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L'esempio dei francesi

Anna Pettene

La decisione di alcuni media francesi di non pubblicare più foto di terroristi, attentati, morti, sangue e disperazione

e non indicare nemmeno il nome di chi ammazza in nome di Allah mi convince e non mi convince allo stesso tempo. Dipende come sempre  dal proposito, dall'animus di chi propone certe iniziative.
Se si vuole evitare l'effetto mediatico, contagioso, virale, epidemico o glorificatorio mi viene da dire forse sì, che è una soluzione sensata.
La riserva comunque è che se non è una guerra di religione come dice Papa Francesco (ah sì, non lo è?) tantomeno, a parer mio, è una guerra mediatica da affrontare e vincere mediaticamente.
L'oscurantismo barbaro di questi islamisti non si combatte solo con l'oscuramento mediatico. E aggiungo che non si combatte nemmeno solo con la democrazia questa orribile ed estrema forma di violenza che lascia intendere di volere andare avanti per un bel po'.
E men che meno si argina con il permissivismo e lassismo di chi decide di concedere ad altri la propria  libertà senza trattenere alcunché di essa.
Se è vero per molti che la religione non c'entra, perché poi gli stessi in nome della religione assolvono e consentono tante scelleratezze?
Quello che non mi convince assolutamente (e che anzi mi preoccupa molto) è che non vorrei mai che certe decisioni siano intrise anche da propositi politicamente corretti e da intenti di censura o simili con il rischio di non farci vedere le cose come sono.
L'intento anche di coprire la realtà così da farci venire il dubbio di esagerare con certe percezioni; o da farci credere che sì è un brutto momento ma non il più brutto; o da farci comunque venire voglia di andare, partire, godere, fare, disfare, ridere e scherzare  senza consapevolezza, senza mai nutrire quel senso di finitezza che in questo momento è indubbiamente molto forte e accompagna la nostra quotidianità.
È vero che mandare in onda o in rete certe immagini, oltre a quelle che servono per la mera cronaca dei fatti, è spesso un'ostentazione che sviluppa potenti dinamiche psicologiche ed emozionali; in chi le vede si può creare un senso di terrore e angoscia, ma anche smuovere un impulso seduttivo per queste morti tragiche quasi teatrali e suggestive nel loro scempio.
Può scatenare gloria in chi le ha compiute o ambisce al copycat o eccitare menti deboli e assetate di sangue quasi si trattasse di "pornografia dell'orrore".
Però è anche importante capire e forse vedere quello che stiamo vivendo e quello per cui stiamo morendo e quello a cui è disposto il nostro nemico che noi continuiamo a trattare  e accogliere con solidarietà, responsabilità, umanità.
Noi usiamo la democrazia, altri la spada.
Quindi sarà reale vedere il sangue della spada e le ferite inferte alla democrazia e all'unanimità. Sono surreali quelli che fanno finta di non vedere.
Non sarà religione e guerra di religione come dice Papa Francesco ... ma è odio fortissimo in nome di Allah...
Che perifrasi difficilissima. Però c'è un però.
Se non si vuole diffondere mediaticamente certe immagini di terroristi e di attacchi,  non si continui a monopolizzare la rete e i media con foto di  barconi che affondano e scene di bambini che scappano dalla guerra o piccoli siriani morti o cadaveri in fondo al mare.
Il senso dell'orrore non deve lasciare spazio al senso di colpa dal quale siamo già sufficientemente soggiogati.

Anna Pettene

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