La macchina del fango alla Corte
Tutto esaurito al teatro della Corte per “L’onore perduto di Katharina Blum”, tratto dal romanzo di Heinrich Boll: due ore e 15 di atto unico, che scorrono via in un lampo anche grazie alla regia incalzante di Franco Però e a una scenografia essenziale, basata sui cambi di luce (palco quasi in bianco e nero) e sugli incastri degli arredi e degli ambienti. A fare da trait d’union è lei, Katharina Blum: governante domestica che mette in scena il dramma di una vita ordinaria, scandita agli orari di lavoro e dai meccanismi consolatori di una vita da single. Una vita spazzata via dalle calunnie e dalla maldicenza: una macchina del fango costruita al solo fine di vendere qualche copia in più di giornale, senza preoccuparsi delle conseguenze per la vittima.
Per raccontare la sua storia, Boll sceglie la via del giallo: che poi si tramuta in denuncia sociologica. Katharina Blum, dopo un’infanzia difficile e il divorzio da un marito violento e prevaricatore, si trasferisce a Colonia e inizia a lavorare in casa dei coniugi Trude e Hubert Blorna. Vanno in scena una cura maniacale della pulizia e dell’ordine, un’organizzazione teutonica del lavoro e della vita, che servono evidentemente ad anestetizzare e neutralizzare le ansie e le paure esistenziali. La costante è quella di una difesa del suo libero arbitrio femminile, della sua libertà sessuale, della sua volontà di concedersi o meno. Una difesa che non conosce cedimenti, anche a costo della rinuncia.
La manovra riesce così bene che Katharina sembra serena e realizzata: non felice, perchè la felicità non serve. Poi una sera, dopo sei anni di clausura, la ragazza va a ballare: ed è l’inizio della fine.
Alla festa Katharina conosce Ludwig Götten, un rapinatore di banca sospettato di terrorismo e ricercato dalla polizia. E’ il 1974, periodo di anni di piombo anche in Germania: e questo alimenta la psicosi del “pericolo rosso”. Ma Katharina di questo non sa nulla. Tra i due giovani scocca l’amore a prima vista, e la ragazza aiuta Ludwig a scappare. La ragazza viene interrogata dalla polizia come persona informata dei fatti: e tale resta fino a quando interviene Werner Totges, giornalista di un tabloid locale. Tötges scandaglia in profondità la vita di Katharina, contattando tutti i suoi amici e familiari, incluso l'ex marito. Manipolando e distorcendo le informazioni raccolte, trasforma Katharina prima in una complice del bandito e poi in una vera e propria estremista.
La vita di Katharina è sconvolta: la ragazza riceve minacce e offese, i suoi conoscenti vengono emarginati, il suo onore viene definitivamente compromesso. La polizia e lo Stato non la tutelano attivamente. Dapprima disperata, poi lucida nel suo isolamento, Katharina Blum si vendica uccidendo il giornalista Tötges: che aveva tentato un approccio sessuale con lei, rivelandosi non migliore dei comportamenti che aveva stigmatizzato nei suoi articoli. Ottima l’interpretazione di Elena Radonicich nel ruolo di Katharina e di Peppino Mazzotta (quello che interpreta Fazio nella fiction Montalbano) nel ruolo dell’avvocato Hubert Blorna, innamorato della ragazza ma troppo rispettoso della sua essenza di donna e dei suoi sentimenti per tentare di comprometterla.
Paolo Fizzarotti