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Monica Domeniconi, mental coach sportivo

Monica Domeniconi

Il rapporto con i cavalli, animali immensi che con la loro forza hanno affiancato l’uomo attraverso i secoli

come compagni di lavoro, di viaggio o addirittura come spalla in guerra, oggi è per forza di cose mutato.
Con il suo fascino il cavallo rimane al primo posto tra gli animali preferiti da adulti e bambini, malgrado incuta spesso una certa soggezione, alle volte addirittura un senso di paura, sentimenti che prima o poi si trova a dover gestire persino chi si dedica all’equitazione come sport agonistico.
E’ proprio il binomio uomo-cavallo a rendere unica questa attività sportiva, per sua natura carica di pulsioni emotive e psicologiche che il cavaliere deve imparare a controllare e gestire nel suo cammino verso il successo. Queste stesse dinamiche hanno attirato l’interesse dei diversi professionisti che a vario titolo si occupano dei meccanismi mentali che permettono agli individui di raggiungere i propri obiettivi tanto che oggi diversi atleti si affidano a mental coach o a psicologi per migliorare le proprie prestazioni sportive.
A tal fine abbiamo intervistato Monica Domeniconi, mental coach specializzato nelle discipline equestri.

Raccontaci chi sei e che cosa ti ha spinto a diventare mental coach sportivo?
Nasco come giornalista, da una famiglia di giornalisti, mio padre si è sempre occupato di sport e di campioni. Sin da ragazza mi sono dedicata ad interviste nel mondo dell’equitazione, sport che è la mia grande passione. I meccanismi che regolano la mente di chi vince hanno esercitato sempre una forte curiosità in me. Il mio percorso di studi e di crescita personale mi hanno portato ad interessarmi alla psicologia. Da qui è nata la professione di counselor e la scelta di dedicarmi in particolare al settore sportivo. Sono riuscita a riunire così i temi dominanti della mia vita, ovvero comunicazione, psicologia e cavalli.

Chi si rivolge a te abitualmente e perché?
Ad oggi seguo soprattutto cavalieri professionisti e amatori di questa disciplina. Il fatto di essere io stessa amazzone mi aiuta a creare più facilmente un rapporto basato sull’empatia. Il professionista desidera in particolare ottimizzare le sue risorse e raggiungere la cosiddetta peak performance ovvero la prestazione in cui esprimersi al di sopra degli standard abituali. L’amatore invece ha una maggiore esigenza di superare quelli che avverte come limiti nella pratica quotidiana di questo sport. L’equitazione facilmente può creare stati di ansia o insicurezza avendo a che fare con un altro essere vivente e non con uno strumento come accade negli altri sport.

Quanto dura un percorso di mental coaching?
I risultati sono verificabili già dopo le prime sedute grazie alle particolari tecniche applicate. Ci sono persone che dopo circa cinque incontri si ritengono soddisfatte e riescono a raggiungere l’obiettivo che si erano prefissate e altre che portano avanti questo percorso nel tempo a seconda delle esigenze del momento.

Come avvengono queste sedute?
Lavoro molto bene telefonicamente o su Skype, dopo un primo incontro di persona o nei casi in cui le persone siano lontane, in altre regioni. Oppure direttamente in scuderie, soprattutto in caso di interi gruppi interessati a questo tipo di approccio.

Pensi quindi che chiunque possa avere successo e diventare un vincente?
Io credo fortemente che in ognuno di noi ci sia una parte vincente soffocata spesso da mille paure, dubbi e insicurezze. Tutti possono porsi e raggiungere i propri traguardi e l’allenamento mentale è un grande aiuto per mantenere sempre il focus sull’obiettivo. La condizione essenziale è però una reale volontà di migliorare e di lavorare su se stessi e sui propri limiti. Le tecniche non richiedono molto tempo ma sicuramente costanza. Pochi minuti al giorno possono realmente portare a cambiamenti straordinari.

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