Marianella Bargilli
Sta portando il suo Algernon sarcastico, sferzante e inquietante in giro per i palcoscenici nazionali:
una delle donne più belle d'Italia che impersona al maschile l'alter-ego nientepopodimenoche di Oscar Wilde. Marianella Bargilli e il marito Geppy Gleijeses hanno appena lasciato Genova e in questi giorni sono a Bolzano con "L'importanza di chiamarsi Ernesto". La commedia ha avuto un grande successo al Teatro della Corte, quasi sempre vicino al tutto esaurito. Con loro nel cast c'è anche Lucia Poli, un nome che non ha bisogno di presentazioni.
"Sono molto contenta del mio Algernon, proprio perché è un personaggio maschile - racconta Marianella Bargilli - Era tanto che volevo cimentarmi con un ruolo maschile, forse anche perché dicono che io sia un tipo un po' androgino. L'ho proposto a Geppy, che è il regista dello spettacolo, e lui ha accettato. Sono felice, sto facendo la cosa che volevo fare”.
Ma come fa a interpretare un uomo ed essere al contempo convincente?
“E' un percorso molto fisico. Si capisce che sono una donna e al tempo stesso il personaggio è credibile. Mi piace molto la fisicità nei miei personaggi, è la prima cosa che cerco. Forse dipende anche dal mio percorso formativo: quando mi sono affacciata al mondo dell'arte e dello spettacolo, volevo fare la ballerina e ho fatto studi e stage di danza. In questo mio interpretare Algernon, prima ho dovuto liberare il corpo dalle tensioni: e in questo la danza mi ha aiutato. Poi ho dovuto trovare la parola. In questo mi aiutano le mie caratteristiche di attrice. Sono molto malleabile, posso camuffarmi facilmente. In “Io, l'erede” di Eduardo ho interpretato Adele Selciano: uno scricciolino. Nello “Scarfalietto” di Scarpetta ero Amalia Sciosciammocca, una donna brutta. In “Delitto perfetto” ero Margot Wendice, una donna bellissima”.
Perchè proprio Algernon e non un altro personaggio maschile qualsiasi? Secondo alcuni critici, Oscar Wilde nel tratteggiare il carattere di Algernon ha voluto creare un suo alter-ego.
“Interpretare la figura di questo dandy inglese è una cosa eccezionale: poche voltee mi sono divertita così tanto. Oscar Wilde era un mostro della letteratura, e in questo personaggio ha riversato ironia, genio, sregolatezza, frivolezza, disincanto, alternando i vari registri. E' difficilissimo interpretarlo per un uomo, figuriamoci per una donna. C'è anche il problema del primo impatto con lo spettatore. Che, appena mi vede in scena, si domanda: cosa ci fa una donna vestita da uomo? Ti devi preoccupare prendere subito il pubblico, questo spettacolo è una grande palestra dove cresciamo tutti di rappresentazione in rappresentazione. Senza considerare che la vicinanza con un mostro sacro come Lucia Poli, una che ha il palcoscenico sciolto nel sangue, è una sfida continua: da una parte è stimolante con il suo esempio, dall'altra parte ti costringe a tirare fuori tutto quello che hai ogni sera, per non sfigurare. In questo sono aiutata anche dalla scrittura di Oscar Wilde: tutti i personaggi sono centratissimi, lo scrittore non li abbandonava mai a sé stessi”.
Come mai ha interpretato quasi sempre ruoli brillanti, se non comici? Il genere drammatico non le piace?
“Ho recitato anche in ruoli drammatici, ma vorrei sfatare questo mito secondo cui il genere brillante è più facile. La commedia mi riesce bene ma è complicatissima, è matematica: devi essere sempre in ascolto del pubblico.. Non è vero che se dici una battuta che fa ridere, la gente ride: devi trovare il modo giusto per pronunciarla, calzato sul personaggio che stai interpretando. In questo Algernon c'è una battuta che non mi convince, anche se non dirò mai quale. Ogni sera la pronuncio in modo diverso, fino a quando troverò quello giusto. Il tutto ricordandomi di tenere i toni bassi, visto che interpreto un uomo”.
Spesso interpreta personaggi partenopei, eppure lei è toscana.
“Un po' è inevitabile per un attore, un po' è una conseguenza del fatto che ho sposato Geppy Glejeses, che è napoletano ed un grande interprete e regista del teatro napoletano. Non è mai facile. Per il pubblico napoletano quei personaggi sono sacri: se si accorge che la tua interpretazione non è all'altezza o è irrispettosa, possono pure tirarti i pomodori. Finora non è accaduto”.
Resta la domanda inevitabile: perchè un'attrice di prosa ha partecipato alla terza edizione del Grande Fratello?
“Innanzitutto perché all'epoca ero ancora all'inizio della carriera, non avevo ancora conosciuto Geppy e non avevo ben chiaro cosa avrei fatto “da grane”. Poi le prime edizioni erano comunque curiose, un esperimento, una novità. E' stata un'esperienza divertente e a suo modo formativa. Non ho alcuna spocchia culturale nei confronti di quella mia partecipazione al GF. Posso dire anzi che, nelle stesse, condizioni, lo rifarei. In fondo non è stata una cosa molto distante dal teatro. In generale fino a oggi penso di essere stata fortunata: l'importante è dirselo tutte le sere. I piedi devono restare ben piantati sul palcoscenico. Eduardo diceva: tavola, tavola; chiodo, chiodo”.
Paolo Fizzarotti