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Missione 6 del Pnrr, obiettivi e sfide all’indomani delle elezioni politiche

Enrico Mazzino, docente Università di Genova

Valutazione dei bisogni, attenzione alle differenze regionali, investimenti in formazione, in assunzioni e nuove apparecchiature, gestione ottimizzata del territorio e della cronicità, riforma strutturale della medicina generale. Sono tanti gli obiettivi e le sfide della missione 6 del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e gli investimenti destinati alla sanità non sono pochi: circa 20 miliardi di euro che dovrebbero aiutare il nostro Sistema Sanitario Nazionale (SSN) a cambiare decisamente passo, a sradicare approcci vetusti che andavano bene nel secolo scorso ma che mal si conciliano con le esigenze di oggi, dove la popolazione anziana cresce sempre di più, insieme alle cronicità e alle comorbilità. Tutto questo si può fare con la rete di prossimità, la medicina territoriale, la telemedicina. Con una gestione centrale sapiente e un coordinamento regionale che tenga conto delle esigenze dei singoli territori.

Sarà fondamentale, io credo, poter formare in modo davvero efficace i Medici di Medicina Generale (MMG), la categoria che più sarà interessata dagli investimenti del PNRR, ma i clinici chiedono anche di essere più ascoltati dalle istituzioni, mentre tra i dirigenti ci si chiede come si possano calcolare in modo corretto i fabbisogni prima di procedere ad acquistare strumenti e come investire in modo giusto nelle competenze, visto che molti macchinari nuovi ancora rimangono chiusi e imballati perché non c’è sufficiente personale qualificato. Piccoli grandi quesiti che segnano il terreno scivoloso su cui si sta muovendo tutto il PNRR e che meritano risposte e interventi per poter applicare nel modo corretto l’ingente mole di investimenti che a breve interesserà tutto il Servizio Sanitario Nazionale.

Il punto, infatti, è che a parte i grandi contenitori (le cure domiciliari, le case di comunità, la telemedicina, la digitalizzazione, la ricerca e l’innovazione nell’ambito clinico e sanitario) ancora non è del tutto chiaro quali saranno in concreto i progetti a cui dare seguito. E chi misurerà l’avanzamento dei lavori e il raggiungimento degli obiettivi?

La pandemia vissuta ha insegnato a tutta la classe politica la necessità di dialogare con i cittadini, per capirne davvero i bisogni in termini di salute e realizzare una Sanità di prossimità davvero efficiente.

Credo, all’indomani del voto, che ci sia bisogno di una politica che torni ad ascoltare. Prima dell’emergenza credevamo che l’ospedale fosse l’unico luogo dove avere risposte e invece occorre infrastrutturare il territorio, gli ospedali devono concentrarsi sui servizi acuti e il territorio deve essere potenziato per il resto. Non c’è crescita senza salute in un paese e penso sia sbagliato l’approccio ideologico di contrapporre la sanità pubblica a quella privata: tutti possono contribuire per dare una risposta ai bisogni di salute dei cittadini.

In tutto questo non possiamo aspettarci che ogni cosa da fare sia scritta, ci vuole anche un po’ di iniziativa. Ad esempio, le Case di Comunità potrebbero essere utili anche per attività di screening. Non possiamo poi pensare di poter rinnovare tutto il personale sanitario, ma dobbiamo lavorare e formare quello esistente. E cominciare a capire che certi servizi potrebbero diventare anacronistici: la continuità assistenziale avrà poco senso a meno che non venga ricompresa nelle Case di Comunità. I MMG non potranno più stare solo nei loro ambulatori ma dedicare metà del loro tempo alle Case di Comunità, dove sarà erogata un’assistenza h24, sette giorni su sette, come negli ospedali.

L’Health Technology Assessment dovrebbe essere lo strumento principe per attuare la missione 6 del PNRR, ma guardando all’impostazione generale, mi sorge qualche dubbio.

Credo che, almeno nelle fasi iniziali, questo strumento non sia stato davvero preso in considerazione, quello che auspico è che l’HTA sia usato sempre di più, soprattutto per definire la strategia della Medicina Territoriale.

L’emergenza Covid ha reso evidenti gli aspetti critici di natura strutturale del Sistema Sanitario Nazionale. Ci sono state enormi disparità territoriali nell’erogazione dei servizi, i tempi di attesa sono spesso stati elevati e si è assistito a una scarsa capacità di coniugare le sinergie in risposta ai rischi sanitari e ambientali. In tutto questo, concetti come integrazione, prossimità, telemedicina sono fondamentali per disegnare la struttura e i processi sanitari e questo andrà fatto anche attraverso una contestualizzazione delle linee guida e dei percorsi terapeutici in ottica di HTA, soprattutto a livello territoriale e domiciliare, per rendere omogenea l’offerta di assistenza sanitaria e rispondere ai bisogni di salute ed equità di accesso. 

Con AGENAS (Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali) che affiancherà le regioni nell’applicazione del PNRR e nella realizzazione della sanità digitale, si spera che gli obiettivi sfidanti del Piano e le richieste esigenti dell’Europa possano essere realizzate e soddisfatte nei tempi giusti. Anche perché il contractor del PNRR nei confronti dell’Unione Europea non sono le singole regioni, ma il nostro Paese e se una regione rimarrà indietro, le Istituzioni dovranno fare di tutto per colmare il ritardo. Non è una sfida facile, l’Italia non è tra i primi posti per il miglior uso dei fondi europei nei tempi giusti. Speriamo che la pandemia abbia davvero insegnato qualcosa!

Enrico Mazzino
PhD Applied Economics and Quantitative Methods in Health Sector
Economista sanitario/Farmacoeconomista
Docente Università di Genova

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