C'era una volta Enrico Musso...
Nella mia ormai lunga vita, anche giornalistica, ho commesso sicuramente tanti errori. Uno di questi è stato credere
in Enrico Musso e di averlo votato: una volta come candidato sindaco (contro Marta Vincenzi) e un'altra come candidato senatore.
Ho delle attenuanti. L'unico uomo politico nel quale ho sempre creduto e per il quale ho sempre votato - finché l'ex democristiano Claudio Scajola non l'ha fatto fuori - è Alfredo Biondi. Musso aveva quella stessa matrice, giovanissimo era entrato in consiglio comunale come rappresentante del glorioso PLI.
Valida anche l'idea del movimento Oltremare, che aveva catalizzato tante persone in gamba, che avrebbero potuto fare tante cose per rilanciare Genova.
Ho iniziato ad avere dei dubbi sul conto di Musso quando ha cominciato a portarsi dietro un giornalista che avevo conosciuto bene a "Il Lavoro", Franco Manzitti, un figlio d'arte che mi aveva invogliato ad andare in pensione anticipata perché non me la sentivo più di lavorare con lui. Su Manzitti potrei scrivere un libro. Almeno un episodio lo devo citare. Un giorno voleva che scrivessi un articolo sui grandi dello spettacolo, da Raffaella Carrà ad Adriano Celentano, che stavano per invadere la collina di Sant'Ilario su input di Beppe Grillo. Mi disse che potevo andare tranquillo perché al cronista giudiziario Vincenzo Curia era stata data da "fonte istituzionale". Conoscevo molti di quei personaggi, mi rifiutai di scrivere l'articolo. Venni sostituito da un collega più docile Raffaele Niri che annunciò quelle belle "notizie" con il titolo: "Hollywood a Sant'Ilario".
Qualche giorno dopo Grillo, per dare un'idea del giornalismo alla genovese, rivelò che si era divertito a fare uno scherzo al maresciallo dei vigili urbani di Nervi. Gli aveva raccontato quelle balle. E qualche giorno dopo su quelle balle un giornale ci aveva costruito una pagina.
Quando alle riunioni di Oltremare Musso si presentava con Manzitti e Manzitti raccontava che Musso era finito con Scajola perché gli allora DS non l'avevano voluto. Manifestai le mie perplessità all'amico Davide Viziano che voleva sostenerlo con il suo gruppo 100X100 e abbandonai il professore al suo insolito destino. Quando Musso, dopo aver cambiato non so quante casacche disse che si identificava in Oscar Giannino conclusi che si era giunti alle comiche finali.
Mancava ancora il capitolo Liguria Libera. E a proposito: io non ho mai scritto che Musso aveva raggiunto un accordo con Toti, scrissi solo che era in corso un colloquio. E se qualche giorno dopo l'ha raccontato su "Il Giornale" (di Berlusconi) un giornalista del calibro di Fabrizio de Feo, significa che l'indiscrezione aveva un fondamento, de Feo non l'ha certo copiata da Genova3000.it.
Il prof. Musso conclude amaramente: "Se Genova ha dei giornalisti come Domeniconi è normale che abbia un sindaco come Doria e dei presidenti come Paita e Toti. Ed è normale che sia la città più in declino d'Italia".
Scusate la sincerità, ma questo è materiale da perizia psichiatrica. Perché non posso di essere io la causa di tutto…
Elio Domeniconi