I rimbrotti della Pinotti
Il ministro della Difesa, la genovese Roberta Pinotti, è stato l'argomento della lettera del giorno
di Furio Colombo su "Il Fatto Quotidiano".
Un lettore, Fabrizio, ha scritto: "In un'intervista lunga una pagina il ministro della Difesa Pinotti dice alcune cose memorabili. Una è che certi aerei, se li compriamo, durano 30 anni. L'altro è, stia a sentire, che "è mancata una cultura della difesa". Questa la risposta di Furio Colombo: "L'intervista, pur essendo condotta da un giornalista competente ed esperto, è all'italiana. Il ministro parla ("Corriere della Sera" del 13 dicembre) e nessuno risponde. Ovvero ogni sua frase è risolutiva e definitiva e, qualunque cosa dica l'intervistata, non c'è altro da aggiungere, Sembra la scena di certi film di guerra americani in cui, prima dell'attacco, il comandante dice la famosa frase: "Ci sono domande ?". Tutti rispondono "no", e sincronizzano gli orologi.
Questa volta la Pinotti ha sfidato varie volte la tollerante pazienza del giornalista, che però supera la prova e trattiene le obiezioni. Per esempio, a un certo punto, il ministro dice che si sta battendo perché Cameri (officine meccaniche vicino a Novara) diventi il perno (lei da moderno ministro della Difesa, dice "hub") di tutta la manutenzione degli aerei militari Nato in attività in Europa. E giustifica così il suo impegno per il bene dell'Italia: "Vuol dire lavoro per 30 anni almeno". Frase stupefacente persino ai tempi dei treni a vapore. Frase inconcepibile, nel turbine di cambiamenti tecnologici, necessari e no, imposti sia dal progresso sia dal mercato. Scegliendo a caso, c'è una domanda, del tutto ragionevole per il giornalista, ma a cui nessun ministro della Difesa accetterebbe di rispondere, certo non al modo Pinotti. Cito: " E' vero che abbiamo rapporti di intelligence con Egitto ed Emirati Arabi ?" Felice del suo inaspettato incarico, la ministro risponde con enfasi: "Non solo !".E prega il suo interlocutore di aggiungere, fra i nostri contatti segreti, il Qatar, la Turchia, l'Algeria. Quando poi il giornalista insiste per sapere " come conciliare il contrasto tra le spese militari crescenti (pressioni americane) e il sentimento dell'opinione pubblica, stremata dalla crisi, che chiede di ridurre i bilanci militari", il ministro ha un'altra vampata di vocazione a un mestiere che le calza a pennello: "Bisogna parlare all'opinione pubblica della necessità della difesa e della sicurezza, più di quanto sia stato fatto finora". Vogliamo provarci, signora Pinotti, al prossimo corteo di operai senza fabbrica o di studenti senza scuola ? Ma lei aggiunge indisturbata: " E' mancata una cultura della difesa. Io ho una strategia opposta, dobbiamo spiegare bene alla gente perché abbiamo bisogno di difenderci, e quali sono i mezzi che lo Stato deve avere per garantire la propria integrità e sicurezza". Insomma, i sacri confini della patria. Ha ragione l'intervistatore. Alla "cultura della difesa", ai nostri giorni, durante il semestre di presidenza italiana all'Europa, non si poteva aggiungere una sola parola o correre il rischio di fare obiezioni.
Si può solo sperare che qualcuno tenga lontana la signora dal Quirinale".
Così Furio Colombo, ex direttore de "L'Unità". Anche lui si batte perché Roberta Pinotti non diventi presidente della Repubblica.
Di Elio Domeniconi