Sterbini tratto dall’omonima commedia di Beaumarchais. Alla tentazione della volgarità comica a tutti i costi non hanno ceduto Filippo Crivelli, Lele Luzzati e Santuzza Calì, rispettivamente regista, scenografo e costumista dell’allestimento del Teatro San Carlo di Napoli che, datato 1998, il Teatro Carlo Felice ripropone oggi non solo perché si tratta di uno spettacolo storico, di un Barbiere “all’italiana” ormai divenuto un classico, ma anche per rendere omaggio a un grande artista genovese, Lele Luzzati, scomparso nel 2007. «Noi presentiamo – dice Crivelli – un Rossini non grottesco, divertente ma non forsennatamente divertente, dove la commedia non è farsa, dove i recitativi sono trattati e interpretati come prosa, dove gli oggetti e i mobili creati da Luzzati possono provocare situazioni paradossali ma mai inutili». Un Rossini fantasioso e colorato, a metà tra la fiaba e il libro illustrato per ragazzi, davanti al quale vengono in mente le parole con cui Giorgio Strehler ha definito lo stile di Luzzati: «Di fronte alle sue scenografie si ha quasi sempre l’impressione di finire mani, piedi e pensieri dentro un sogno».

A dirigere l’Orchestra e il Coro del Teatro Carlo Felice, preparato da Francesco Aliberti, Alvise Casellati, che per il Barbiere ha una particolare predilezione, testimoniata dai numerosi incontri avuti in questi ultimi anni con la partitura rossiniana. Protagonista, un affiatato cast di specialisti rossiniani: Alessando Luongo, Daniele Terenzi e Sundet Baigozhin (Figaro), Annalisa Stroppa e Paola Gardina (Rosina), René Barbera e Francesco Marsiglia (Il Conte di Almaviva), Paolo Bordogna e Misha Kiria (Don Bartolo), Giorgio Giuseppini e Gabriele Sagona (Don Basilio), Simona Di Capua (Berta), Roberto Maietta (Fiorello/Un Ufficiale).

Le luci sono di Luciano Novelli, il Maestro ai recitativi è Sirio Restani. Un contributo fondamentale alla ripresa dell’allestimento originale danno Marco Castagnoli (Assistente alla regia) e Paola Tosti (Assistente ai costumi). Repliche fino al 21 gennaio. 

IL BARBIERE DI SIVIGLIA

Opera buffa in due atti di Cesare Sterbini

Musica di Gioachino Rossini 

Direttore d’Orchestra: Alvise Casellati 

Regia: Filippo Crivelli 

Scene: Emanuele Luzzati 

Costumi: Santuzza Calì 

Luci: Luciano Novelli 

Assistente alla regia: Marco Castagnoli 

Assistente ai costumi: Paola Tosti 

Maestro ai recitativi: Sirio Restani 

Allestimento Teatro San Carlo di Napoli 

Personaggi e interpreti:

Figaro

Alessandro Luongo

Daniele Terenzi (16, 18)

Sundet Baigozhin (21)

Rosina

Annalisa Stroppa

Paola Gardina (16, 18, 21) 

Il Conte di Almaviva

René Barbera

Francesco Marsiglia (16, 18, 21) 

Don Bartolo

Paolo Bordogna

Misha Kiria (16, 18, 21) 

Don Basilio

Giorgio Giuseppini

Gabriele Sagona (16, 18, 21)

Berta

Simona Di Capua

Fiorello/Un Ufficiale

Roberto Maietta 

Orchestra e Coro del Teatro Carlo Felice

Maestro del Coro Francesco Aliberti

 

Date e turni

Gennaio 2020: mercoledì 15, ore 20:00 (A); giovedì 16, ore 20:00 (L); venerdì 17, ore 20:00 (B); sabato 18, ore 15:00 (F); domenica 19, ore 15:00 (C); martedì 21, ore 15:00 (G)

Agatha Christie a Camogli

Super User 14 Gennaio 2020 1105 Visite

Una miscela perfetta di suspense, thriller e comicità che vanta il record dello spettacolo più rappresentato nella storia del teatro. Chiusi in una locanda mentre fuori infuria la tempesta, sette bizzarri personaggi sanno che tra loro si nasconde un assassino, pronto a colpire ancora. Sullo sfondo, la ricostruzione fedele della Londra anni ’50. In primo piano - tra sguardi, gag e colpi di scena - il talento di una delle compagnie italiane più divertenti ed affiatate, di cui tutti ricordiamo Rumori fuori scena, da trent’anni in repertorio.
Dopo il clamoroso successo degli scorsi anni, la compagnia Attori & Tecnici ripropone tournée. “Quando ho letto il copione di Trappola per topi – racconta Stefano Messina - sono rimasto affascinato dalla capacità drammaturgica della scrittrice. E’ una miscela perfetta di suspense, thriller e comicità. Ho voluto ricreare il non detto e i giochi di sguardi, di cui è farcito il testo, per ricreare quell’atmosfera un po’ retrò e la tensione psicologica che cresce scena dopo scena. Mi sono imposto di non tradire la scrittrice e così ho scelto di non darne una lettura simbolica. Ho preferito il tradizionale al contemporaneo a tutti i costi. Credo, infatti, che per far funzionare questo perfetto congegno sia necessario lasciarsi trasportare dal clima, dal periodo in cui è stato scritto.” E così gli spettatori si ritrovano in una vecchia casa inglese, adattata a locanda, e sentono l’odore dei mobili, dei tappeti, del camino, lo scricchiolio delle scale di legno e il cigolio delle porte. Siamo negli anni ’50 in pieno clima londinese, quando nella locanda di Castel del Frate, i giovani albergatori Mollie e Giles Ralston affrontano una drammatica avventura assieme a cinque eccentrici clienti. Tutti sembrano avere qualcosa da nascondere, mentre un efferato omicidio compiuto a Londra sembra stranamente collegato con la locanda. Nel frattempo all’isolamento ambientale, dovuto a una bufera di neve, si aggiunge quello acustico. Le linee telefoniche s’interrompono e le strade sono bloccate. Grazie alla sua abilità di sciatore, il sergente Trotter della polizia di Scotland Yard riesce ad arrivare a Castel del Frate. Il poliziotto deve tutelare la loro incolumità e risolvere il mistero, ma il suo arrivo destabilizza tutti. Appare chiaro che tra di loro si cela l’assassino psicopatico che ha già ucciso una donna a Londra e che potrebbe colpire ancora. Ma sotto quale travestimento si maschera il colpevole? Perché l’assassino si trova proprio in quel piccolo albergo, lontano dal mondo? Toccherà al sergente Trotter individuare il misterioso omicida intenzionato a colpire ancora?

Sabato 18 gennaio ore 21
Attori & Tecnici presenta
TRAPPOLA PER TOPI di Agatha Christie. Traduzione di Edoardo Erba.

Regia di Stefano Messina

Con Claudia Crisafio, Stefano Messina, Carlo Lizzani, Annalisa Di Nola, Roberto Della Casa, Elisa Di Eusanio, Sebastiano Colla, Massimiliano Franciosa. Scene Alessandro Chiti Costumi Isabella Rizza Musiche Pino Cangialosi

L’attimo fuggente di Mimmo Chianese

Super User 14 Gennaio 2020 2007 Visite

Ottimo successo per l’attore genovese Mimmo Chianese, impegnato da alcuni mesi nella tournèe teatrale di “L’Attimo Fuggente”. Chianese, che molti a Genova ricordano come fondatore e animatore del Piccolo Teatro di Campopisano, interpreta uno dei personaggi principali, e cioè l’odioso preside Paul Nolan. A interpretare il protagonista, e cioè il professor Jhon Keating di “Capitano, mio capitano”, è Ettore Bassi: uno dei volti più noti del piccolo schermo, con all’attivo fiction come “La porta rossa”. Il preside è il contraltare del professore che invece predica il libero arbitrio, la bellezza e la poesia: Nolan incarna l’ottusità del potere che impone le sue regole e il suo conformismo, senza preoccuparsi di distruggere la bellezza e la forza creativa dei giovani, e quindi la bellezza della vita stessa. Chianese mette in scena in modo stentoreo e convincente un preside Nolan stolido e arido al punto giusto, un grigio funzionario con mansioni direttive disposto a tutto pur di perpetuare lo status quo e quindi le fondamenta stesse del suo potere. Ma Nolan nella parabola del potere che sia autoalimenta, non è all’estremo, all’epilogo. Il preside è solo una tappa intermedia: all’estremo vero della linea che porta alla tragedia c’è infatti il signor Perry, padre di Neil, uno dei giovani allievi di Keating. Perry senior rappresenta la pubblica opinione, che con il suo conformismo e la sua acquiescenza permette al potere di estrinsecarsi in tutta la sua forza. Neppure davanti alla tragedia che lo colpisce nel profondo, il suicidio del figlio Neil su cui aveva proiettato tutte le sue aspirazioni, il signor Perry capisce l’assurdità del meccanismo che ha stritolato lui e i suoi affetti, e di cui è stato complice attivo. Perry senior si rifiuta di aprire gli occhi anche davanti a questo supremo sacrificio, e cerca ancora nel quadro rassicurante del potere un capro espiatorio in grado di spiegare l’accaduto e assumere su di sé la colpa del peccato originario: il peccato di superbia che consiste nella sfida all’ordine costituito. La classica “ùbris” del teatro antico, rivisitata dal drammaturgo Tom Schulman in chiave moderna.
“L’Attimo Fuggente – afferma il regista Marco Iacomelli -  è una storia d’Amore. Amore per la poesia, per il libero pensiero, per la vita. Quell’Amore che ci fa aiutare il prossimo a eccellere, non secondo i dettami sociali strutturati e imposti ma seguendo le proprie passioni, pulsioni, slanci magnifici e talvolta irrazionali. Seguendo quegli Yawp che spingono un uomo a lottare per conquistare la donna amata, a compiere imprese per raggiungere i tetti del mondo, a combattere per la giustizia con la non violenza.
Tom Schulman ha scritto una straordinaria storia di legami, di relazioni e di incontri che cambiano gli uomini nel profondo.
L’Attimo Fuggente rappresenta ancora oggi, a trent'anni dal debutto cinematografico, una pietra miliare nell’esperienza di migliaia di persone in tutto il mondo. Portare sulla scena la storia dei giovani studenti della Welton Academy e del loro incontro col il professor Keating significa dare nuova vita a questi legami, rinnovando quella esperienza in chi ha forte la memoria della pellicola cinematografica e facendola scoprire a quelle nuove generazioni che, forse, non hanno ancora visto questa storia raccontata sul grande schermo e ancora non sanno “che il potente spettacolo continua, e che tu puoi contribuire con un verso”.

L’Attimo Fuggente
regia di Marco Iacomelli

Cast

JOHN KEATING, Ettore Bassi

PAUL NOLAN, Mimmo Chianese

SIG. PERRY, Marco Massari

NEIL PERRY, Matteo Vignati

TODD ANDERSON, Alessio Ruzzante

CHARLIE DALTON, Matteo Napoletano

KNOX OVERSTREET, Matteo Sangalli

RICHARD CAMERON, Leonardo Larini

STEVEN MEEKS, Edoardo Tagliaferri

CHRIS, Sara Giacci

 

Paolo Fizzarotti

Restani al Carlo Felice

Super User 10 Gennaio 2020 732 Visite

Paolo Restani, nome illustre del pianismo internazionale, è il protagonista della prossima “Domenica in Musica”, domenica 12 gennaio nel Primo Foyer del Teatro Carlo Felice alle ore 11.  Talento precoce (ha esordito a 16 anni all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia), Restani ha suonato con le maggiori orchestre del mondo, collaborando con direttori come Riccardo Muti, Daniel Oren, Donato Renzetti, Lu Jia, Gustav Khun. Tra i palcoscenici prestigiosi su cui si è esibito, la Carnegie Hall di New York, il Teatro alla Scala, la Konzerthaus di Berlino, l’Auditorium della Rai di Torino, il Teatro Carlo Felice, il Teatro Colón di Buenos Aires (solo per citarne alcuni). In possesso di un repertorio vastissimo, che spazia da Bach ai contemporanei, Restani si è dedicato soprattutto al grande pianismo romantico e tardo-romantico, per cui ha una forte predilezione fin dagli esordi, immortalato in numerose incisioni discografiche per etichette come Deutsche Grammophon e Decca.

Proprio a questo tipo di repertorio, che tra l’800 e il ‘900 ha rivoluzionato il linguaggio compositivo per tastiera, sia dal punto di vista tecnico che espressivo, trasformando il pianoforte in un’orchestra ora potente, ora dolce e sommessa, dalle mille sfumature timbriche, è dedicato il programma che Restani propone al pubblico della “Domenica in Musica”: di Rachmaninov, i Preludi op. 32 n. 10, n. 12, n. 6 e il celeberrimo Preludio op. 3 n. 2; di Liszt, lo Studio trascendentale n. 9 “Ricordanza” e le trascrizioni-parafrasi (“Marcia solenne” dal Parsifal di Wagner e, da Verdi, la “Danza sacra e duetto finale” dall’Aida e la “Parafrasi da concerto” dal Rigoletto); di Chopin, i Notturni op. 9 n. 1, n. 2 (in mi bemolle maggiore, famosissimo), n. 3 e la Polacca op. 53 “Eroica” (un altro must chopiniano). Un programma impegnativo sia tecnicamente che musicalmente, degno di quella generazione di maestri (a cui appartenevano figure come Rubinstein e Horowitz) che ha fatto la storia del pianismo.

Ingresso: € 8 (intero), € 6 (ridotto under 26). Orari di biglietteria: martedì-venerdì dalle 11:00 alle 18:00, sabato dalle 11:00 alle 16:00 e un’ora prima dello spettacolo. Apertura domenicale in occasione del ciclo “Domenica in musica”: ore 10:30-11:15.

Miracoli al Duse

Super User 10 Gennaio 2020 2175 Visite

Una prova di recitazione superba da parte di una coppia di grandi attrici, Mascia Musy e Anna Mallamaci: danno vita a due donne che si trovano ai poli opposti della sofferenza e di un cammino di rinascita. Da una parte chi ce l’ha già fatta; dall’altra chi è solo all’inizio della salita. Una salita faticosa, piena di insidie, con il rischio costante di ricadere all’indietro. Anna dei Miracoli, in scena da giovedì 9 gennaio al Duse, è uno spettacolo asciutto, potente nel suo carico di tensione emotiva, ma essenziale. Dura un’ora e un quarto: e lo spettatore dotato di un minimo di sensibilità ed empatia non potrebbe sopportare più a lungo il peso.
La storia è conosciuta. Una coppia di genitori borghesi viene travolta da quella che se non è una catastrofe, è di certo una prova tremenda cui si viene sottoposti dal destino. Helen, la loro figlia primogenita, quando ha appena un anno viene colpita da una febbre encefalica e diventa sorda e cieca: e quindi impossibilitata a comunicare con il resto del mondo, con qualcosa che non sia il tatto. Un pensiero che toglie l’aria, che dà la claustrofobia. Musy è ferma, determinata, sorretta dalla sua fede nelle risorse umane. Mallamaci dal canto suo riesce a dare vita, anima e speranza a quello che all’inizio sembra solo un ammasso di cellule umane. Un corpo scosso da scatti convulsi e improvvisi, prigioniero apparentemente senza speranza di un universo dove le nostre leggi logiche e mentali non hanno significato.
Quando in casa arriva Anna, Helen ha una età indefinita: potrebbe essere una bambina, forse è già una ragazza. Ma comunque la sua mente è un abisso insondabile e senza tempo. Anna, nata quasi cieca, cresciuta orfana e in mezzo ad altri svantaggiati di ogni genere, ha già percorso il suo calvario. Anna ha imparato tante cose e ora mette in gioco la sua esperienza, per cercare di dare anche alla giovane Helen una possibilità. Il tutto mentre i genitori di Helen oscillano anche loro tra la speranza e la rassegnazione, tra l’iperprotezione disperata e il desiderio di permettere alla figlia di emanciparsi. E per fortuna c’è il lieto fine.

Al Duse fino a domenica 12 gennaio

Anna dei miracoli di William Gibson

adattamento e regia Emanuela Giordano con Mascia Musy e con Fabrizio Coniglio, Anna Mallamaci e Laura Nardi

scene Angelo Linzalata

costumi Emanuela Giordano

musiche Carmine Iuvone e Tommaso Di Giulio

produzione Teatro Franco Parenti / Associazione Lega del Filo d’Oro

Durata 1 h e 15 min.

Atto unico

Paolo Fizzarotti

 

Mariella Devia al Carlo Felice

Super User 06 Gennaio 2020 1510 Visite

I raffinati intrecci tra poesia e musica nel prossimo concerto della Stagione Sinfonica del Teatro Carlo Felice. Con una solista d’eccezione: Mariella Devia.
Benjamin Britten aveva ventisei anni quando, nel 1939, fu illuminato dalle Illuminations, le diciotto poesie rivelatrici e visionarie scritte da Arthur Rimbaud, il poeta-veggente, ad appena vent’anni. Britten ne selezionò nove e le musicò per voce acuta (soprano o tenore) e archi, scegliendo come fulcro della partitura il verso in cui il giovane poeta “maledetto” afferma di essere l’unico in grado di risolvere l’enigma delle sue visioni: «Io solo ho la chiave di questa parata selvaggia» (J’ai seul la clef de cette parada sauvage). Questa composizione affascinante, in cui la musica amplifica il mistero della parola poetica, chiude il programma del settimo concerto della Stagione Sinfonica 2019/20 del Teatro Carlo Felice, venerdì 10 gennaio alle ore 20.00. Il brano più atteso della serata per la presenza di una solista d’eccezione, il soprano Mariella Devia, che torna al Teatro Carlo Felice in un repertorio diverso da quello operistico in cui siamo abituati ad ascoltarla, ma che ugualmente richiede quelle caratteristiche che Elvio Giudici ha individuato nella voce e nello stile dell’artista ligure, considerata una delle più grandi belcantiste del nostro tempo: «la splendida linea vocale, il legato, il sostegno e il controllo del fiato, la morbidezza degli acuti, il gusto e la musicalità come pure la padronanza della coloratura.» Sul podio, a dirigere l’Orchestra del Teatro Carlo Felice, l’inglese Jonathan Webb, direttore che ha dedicato molta parte della sua attività ad approfondire e valorizzare la musica di Britten.

Il resto del programma non è meno raffinato delle Illuminations britteniane. Apre il concerto, infatti, la Pavane pour une infante défunte di Maurice Ravel, pagina elegante e malinconica del 1910, seguita dalla suite dalle musiche di scena che Jean Sibelius compose nel 1905 per Pelléas et Mélisande di Maurice Maeterlinck (il dramma simbolista per eccellenza che, a cavallo tra ‘800 e ‘900, ispirò anche Debussy, Fauré e Schönberg) e dal Divertimento in Re maggiore K.136, venti minuti di sublime leggerezza firmati da un Mozart non ancora sedicenne.

Teatro Carlo Felice
Venerdì 10 gennaio 2020 – ore 20.00
Stagione Sinfonica 2019/20
Concerto n. 7
Jonathan Webb
Direttore 

Mariella Devia
Soprano 

Programma:
Maurice Ravel
Pavane pour une infante défunte
Jean Sibelius

 

Pélleas et Mélisande op. 46

 

Wolfgang Amadeus Mozart

 

Divertimento in Re maggiore K. 136

 

Benjamin Britten

 

Les Illuminations op. 18

 

Orchestra del Teatro Carlo Felice

Anna dei miracoli, al Duse

Super User 06 Gennaio 2020 979 Visite

Quello di due genitori che devono confrontarsi quotidianamente con un figlio con cui non possono comunicare è il viaggio al centro di un dolore inestinguibile. Helen non vede, non sente e non parla. Ha lo sguardo perso nel vuoto e una gestualità avulsa che contiene un silenzio rabbioso dovuto alla sofferenza. I genitori non sanno dove sbattere la testa, pervasi e sopraffatti da pietà e rabbia, da speranza e sconfitta: in una società dove solo il bello è vincente, in cui si insegue spasmodicamente la salute, Helen rappresenta l’anomalia, il difetto da celare. Il categorico rifiuto della madre di rinchiuderla in un istituto li porta ad assumere Anne, un’educatrice con una storia di semi cecità alle spalle ed una vita trascorsa in mezzo a creature “difettate”. Con un metodo di lavoro estremamente rigoroso, ostinato e talvolta duro, l’istruttrice riesce progressivamente a entrare in contatto con la giovane privilegiando il canale sensoriale del tatto. Dai timidi progressi iniziali, Helen migliora giorno dopo giorno, dissipando la fitta nebbia di isolamento da cui era avvolta e riuscendo a dialogare con il mondo che la circonda.

La storia raccontata in ANNA DEI MIRACOLI, in scena da giovedì 9 gennaio (ore 19.30) al Teatro Duse con Mascia Musy protagonista, ci mette di fronte, con sferzante attualità, a due temi universali: da un lato a quel che può accadere quando in una famiglia arriva il figlio “diverso”; dall’altro alla vitale importanza della comunicazione, che ci rende autonomi e dunque liberi.

La pièce che William Gibson trasse da una storia vera, racconta tanto di noi, dei nostri limiti, del coraggio necessario a superarli ed è una toccante riflessione sul potere dell’amore.

«È una storia vera – spiega la regista – e racconta l’epocale passaggio alla lingua dei segni, considerata tra le prime dieci grandi scoperte della storia moderna, un bene immateriale dell’umanità, una rivoluzione linguistica che ha permesso di aprire un dialogo tra chi parla e chi non parla».

Lo statunitense Gibson, scrisse questo testo (Miracle Works) prendendo spunto da una storia realmente accaduta in Alabama nel 1880. L’opera, divenuta famosa in tutto il mondo, debuttò a Broadway nel 1959, rimanendo in cartellone per ben tre anni consecutivi. Il successo sul palcoscenico fu seguito da una trasposizione cinematografica The Miracle Worker con la regia di Arthur Penn, con Anne Bancroft protagonista e vincitrice del premio Oscar nel 1963. In Italia si ricorda la storica edizione teatrale con Anna Proclemer ed Ottavia Piccolo per la regia di Luigi Squarzina (1960).
 

ANNA DEI MIRACOLI debutta al Teatro Duse giovedì 9 gennaio alle 19.30 e resta in scena fino a domenica 12 

Da giovedì 9 a domenica 12 gennaio 2020 Teatro Duse

ANNA DEI MIRACOLI

 

di William Gibson

 

con Mascia Musy,

 

Fabrizio Coniglio, Anna Mallamaci, Laura Nardi

 

Adattamento e regia Emanuela Giordano

 

Produzione Teatro Franco Parenti per la Lega del Filo d’Oro

gennaio.

 

La tempesta, alla Corte

Super User 04 Gennaio 2020 1064 Visite

«Noi siamo della sostanza di cui sono fatti i sogni, e la nostra stessa vita non è altro che un sogno».

Questa battuta, pronunciata dal personaggio di Prospero nel quarto atto, è una delle più celebri non solo della drammaturgia shakespeariana ma del teatro tout court e racchiude il sostrato de LA TEMPESTA.

Ritenuta da molti critici il testamento artistico del Bardo, anche perché probabilmente fu una delle ultime cose che scrisse, LA TEMPESTA arriva sul palcoscenico del Teatro della Corte, a partire da martedì 8 gennaio, nel nuovo allestimento prodotto dal Teatro Nazionale di Genova insieme al Teatro Stabile di Napoli, alla Fondazione Campania Dei Festival – Napoli Teatro Festival.

La regia dello spettacolo che ha debuttato nel giugno scorso nella rassegna Theatrum Mundi a Pompei, è curata da Luca De Fusco che, con il suo stile ormai inconfondibile, realizza una messa in scena ricca di contaminazioni artistiche. Il regista campano rilegge il dramma shakespeariano seguendo la chiave del filosofo e critico letterario francese Renè Girard: nel suo saggio intitolato “Shakespeare: il teatro dell’invidia”, Girard sostiene che tutta la trama de LA TEMPESTA non sia che un frutto della mente del mago Prospero. Una tempesta interiore dunque, una burrasca onirica, un tumulto dell’anima che il regista sceglie di ambientare fra le pareti di una gigantesca biblioteca, luogo di per sé magico, “isola” di pace popolata da tanti personaggi misteriosi e affascinanti. Da questa fortezza di carta Prospero, che in scena vivrà con la voce possente e l’interpretazione di Eros Pagni, tesse con la fantasia creatrice del demiurgo le trame dell’intera vicenda mentre a Gaia Aprea è affidato il duplice ruolo di Ariel, lo spirito dell’aria e Calibano, lo schiavo deforme figlio di una strega.

«Eros Pagni sarà un mago chiuso nel suo luogo di studio e riflessione che si trasfigura con giochi di allucinazioni creando un’isola che non c’è - spiega De Fusco nelle note di regia -. Tutto è nella testa del mago, compresi Ariel e Calibano, che divengono in questa lettura una sorta di Jekyll e Hyde. Ecco perché́ i suoi avversari si presentano con abiti delle più̀ svariate epoche, essendo nient’altro che citazioni della cultura occidentale, l’unica esperienza che questo intellettuale agorafobico abbia avuto nella sua vita».

LA TEMPESTA resta in scena al Teatro della Corte fino a domenica 19 gennaio. Inizio spettacoli ore 20.30, giovedì ore 19.30, domenica ore 16.

Giovedì 16 gennaio alle ore 17 nel foyer del Teatro della Corte, incontro con Eros Pagni e la Compagnia, in collaborazione con gli Amici del Teatro Nazionale di Genova. Conduce Silvana Zanovello. Ingresso libero. 

Da martedì 8 a domenica 19 gennaio 2020 Teatro della Corte

L A T E M P E S T A
di William Shakespeare
regia Luca De Fusco
con Eros Pagni, Gaia Aprea, Alessandro Balletta, Silvia Biancalana, Paolo Cresta, Gennaro Di Biase, Gianluca Musiu, Alessandra Pacifico Griffini, Alfonso Postiglione, Carlo Sciaccaluga, Francesco Scolaro, Paolo Serra, Enzo Turrin
Scene e costumi Marta Crisolini Malatesta
Luci Gigi Saccomandi
Musiche Ran Bagno

 

Movimenti coreografici Emio Greco e Pieter C. Scholten

 

Produzione Teatro Stabile di Napoli-Teatro Nazionale, Teatro Nazionale di Genova,

 

Napoli Teatro Festival

Silvio Orlando al Modena

Super User 17 Dicembre 2019 839 Visite

L’incontro fra la scrittrice e regista Lucia Calamaro, fra le voci più apprezzate e premiate della nuova drammaturgia (già vincitrice di 3 premi Ubu e candidata anche per questo testo) e un fuoriclasse del palcoscenico e del cinema come Silvio Orlando non può che creare curiosità e grandi aspettative.
Al centro di SI NOTA ALL’IMBRUNIRE in scena al Teatro Modena dal 18 al 22 dicembre, c’è il tema della solitudine sociale, malessere sempre più diffuso e non solo tra gli anziani.

Rimasto vedovo già da qualche anno, il protagonista Silvio decide di isolarsi del mondo, famiglia compresa, e rifugiarsi in campagna, in un paesino spopolato: lì sembra ritrovare la tanto agognata pace, avvolgendosi in una solitudine immobile, perdendosi fra pensieri e ricordi, qualche vecchia canzone ed i versi di Caproni.

In occasione di una ricorrenza i figli e il fratello lo raggiungono per cercare di riportarlo nella realtà: sicché il suo rifugio viene preso d’assalto da questi “sconosciuti” con i loro tic, le loro fobie, i loro sogni frustrati.

Anche in mezzo a loro, Silvio come un novello Oblomov, prosegue la sua personale battaglia, la sua “anoressia emotiva”, cercando di isolarsi da tutto e di alzarsi il meno possibile.

Da questa convivenza forzata fra personalità e vissuti diversi, nascono divertenti battibecchi, riflessioni sulla vita, sulla morte, sulla trasformazione dei rapporti familiari quando si invecchia o si diventa adulti. Il tutto oscilla sapientemente, grazie alla scrittura di Lucia Calamaro, uno scandaglio che indaga con garbo e ironia le pieghe più recondite dell’animo umano, fra un registro brillante e momenti decisamente più profondi e filosofici.

Silvio Orlando con la sua aria sorniona e malinconica, è attore capace di sfumature tra la tenerezza e la cattiveria, la levità e la disperazione, perfetto per portare in scena un Ivanov dei nostri giorni: un uomo imprigionato nell’apatia, nel rancore e nell’inconfessabile bisogno d’amore, sintomi sempre più insidiosi e diffusi nella attuale società.

«Questo testo ti costringe a ragionare su quell’impeto idealista che ti fa chiudere col mondo e rinunciare agli altri– ha dichiarato Silvio Orlando – Stando da soli eviti molte scocciature e tagli i rami secchi ma il rischio è che nel frattempo con i rami elimini anche i boccioli».

Giovedì 19 dicembre alle 17.30 nel foyer del Teatro Modena, per il ciclo “Dal testo alla rappresentazione” Silvio Orlando incontra il pubblico. L’incontro, curato dagli Amici del Teatro, è a ingresso libero.

Dal mercoledì 18 a domenica 22 dicembre 2019 Teatro Gustavo Modena

La Cenerentola sul ghiaccio al Carlo Felice

Super User 17 Dicembre 2019 993 Visite

Dopo il successo nella scorsa Stagione con La bella addormentata di Čajkovskij, torna al Teatro Carlo Felice, dal 19 al 22 dicembre, il Balletto sul ghiaccio di San Pietroburgo, la storica compagnia che dal 1967 trasforma il balletto classico sulle punte in una vertiginosa danza acrobatica sui pattini a lama. Nata dal sogno del coreografo Konstantin Bojarskij di unire la danza classica con il pattinaggio artistico, la compagnia è diretta dal 1981 da Konstantin Rassadin, Artista Emerito della Federazione Russa, già stella del Teatro dell’Opera e del Balletto di Kirov. Grazie a lui, il Balletto sul ghiaccio di San Pietroburgo ha perfezionato a tal punto la tecnica di fusione tra le figure del balletto classico e la tenuta dell’equilibrio sulla lama, che la compagnia è oggi in grado di rappresentare – caso unico al mondo – tutti i grandi balletti del repertorio classico rimanendo fedele, nella coreografia come nel racconto drammaturgico-musicale, alla gloriosa tradizione del balletto accademico russo. Rassadin, infatti, ci tiene da sempre a precisare che la compagnia non si esibisce in un tipico “show on ice” da palazzetto dello sport, ma in un vero e proprio balletto in cui la componente funambolica (inevitabile, dato che danzare sulle lame comporta il rischio costante della caduta) è sempre in funzione dell’idea coreografica ed espressiva.

Il titolo che quest’anno il Balletto sul ghiaccio di San Pietroburgo propone per Natale al pubblico del Teatro Carlo Felice è quello ideale per mettere in luce la versatilità che la compagnia riesce a conferire al pattinaggio su lama: Cenerentola di Sergej Prokof’ev, capolavoro del 1945 in cui il grande compositore russo passa continuamente dall’idillio sentimentale (nelle scene d’amore tra Cenerentola e il Principe) all’ironia (in tutte le scene con al centro la matrigna e le sorellastre). Ironia, in Prokof’ev, significa soprattutto ritmo vivace, fantasioso e imprevedibile: una sfida quando si danza Cenerentola sulle punte, una sfida doppia quando la si affronta sulle lame.

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