Correva l'anno 1999 e nei giorni che il calendario dava assai prossimi a San Silvestro, ero in montagna pronto a festeggiare, come il resto del mondo, l'ingresso planetario del terzo millennio.
Quando un vento violento ed inusuale per la nostra Europa costrinse a restare dentro casa. Oltre il confine italiano andava peggio, e Parigi venne investita da un ciclone che, alle nostre latitudini, non era mai arrivato. Poi venne l'11 settembre ed ora il coronavirus.
Noi, uomini del tremila, se riflettiamo un attimo, ci rendiamo conto come mutino usi, costumi, modalità di vita, il mondo sia irriconoscibile a chi lo visse soltanto che cento anni fa, ma siamo anche sempre uguali – fatte le dedite proporzioni – a noi stessi.
Esemplare la peste manzoniana e gli sconvolgimenti dei secoli passati, l'impero romano messo a ferro e fuoco dai barbari e dai suoi eccessi. Scenari diversissimi da noi, nell'era di computer, missili e telefonini, ma che analogamente sconvolgono e stravolgono il genere umano.
Del Covid 19 noi giornalisti stiamo offrendo notizie in quantità illimitata. Non eroi come i medici ed il personale sanitario che propongo, tutti, nessuno escluso, per il prossimo Nobel, ma anche noi eroi dell'informazione, importantissima in questo momento.
Per questo ora è anche tempo di riflessioni, ragionamenti, per quanto ci conceda la tempesta sanitaria ancora in pienissimo vigore e con cronaca e storia ancora tutta da scrivere.
Di questo virus credo inquietino due elementi: la scarsa conoscenza che ne abbiamo finora, in quanto nuovissimo e perverso male sulla scena globale. E la sua straordinaria diffusibilità e la grande capacità di questo maledetto micro organismo di riprodursi ed infettare.
Per questo noi potentissimi uomini che con un cellulare in mano siamo al centro del mondo, siamo costretti a tapparci in casa e raccomandarci a Dio, temendo un colpo di tosse del vicino o l'incrocio con uno sconosciuto che potrebbe essere portatore sano.
Quale differenza allora c'è con la fuga dei nostri pro pro pro genitori al suono della campana che annunciava l'approssimarsi di un appestato?
Per fortuna la tecnologia, la scienza, gli strumenti che il genio umano ha partorito nel tempo ci stanno aiutando tantissimo e il genio degli scienziati batterà il virus.
Certamente la nostra vita è stravolta e l'unica similitudine è quella con la guerra del secolo passato, che coinvolse l'umanità intera come il microbo coronato fa oggi con noi.
Usiamo la testa, rispettiamo massimamente la prudenza, il buon senso, ascoltiamo la scienza che ci indica cosa fare. Non sentiamoci dei Rambo ma piuttosto degli esseri fragili ed esposti alla natura, benevola ma anche malvagia come in questo caso.
Da tutto ciò uscirà un'umanità diversa, forse meno frenetica e tumultuosamente in movimento, più riflessiva e meno prepotente e presuntuosa.
“Pensiamo innanzitutto a salvare la pelle”, mi ha detto giorni fa un'amica che lavora nel mondo della finanza e che stimo molto. “Poi – ha concluso – penseremo ai soldi”.
Perché certamente se il virus fa male alla salute, prepariamoci ai grandi mali che, purtroppo ed inevitabilmente, farà all'economia. Grosso, grosso, problema. Ma avremo modo di riparlarne a suo tempo.
Mi raccomando, mascherina, guanti, distanza di...sicurezza e massimo rispetto di se stessi e degli altri.
Dino Frambati