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L’Adriana strega i genovesi

Raffinata, bella, struggente, elegante, apprezzata dal pubblico: eppure rappresentata in Italia molto raramente. Domenica pomeriggio oltre 10 minuti di applausi hanno salutato l’ultima rappresentazione genovese di “Adriana Lecouvreur”, al Carlo Felice. Un successo che è merito certamente del cast di livello assoluto, ma anche di un regista e di un direttore di orchestra che conoscono profondamente la musica del compositore Francesco Cilea, calabrese di origine ma varazzino di adozione. Il regista Ivan Stefanutti, che ha curato anche le scene e i costumi, è sicuramente uno dei principali interpreti dell’Adriana: e lo stesso vale per il direttore d’orchestra Valerio Galli, capace di tirare fuori dal golfo mistico le sonorità moderne e le vibrazioni che voleva trasmettere Cilea. Il compositore, fondendo gli elementi tradizionali della scuola napoletana con gli influssi di Massenet e della tradizione lirica francese, punta sull’atmosfera intimista e crepuscolare con cui riveste e tratteggia le psicologie dei suoi personaggi, contrapponendosi così con la corrente verista all’epoca dominante.

L’orchestra del Carlo Felice in più di un passaggio ha dimostrato di apprezzare il piglio e la verve del maestro Galli, restituendo la varietà di umori della scrittura di Cilea. Per buona parte del pubblico l’Adriana è stata una scoperta: l’ultima volta che quest’opera è andata in scena a Genova è stato infatti al Margherita di via XX Settembre, dato che il Carlo Felice non era stato ancora ricostruito. La storia raccontata dal librettista Arturo Colautti è vera: Adrienne Lecouvreur fu un’attrice parigina all’inizio del 1700, che riuscì a soppiantare la star dell’epoca Mademoiselle Duclos grazie ai caratteri più moderni della sua recitazione. Quando morì in circostanze non chiare nel 1730, si disse che era stata avvelenata da una sua rivale in amore, la principessa di Bouillon. L’uomo conteso era Maurizio Ermanno, conte di Sassonia e figlio illegittimo del re di Polonia.

Stefanutti ha deciso di ambientare l’opera non nell’epoca cui avevano pensato Cilea e Colautti, il 700, ma l’inizio del 900, quando venne pubblicata: scelta che non è piaciuta a tutti. I costumi e le scenografie restano comunque di grande ricercatezza, eleganza ed efficacia nella descrizione delle tensioni emotive e sentimentali dei protagonisti. Il primo cast, cui era affidata l’ultima replica, ha dato il meglio di sé. Il soprano Barbara Frittoli, nel ruolo di Adriana, ha riscosso applausi a scena aperta. Idem per il tenore Marcelo Alvarez, conte di Sassonia. Molto convincente (non solo nel canto ma anche nella recitazione) il baritono Devid Cecconi. 

Paolo Fizzarotti

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