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Sottoripa, scoperta una targa per ricordare il ruolo delle prostitute genovesi

Un momento della cerimonia

“Tra il XIV e il XV secolo, a Genova, le prostitute potevano esercitare la loro attività versando cinque soldi alla Repubblica. Con i proventi di tale gabella la Repubblica finanziò importanti opere monumentali. Tra queste la costruzione e l’ampliamento della “Fabbrica dei moli”, area del Porto in cui a queste donne era proibito entrare. Da qui nasce un famoso detto popolare genovese usato per sottolineare un evento fuori dall’ordinario”. Con queste parole, la Città di Genova e il Municipio I Centro Est, su spinta della Fondazione Amon, hanno deciso di ricordare il ruolo svolto dalle prostitute della città negli anni della Repubblica attraverso l’apposizione di una targa dedicata in via Sottoripa, tra i civici 11 e 13R.

“Scopriamo proprio oggi, 20 settembre, anniversario dell’entrata in vigore della legge Merlin questa targa in ricordo delle lavoratrici dell’antica arte del meretricio - dice l’assessore comunale ai Servizi civici Marta Brusoni -. La posa di questa targa è un atto dovuto nei confronti di donne che sono rimaste anonime e con il loro lavoro hanno permesso a Genova di avere dei moli all’avanguardia grazie alla tassa loro imposta di 5 soldi al giorno da versare al podestà. I proventi di tale gabella venivano utilizzati dalla Repubblica per la costruzione e l’ampliamento dei moli, zona loro peraltro severamente vietata. Continua così il percorso di tutela della storia toponomastica della città e del territorio di cui l’amministrazione comunale ha mola cura, così da rendere Genova ancor più testimone, e al tempo stesso voce, della storia, delle sue vicende e dei suoi volti”.

“La storia di Genova è legata a doppio filo a quella delle prostitute – prosegue il presidente del Municipio I Centro Est Andrea Carratù -. Abbiamo tutti nelle orecchie i versi di Fabrizio De André, ma forse non tutti conoscevano la storia che c’è dietro a canzoni e detti popolari. Parliamo di donne che nei secoli della Repubblica hanno dato un apporto fondamentale allo sviluppo di aree importanti come la Fabbrica dei moli, pur essendo loro vietato l’accesso proprio in quei luoghi che con il loro lavoro avevano finanziato. Per questo quando la Fondazione Amon ha lanciato la proposta di dedicare loro un riconoscimento, insieme alle altre associazioni che hanno aderito, abbiamo deciso con convinzione di dare il nostro appoggio all’iniziativa”.

“La posa di questa targa – continua l’assessore alla Cultura del Municipio I Centro Est – deve essere considerato un riconoscimento storico, un atto dovuto nei confronti di queste donne, che, con il loro lavoro hanno permesso a Genova di avere dei moli all’avanguardia, così da mantenere il titolo di Superba”.

«Ci sono voluti cinque anni di dibattito, ma finalmente oggi siamo giunte al traguardo prefissato – dice Rossella Bianchi, presidente dell’Associazione Princesa, creata da don Andrea Gallo – e sono soddisfatta e orgogliosa di questa targa generosa e allo stesso tempo dovuta, in onore delle “colleghe” che hanno operato secoli addietro. Il contributo delle mie antiche compagne è stato notevole, anche se noto solo a quei pochi che hanno curiosato nella storia passata della nostra Repubblica. Il 20 settembre non è una data a caso: 20 settembre 1958, approvazione della legge Merlin».

«È un fatto positivo che con una targa si rimedi allo stigma subito da quelle donne messe ai margini nella zona anti-portuale tra il XIV e V secolo – dice Domenico “Megu” Chionetti, educatore e animatore sociale -. Così come oggi, pur nelle differenti opinioni sul tema, si parli di prostituzione o di sex worker, emerge con chiarezza che l’essere clienti, nella società contemporanea, come uomini o come donne o come persone trans, non è una cosa che riguarda solo chi ne è direttamente coinvolto, ma che riguarda l’insieme della nostra società ancora incapace di gestire in modo laico le relazioni tra generi».

Nella città di Genova, città di porto, la prostituzione ha sempre avuto largo spazio. Ne sono testimonianza i versi di De André e i detti popolari. Ma come nasce questo rapporto tra città e prostituzione, al punto di farne un’industria?

Ai tempi della Repubblica, infatti, a partire dal 1418, era stata stabilita una tassa sulla prostituzione, mestiere che poteva essere esercitato in un quartiere allestito appositamente e che sorgeva sul colle Albano, un’area che recintata che da Castelletto scendeva per l’attuale via Garibaldi e piazza Fontane Marose: al suo interno le prostitute potevano esercitare, erano protette e curate. In cambio 5 soldi al giorno dovevano essere versati al podestà. I proventi di tale gabella venivano utilizzati dalla Repubblica per la costruzione e l’ampliamento dei moli, zona severamente vietata alle lavoratrici.

Alle donne veniva concesso di uscire il sabato, dando loro la libertà di muoversi in tutta la città. Con una sola eccezione: i moli. Da qui la nascita di un noto detto popolare: “A l’è cheita ‘na bagascia in maa…”

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