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Liguria al voto per riconquistare dignità

Susy De Martini

Mai come in tempi di campagna elettorale vengono evocati i poteri forti. La Liguria è stata sconquassata dallo scandalo delle supposte tangenti politiche ma ancora di più è stata devastata da quanto emerso dalle intercettazioni. Frasi e toni che mai avremmo voluto sentire da parte di chi ha il privilegio e l’onore di amministrare la cosa pubblica. Non è certo solo un problema giuridico, quello è compito dei magistrati, ma il panorama morale è purtroppo sotto gli occhi di tutti. E’ di oggi l’ennesimo pasticcio che riguarda un asset fondamentale per Genova e la Liguria, il suo aeroporto. Le nomine dei suoi amministratori sembrano aver seguito, negli anni, le stesse logiche di spartizione da parte dei partiti e di altre organizzazioni altrettanto potenti in città. I candidati a presidente della Regione, di entrambi gli schieramenti, giureranno di essere, loro sì, del tutto estranei a tali poteri ed anzi se ne dichiareranno chi vittima e chi nemico. Tutto questo potrebbe sembrare solo vagamente ridicolo, se non fosse in gioco il futuro di Genova e della Liguria.

Ma chi parla di poteri forti è davvero convinto di quello che dice? Chiedo di più, è davvero convinto di quello che pensa? E chi ha ascoltato indignato quelle intercettazioni, che opinioni può avere e quale fiducia riporre in questo sistema di potere? Cerchiamo allora di analizzare una realtà molto complessa e da scardinare completamente voltando pagina del tutto.

Consiglio la lettura di un libro, dal titolo ben poco rassicurante: “Democrazie mafiose”. Scritto nel lontano 1971 da Panfilo Gentile, un acuto professore di Filosofia del Diritto, e riscoperto da Gianfranco de Turris e Sergio Romano, “Democrazie Mafiose” è un’opera tragicamente significativa. Già dal sottotitolo il lettore inizia a comprendere la sconcertante verità da esso narrata, recita infatti così: “l’altra faccia del sistema democratico: come i partiti mantengono il potere”.

Cosa sono allora le democrazie mafiose di cui Gentile parla, e che cosa hanno a che fare con cupole e poteri forti, cittadini e nazionali? Sentite: “Le ‘democrazie mafiose’ sono rappresentate da quei regimi che, nel quadro delle istituzioni democratiche tradizionali, riescono ad esercitare il potere e a conservarlo, attraverso il sistematico favoritismo di partito. In altri termini le ‘democrazie mafiose’ sono regimi di tessera, né più né meno dei veri e propri regimi totalitari. La differenza fra i due sistemi è che nei regimi totalitari vi è una tessera unica, mentre nelle ‘democrazie mafiose’ sono consentite più tessere, ma siccome si tratta di tessere confederate al vertice si tratta pur sempre di un’unica tessera. Quella, o quelle, privilegiate di coloro che stanno al potere. Infine: la tessera del potere.

Oggi la parola partito è scomparsa dalla definizione di quasi tutte le formazioni politiche, ma le cose, rispetto a come le descriveva Gentile nel 1971, vi sembrano poi così cambiate? E i meccanismi delle cosiddette elezioni Primarie, o delle nomine dei candidati attraverso asettiche riunioni delle segreterie vi sembrano così distanti da quelle stesse logiche?

Susy De Martini
Docente di Psicologia Medica
Ex Europarlamentare

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