Le caverne avevano un giardinetto!
Dopo molti mesi passati a bordo, ed ora in partenza per New York, città dai mille grattaceli, desidero fare con voi
una riflessione sugli spazi di cui ognuno di noi ha bisogno. Sono sicura, infatti, che le caverne avessero un giardino ciascuna, piccolo ma in grado di garantire agli abitanti il giusto spazio, necessario per garantirne l’equilibrio psicologico. Sono soprattutto convinta che, proprio per l’esistenza di quel giardinetto, fonte di relax per i primitivi che ritornavano a casa stremati dalla lotta con gli animali feroci, gli uomini non si siano estinti, ammazzandosi tutti ma proprio tutti, l’un l’altro. Non ne siete convinti?
Io sì: tutti voi certamente saprete che, in alcune condizioni, un’intera popolazione può trovarsi sotto stress. Questa forma di sofferenza è particolarmente comune in situazioni particolari, come ad esempio guerre, disastri naturali o periodi di crisi economica. Nel secolo scorso, oltre a due guerre mondiali, abbiamo vissuto numerose guerre civili, genocidi e pulizie etniche che hanno prodotto nei sopravvissuti la cosiddetta sindrome da stress post-traumatica: ansia, depressione, disturbi psicosomatici ed alterazioni del comportamento. Oggi siamo ‘a tappo’ con lo stress, sia a causa della crisi economica che dei fenomeni migratori, così malamente gestiti da governi disattenti e incapaci, ma siamo altrettanto condizionati, in negativo, dalla mancanza di spazio vitale!
Infatti, a differenza degli uomini primitivi, solo pochi di noi possiedono non dico un giardino ma spazi vitali adeguati. In particolare può generare stress non solo il tipo di costruzione che non preveda spazio adeguato fra un elemento abitativo ed un altro ma anche la scelta del luogo - troppo rumoroso o malsano - ed infine anche la divisione interna degli spazi abitativi.
I testi di psichiatria e di antropologia definiscono parametri che sarebbe meglio non superare onde evitare effetti negativi: si parte dal numero consigliato di occupanti per stanza, per proseguire con quelli per appartamento o di un intero condominio! Per essere più chiara: l‘overcrowding, cioè il sovraffollamento, è considerato come uno dei principali fattori di rischio, non solo psicologico. Basti pensare al pericolo, anche attuale, di epidemie o di forti tensioni sociali.
Pare proprio che ognuno di noi, se vuole mantenere una buona salute psicofisica, non possa e non debba rinunciare al proprio spazio vitale e spirituale!
Inoltre, tutte le forme di aggregazione - convivenze e matrimoni compresi - sono positive solo se fatte per una profonda libera scelta, sia che si riferiscano alla formazione di una famiglia, che alla partecipazione ad una squadra sportiva o ad un gruppo, sia sociale che religioso.
In altre parole, essere costretti a vivere in troppo stretta vicinanza con altri, in condomini che ci espropriano del diritto di avere le giuste relazioni di distanza con il prossimo, ci rende sicuri candidati allo stress, quindi alla malattia, che da individuale diventa sociale. E così si arriva a vandalizzare le macchine o addirittura ad uccidere per un posteggio. E se le guerre ed i disastri naturali, non sempre sono evitabili o prevedibili, perché non agire almeno su quanto sicuramente può essere migliorato, per tutelare la nostra salute? Perché continuare a lasciare costruire dei mostri di cemento, vetro o acciaio, che generano a loro volta dei ‘mostri’, di argilla a livello psicologico? Non dobbiamo farlo e al contrario dobbiamo insistere, non tanto per ottenere la demolizione dell’esistente ma affinché nelle Facoltà di Architettura ed Ingegneria, anche Navale, vengano insegnate di più le materie umanistiche, quali Psicologia , Antropologia e Sociologia. Dopo di che i futuri progettisti e costruttori di mostri terrestri e marini, non avranno più scuse da accampare, in nome del criterio del risparmio o del narcisismo personale.
Susy De Martini