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Tursi, le parole della consigliera Francesca Ghio che hanno scosso Genova e mosso la Procura

Francesca Ghio

Le parole della consigliera comunale Francesca Ghio, eletta nel 2022 con la lista Europa Verde-Sansa-Linea Condivisa, hanno risuonato come un grido di dolore e speranza nella Sala Rossa del Comune di Genova.

Durante il suo intervento in aula del 26 novembre, si erano appena spenti i riflettori della Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, Ghio ha condiviso pubblicamente le ripetute violenze subite da adolescente.

Con voce ferma ma carica di emozione, la consigliera ha raccontando i drammatici fatti avvenuti 19 anni fa, quando aveva solo 12 anni, e che ancora oggi segnano la sua vita.

Il racconto della consigliera ha provocato reazioni immediate, comprese quelle della Procura di Genova che ha aperto un’inchiesta per indagare sul caso.

 

Il discorso in aula della consigliera Francesca Ghio

Avevo 12 anni, vivevo nel cuore della Genova Bene, avevo appena iniziato la Seconda Media. Avevo 12 anni quando sono stata violentata fisicamente e psicologicamente tra le mura di casa mia, ripetutamente, per mesi e mesi, da un uomo di cui mi fidavo, da un uomo che nessuno avrebbe pensato potesse essere un mostro, un dirigente genovese, il vostro bravo ragazzo. Lui mi diceva di stare zitta e che doveva essere il nostro segreto.

Dovevo giurargli di non raccontare niente a nessuno, mentre sottostavo alle sue torture. Il dominio dell'uomo, del padre, la mia mente e il mio corpo sotto la sua autorità, l'emblema del patriarcato. Ma altro io non potevo fare, perché nessuno mi ha mai detto che potevo parlarne.

Nessuno mi ha mai chiesto perché ero diventata introversa all'improvviso, eppure non sono mai stata una bambina silenziosa. Ma la società intorno corre, dove corre non si capisce, certo è che non si ferma a guardare chi bene non sta. Perché questa società non ha tempo e non ha spazio per curarsi delle persone, avanza, costruisce dighe e strade, avanza verso il progresso e nuove promesse, avanza dimenticandosi di proteggere e curare il bene prezioso della vita. 

Così le persone diventano sempre meno importanti, abbandonate, lasciate sole nell'affrontare il proprio dolore. Da una parte il carnefice, dall'altra la sua vittima, in mezzo la sofferenza. Per un pezzo di vita mi sono rassegnata, fino a credere che me lo ero meritata, me la sono cercata, non so bene come, ma non avevo alternativa. 

Sono arrivata a colpevolizzarmi al punto di ferirmi fisicamente. Mi sono coperta le cicatrici sulle braccia per anni, nessuno mi ha mai chiesto perché tenessi sempre le maniche lunghe. Ma il dolore era l'unica emozione che mi faceva provare ancora qualcosa.

Non ho mai denunciato quell'uomo, non sapevo neanche che cosa fosse una denuncia a 12 anni. A scuola studiavamo Napoleone Bonaparte, nessuno parlava di emozioni, consenso, sessualità, sostegno alla fragilità. Nel mondo degli adulti non c'era un singolo volto in cui potevo trovare rifugio e protezione.

Quando ho provato a parlarne anni dopo, mi sono sentita giudicata, iniziavo il discorso e notavo disgusto, ma poi dicevo sto scherzando, chiudevo velocemente il discorso. Ho iniziato a fumare a 13 anni, non mi piaceva fumare, ma mi consolava l'idea che qualcosa bruciasse dentro di me. Quel dolore andava soffocato in qualche modo, nessuno voleva ascoltarlo e io non avevo gli strumenti per capirlo. 

Mi guardo indietro oggi e a distanza di decenni nulla è cambiato, gli uomini continuano a violentare, nel silenzio complice di una società che non dà gli strumenti, che non vuole fermarsi a capire, che ritiene più facile e dignitoso nascondere il problema piuttosto che ammettere che questo cortocircuito è responsabilità del profondo vuoto che le istituzioni scelgono di non colmare. Abbiamo un problema, abbiamo le soluzioni, dovremmo solo scegliere di applicarle, ma le dighe, le strade, i centri commerciali continuano a essere più importanti rispetto alla salute mentale e fisica delle persone. Il 25 novembre è passato, ci vediamo l'anno prossimo con la conta dei numeri che sull'elenco dei morti, dei cadaveri, chi nel silenzio muore dentro, vittima due volte dello stupratore e della società che guarda dall'altra parte.

L'unica differenza? Non staremo più zitte. Nella mia fica farò una bandiera che brillerà nella notte nera. 

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