Quirinale, la rinuncia di Berlusconi spariglia le carte delle coalizioni
È risuonato come un rompete le righe per il centrodestra quello che Berlusconi ha definito "un altro passo sulla strada della responsabilità nazionale", che ha deciso di compiere "chiedendo a quanti lo hanno proposto di rinunciare ad indicare il mio nome per il Presidente della Repubblica".
Dopo i primi attimi di euforia, chi ha pensato di essersi così tolto di mezzo un bel problema si è ritrovato impantanato in un risiko che rischia di far rosicare molti aspiranti kingmaker o presunti tali.
E anche nel centrosinistra il colpo di coda con cui Berlusconi, nella sua nota, ha blindato Draghi a Palazzo Chigi ha avuto lo stesso effetto di una bomba ad orologeria.
Sì, perché se Giorgia Meloni tifa Draghi al Quirinale per tornare al più presto alle elezioni e monetizzare il consenso di Fratelli d'Italia, nel centrodestra questa non è certo la linea di Forza Italia e della Lega, ma nemmeno di Toti e dei suoi 32 parlamentari di Coraggio Italia, che nel comunicato di ieri sera non a caso hanno invece parlato della necessità di "garantire, in questa delicata fase, il prosieguo della legislatura fino a scadenza naturale".
E lo stesso certo vale a sinistra, in particolare per la corrente franceschiniana del PD e per la galassia dei Cinque Stelle attuali ed ex che, se si riaprissero i giochi a Palazzo Chigi, vedrebbero a rischio i loro posti al governo.
Per non parlare poi dei parlamentari del Gruppo Misto, il più nutrito della storia repubblicana, che in Parlamento sono il vero ago della bilancia dei prossimi giochi quirinalizi: a loro di elezioni anticipate manco se ne può parlare, almeno fino al 15 settembre prossimo venturo quando matureranno le pensioni di mandato.
Col PNRR in arrivo, poi, anche le cancellerie europee ed americane starebbero a tifare Draghi al Quirinale ma tutto sta a trovare un degno sostituto a Palazzo Chigi. E proprio qui casca l'asino, perché in questa partita il rischio più alto per il PD è che le sue correnti interne si mettano a fare catenaccio, rendendo difficile, se non impossibile, al suo segretario il tentativo di toccare palla nell'elezione del prossimo Presidente della Repubblica. Che poi è quello a cui forse mira il Renzi del famoso "stai sereno".