La lezione della Resistenza
Confesso che se un giovane mi chiedesse di spiegargli cos'è stata la Resistenza, mi troverei in serio imbarazzo.
Vedo che le celebrazioni del 25 aprile sono sempre affollate, che c'è sempre uno sventolio di bandiere rosse. Ma non si canta più: "Avanti popolo, bandiera rossa trionferà. Oggi si preferisce: "Bella ciao", che è quasi una canzone d'amore.
La Resistenza l'ho studiata sui libri, e questi libri insegnano che c'era stata una ribellione al fascismo da parte di un gruppo di intellettuali, personaggi di valore. Sulle azioni dei partigiani aveva scritto libri stupendi Giorgio Bocca, che però in vecchiaia ne ha scritto altri per presentare anche l'altra faccia della Resistenza. E chissà quanti sono rimasti perplessi.
Naturalmente mi sono rimasti anche dei flash personali. Ricordo che quando Mussolini venne a Genova nel 1938, Piazza della Vittoria era piena di camicie nere. Passata la guerra, si erano trasformate in camicie rosse. Ho avuto la sfortuna di aspettare la Liberazione a Castelfiorentino, il paese di mia madre. Eravamo scappati da Genova dopo il bombardamento navale. Ma a Empoli c'era l'incrocio tra la V e l'VIII Armata. Bombardavano tutte le sere. Vedevamo arrivare gli aerei, si schieravano a tre per te, illuminavano la zona con i bengala eppoi sganciavano le bombe. Ho ancora nelle orecchie i fischi e le esplosioni. Mi buttavo nei fossi e pregavo.
Dei partigiani ricordo che venivano dai contadini a fare rifornimenti di viveri e i contadini li rifocillavano con piacere. I tedeschi invece usavano la violenza e ancora oggi se sento parlare tedesco, mi viene da vomitare.
Dopo la guerra, ricordo le interminabili sfilate dei partigiani, sbucati da chissà dove. E una scena non la dimenticherò mai: loro con il mitra e una sfilata di giovani donne nel prato di Santa Verdiana. Accusate di essere state amiche dei partigiani, erano state rapate a zero e il loro cranio colorato di rosso. Orribile.
Del 25 Aprile ricordo il suono delle sirene per annunciare la Liberazione e noi ragazzini (avevo 13 anni) che correvamo ad assaltare la casa del Fascio, io mi portai a casa due libri. Nel dopoguerra Castelfiorentino divenne il paese più rosso d'Italia. D'estate partivano i pullman di chi andava a passare le vacanze a Mosca per vedere come si stava bene sotto Baffone Stalin.
Per noi sfollati il mesto ritorno a casa, stipati in camion militari, e sul Bracco altri mitra spianati per difenderci dai banditi. Non ho mai sparato nemmeno ai tirassegno. Ma non ho mai apprezzato le gesta di quei partigiani che a Roma uccisero una trentina di tedeschi sapendo che poi alle Fosse Ardeatine per la legge della rappresaglia i tedeschi avrebbero ucciso più di 300 innocenti italiani.
Quel modo di scrivere pagine sulla Resistenza, non lo capivo anche se ero appena un bambino.
Però ricordo che c'era una gran voglia di ricostruire, di dar vita a un'Italia migliore. E 70 anni dopo bisogna riconoscere che ci eravamo illusi.
Elio Domeniconi