Un Proietti Sacro e Profano al Carlo Felice
Pierino e il Lupo lo si conosce: è qualcosa che ha accompagnato intere generazioni di pubblico,
attori e musicisti; uno spettacolo sempreverde con cui tutti i grandi attori, prima o poi, devono misurarsi.
Questa composizione di Prokof'ev è rivissuta in tutto il suo classico splendore evocativo al Teatro Carlo Felice, guidata dalla voce di Gigi Proietti e dalla bacchetta del maestro Michelangelo Galeati che ha diretto l’orchestra del teatro.
Il pomeriggio di domenica 17, le note dei vari movimenti hanno ridato vita ai personaggi di Pierino, di suo nonno, del gatto, del lupo e dei cacciatori; ancora una volta.
In questo caso, però, l’opera del compositore russo è servita da pretesto al genio di Proietti per mettere insieme uno spettacolo brillante, un misto di recital e cabaret.
Dopo “Pierino e il Lupo” e un pezzo di Trot russo d’inizio secolo, l’orchestra è diventata praticamente un secondo pubblico e ha assistito alla frizzante esibizione dell’attore romano.
Proietti ha riportato in scena alcune sue vecchie conoscenze: personaggi caricaturali come Pietro Ammicca che, con le sue proposte mimate da “ Affarologo e Appaltologo” ha subito animato il pubblico, spinto, quasi trascinato dal desiderio di diventare parte attiva dello spettacolo.
Niente golfo mistico. L’orchestra faceva bella mostra di sé al centro del palco e così si potevano vedere i musicisti appoggiarsi ai manici dei violoncelli e dei contrabbassi per non cadere dalle risate.
Lo spettacolo è andato avanti velocemente. Durante le sue due ore senza intervallo si sono susseguiti il monologo del “Poro Toto” dissoltosi in una sauna, una satira sulla cosiddetta poesia colta e sui professori e perfino un omaggio cantato a Petrolini. L’orchestra ha riso e ha suonato mentre il pubblico è diventato partecipe e, diretto dallo stesso Proietti, si è ritrovato ad essere parte importante degli stessi sketch. Insomma, c’è stata una perfetta confusione di ruoli che ha accompagnato un analisi sull’amore e la poesia, sul mondo di oggi e sui personaggi di ieri.
Solo sulla fine, con un monologo serio e un paio di canzoni romane, le parti si sono ristabilite e lo spettacolo, oltre che ridere, ha fatto pure riflettere con un brivido.
Ma Proietti è sempre Proietti e non ha rinunciato a chiudere con una specie di Bis: mettendosi nei panni di un nonno vecchissimo e raccontando una storia sconclusionata, l’unione di tutte le favole esistenti in un flusso travolgente e surreale dalla “Gatta con le ciabatte” al principe azzurro che ha mangiato pesante.
Il risultato è stato, come l’ha definita lo stesso attore, “un’unione tra sacro e profano”, l’incontro vincente tra la musica sinfonica e il dialetto, tra la tradizione popolare e il costume contemporaneo.
Uno spettacolo energico e spumeggiante, completo e dove si ride, molto. Insuperabile Gigi Proietti, bravo il pubblico e bravi Galeati e i suoi orchestrali, specialmente il primo violino.
Tutti soddisfatti, quindi, di quella che si è rivelata senza dubbio una favola a lieto fine, proprio come quella di Pierino.
Corrado Fizzarotti