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Europei di calcio, le considerazioni del giornalista Valentino Losito

Gianluca Vialli

In una chat che abbiamo tra noi, un gruppo di consiglieri nazionale dell'Ordine dei giornalisti, mi è arrivato questo pezzo, inviato dal collega ed amico pugliese Valentino Losito, anch'egli come me nel Cnog.

Esperto del mestiere, penna fine e capacità di cogliere quello che sfugge ad altri, Losito parte per le sue intelligenti e considerazioni di grande sentimento, dal mitico Gianluca Vialli, figlio ad honorem di questa nostra Genova, così sensibile al tifo, in quanto fu in quella Sampdoria che fece la magia di portare lo scudetto sotto la Lanterna.

A me, giornalista su molti settori ma non certo in quello calcistico e quindi neppure grande intenditore, il pezzo è piaciuto così tanto per i suoi contenuti da volerlo espandere attraverso questo giornale a chi questo gioco, che si dice il più bello del mondo, lo ama.

Dalla Puglia alla Liguria, forse anche indicazione di unità nazionale in questo particolare momento.

Dino Frambati

 

L'ITALIA DI VIALLI

Ancora una volta è al calcio che chiediamo di restituirci l’allegrezza perduta: la voglia di stare insieme, di cantare, di esultare per un gol, di gioire per una vittoria.

Il “pallone” è in realtà la scatola magica con tutte le piccole grandi cose, tricolore e trombetta, simboli e amuleti del popolo dei Fantozzi, sprofondati sul divano a tifare per gli azzurri tra un panzerotto e una birra. Come nell’estate dell’82, quando un ‘Italia stordita dal terrorismo si entusiasmò per Paolo Rossi, uno scricciolo d’uomo con il corpo esile, le gambe magre e il talento per il gol e nell’urlo di Marco Tardelli provò a dimenticare gli anni di piombo, anche oggi cerchiamo nuovi idoli che ci facciano sognare nuove notti magiche, dopo il tunnel della pandemia del quale ormai si vede la fine.

E forse non è un caso che in questi giorni di vigilia degli Europei, un altro ex ragazzo, gracile, sorridente e garbato sia il simbolo di questa Italia che resiste: è Gianluca Vialli. Negli anni Ottanta era un ragazzo con i suoi riccioli scapigliati, i polpacci al vento e la fisicità spensierata di quegli anni felici. Oggi è un uomo dal fisico asciutto e con gli occhi che brillano di speranza.

E’ lui che parla ai calciatori della nazionale, ragazzi strapagati nelle loro squadre di club, che stanno ad ascoltarlo perché sanno che la sofferenza è il paragone delle parole che Vialli pronuncia.

Ed è giusto così: oggi Vialli è il simbolo di un’Italia che ha lottato e resistito nei lunghi mesi della pandemia, dei fratelli d’Italia in camice verde che si sono spesi e continuano a spendersi negli ospedali e dove c’è bisogno di aiuto, sostegno, solidarietà.

Molti di loro non ce l’hanno fatta.

Ecco perché dopo questo anno maledetto che ci ha strappato pezzi di vita, sentiamo la nostalgia di ogni istante di serenità. Vogliamo riscoprire i colori dei giorni in cui siamo stati felici, in cui ci siamo abbracciati.

E' l’attesa del tempo sospeso e della gioia, speriamo, ritrovata.

Valentino Losito

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