“Antidoto all’oblio e pagina oscura del nostro Paese”. Dolore e speranza nel Memoriale dei morti sotto il Morandi
Faceva caldo e pioveva da alluvione la mattina del 14 agosto 2018; è parecchio freddo, invece, sotto un cielo che più sereno non si può, il 15 dicembre 2024.
Due date lontane, due meteo totalmente diversi: l’orrore di una tragedia indecente e vergognosa nella prima; il dovere di ricordare da qui all’eternità cosa è accaduto non per fato, non per destino, ma per incuria e denaro, nella seconda.
Perché nella gelida giornata quasi invernale, se non scalda il sole, riscalda invece i cuori la rinascita della dignità umana attraverso il Memoriale per le 43 vittime del crollo del viadotto Morandi, sul Polcevera e lungo la A10.
Un tempio moderno di cultura e riflessione che, ha detto Egle Possetti, portavoce del Comitato dei parenti di chi è stato ucciso dal crash, è “antidoto all’oblio che racconta una pagina oscura del nostro Paese; una sconfitta”. E sia il Memoriale “un riscatto”, ha affermato la donna.
E iniziando a prendere la parola si aggiusta il microfono, perché, sussurra, “sono piccolina”. Forse di statura, ma certamente altissima quanto a volontà e determinazione e se esiste questo Memoriale, opera congiunta di tanta gente e di tante forze, sicuramente il merito è stato il suo. Senza di lei ed il suo Comitato non sarebbe mai sorto.
Taglio del nastro affidato al giovane Andrea Cerulli, figlio di una delle vittime. Un gesto di alto valore simbolico. Poi il Memoriale innestato nel luogo dove furono custoditi i reperti dello schianto sotto sequestro e poi spostati per fare spazio al Memoriale.
Non raccontiamolo più tanto però, perché va visitato con attenzione e concentrazione.
L’impatto, percorrendone lo spazio in anteprima, è quello di emozione e commozione da brividi: dal video nello spazio immersivo (musiche di Renzo Anzovino) che fa venire le lacrime agli occhi e sussulti nell’animo, ai tanti pannelli con i nomi delle vittime, ad una grandissima rassegna stampa, con i numeri dell’evento da quando avvenne ad oggi, fino alla narrazione del processo che sarà aggiornata continuamente. Capolinea della struttura un magnifico spazio verde, una serra con vista nuovo ponte San Giorgio. Proprio sotto la pila killer, numero 9.
Killer di cemento ma non di colpa morale e legale, che vogliamo tutti veder arrivare da aule di Tribunale in tempi accettabili.
“Non un museo, ma luogo di memoria attiva”, come lo ha definito bene l’architetto progettista Stefano Boeri. Orgoglio per Genova “testimone della memoria”, per il sindaco Pietro Piciocchi, e punto di partenza per il governatore ligure Bucci, che ha pronunciato parole importanti: “luogo di dolore, ricordo, speranza”.
Molti gli errori dello Stato negli anni passati sulle concessioni e dovere di tutela dei cittadini, ha detto il viceministro alle Infrastrutture Edoardo Rixi, delegato dalla premier Meloni a rappresentare il governo.
A seguire i momenti di devozione con il “Padre Nostro” recitato dall’arcivescovo Marco Tasca e la preghiera in arabo dell’Imam Salah Hussein.
Presente e commosso anche l’ex procuratore capo Francesco Cozzi che coordinò le indagini: “Non siamo robot – ha detto – e davanti a vite di innocenti spezzate proviamo dolore anche da magistrati”.
E pure da cronisti le sensazioni fanno battere il cuore, anche se avvezzi a narrare il peggio con freddezza professionale. Ma tutto ha un limite e la tragedia del Morandi lo ha superato.
Dino Frambati
Dino Frambati e Egle Possetti