Da Peppone a Don Camillo
Il prete ed il comunista… il parroco ed il sindaco “rosso”, là nella “bassa” reggiana dove - come recita
appunto l’introduzione di un film - tutto è esasperato, sanguigno. Viene da iniziare così, con il cuore infiammato da sentimenti allegri, un reportage che più entusiasmante e sentito non si può, su quelle che non sono solo opere d’arte cinematografiche, ma piuttosto pagine di storia italiana narrate sullo schermo, con i proiettori, quando il mondo era diverso ed al posto dei cellulari tascabili c’erano i vecchi telefoni neri, appesi alla parete. Stiamo parlando dei film della serie Peppone e Don Camillo. Pellicole in bianco e nero anni ’50 e ’60 che raccontano con efficacia quello che accadde in quegli anni, in quella Italia grande e di cuore sulla quale si basa ancora la nostra: quella del terzo millennio. Incredibile? No davvero. Andate a Brescello per capirlo; set di quei film dove il grande Fernadel, in albergo a Parma, andava a recitare in Cadillac bianca con tanto di autista. Parlava francese e Cervi che conosceva bene l’idioma oltralpe, rispondeva in italiano. Quelle pellicole registrate nei posti che ora non sono molto diversi da allora, hanno fatto e fanno vibrare generazioni: quelle che all’epoca erano giovani e credevano nei due veri, autentici poli politici dell’Italia post bellica e post fascista: preti e comunisti, Dc e Pci e rispettivi alleati. Ma anche quelle dei giovani d’oggi che quella storia la ascoltano dai loro padri o sorridono, come fosse narrazione di antiquariato, ad osservare quelle scene mandate in onda, ancora adesso, mille volte da altrettante tv di Stato o commerciali. E sono pure pellicole che descrivono con realismo unico la vita della provincia italiana, schietta, vera, genuina, dei mille campanili, della campagna, con i suoi odori e colori che, al contrario delle grandi città e metropoli, ti fanno capire il trascorrere della vita e delle stagioni. Un prologo lunghissimo, più da scrittore che da giornalista per raccontare della visita nella reggiana Brescello e relativo Museo, dedicato a quel mito cinematografico creato da tanti attori tutti bravi, con primi tra loro Cervi- Peppone e Fernandel - Don Camillo.
IL MUSEO
Ecco, è tra le cose da non perdere per un italiano: il Museo di Peppone e Don Camillo che non avrà certo il valore culturale degli Uffizi di Firenze o quello scientifico del nostro Acquario di Genova, ma è un’imperdibile sito sociale, storico, politico e culturale della vita d’Italia. Per essere precisi fa parte di una triade di Musei, insieme ad uno dedicato a Guareschi, l’autore genialissimo dei due personaggi, che si ispirò ad un capo comunista della zona e ad un prete, antagonisti e realmente esistiti, ma nel parmense però mentre Brescello è in provincia di Reggio Emilia. Fu poi il regista Julien Duvivier a scegliere invece Brescello, che gli apparve più bella e consona per allestire il set. E badate: regista francese in quanto nessun italiano volle caricarsi di quell’impegno, ruolo che era politicamente rischioso all’epoca per la carriera. Curiosità sconosciute a chi pure ha visto e rivisto quelle pellicole. E, dicevamo, Museo che fa parte della triade che viene conclusa da quello dedicato a Brixellum, antico insediamento romano da cui nacque appunto Brescello. Iniziativa geniale della Pro Loco locale, non facile nella sua attuazione, persino inizialmente osteggiata dalla politica che temeva che i due personaggi potessero essere, vincenti o perdenti, veicoli di propaganda elettorale positiva ma anche negativa. E poi l’autore di cotante opere nella “rossa” Emilia Romagna era Guareschi, “fascistone”, si direbbe adesso. Deus ex machina e presidente della Pro Loco è Gabriele Carpi, emiliano di grande calore e simpatia, ingegno ed intelligenza, mentre se volete sapere tutto chiedete alla sua collaboratrice, giovanissima e super esperta e capace di rispondere ad ogni domanda: Elena Benassi, entusiata e preparata. A chi andrà a visitare il Museo lascio l’emozione ed il batticuore che deriva da ammirare ciò che vi è contenuto. Il fucile di Don Camillo, la sua tonaca, la moto di Peppone a bordo della quale “rischia” una love story con la segretaria di partito venuta dalla città ma che, alla fine, incapace di tradire la moglie che ama, butta in politica. Clotilde il suo nome…con finale Ilde, ricordando Nilde Iotti, icona Pci e compagna di Palmiro Togliatti. Poi c’è il tavolo che Don Camillo getta addosso ai “compagni” che deridono il prete in bici; le biciclette con cui l’onorevole e il monsignore si rincorrono sulla strada reggiana, la falce e il martello con cui viene fotografato Don Camillo in Russia, finto compagno Bottazzi. E nelle bacheche del Museo ci sono persino un copione originale e tesi di laurea su questa serie di 5 film passati alla storia. Mentre le pareti sono tappezzate di foto e manifesti dei film, provenienti da tutto il mondo, come arrivano da ogni parte del pianeta i visitatori; oltre un milione dal 1989, data di fondazione, ad oggi, con 40 mila lo scorso anno. Ma non è il caso di descrivere oltre: il Museo è da visitare, impossibile resistere alla sua…attrazione fatale.
IL PAESE, IL SINDACO ED IL PARROCO DI ADESSO
Tutta Brescello ruota comunque attorno a questo suo mito e Museo. Lo comferma il parroco, don Evandro Gherardi, che ha funzioni importanti anche nella Curia reggiana: “Bello – ammette – essere prete vero sull’onda di quello dei film; è persino una responsabilità, non è una parrocchia come le altre. Don Camillo è presenza viva, con valori di attualità molto forti anche oggi. Utile alla Fede pur nel mutato contesto storico”. Al parroco della chiesa più famosa del cinema italiano piace anche lo spirito di collaborazione che, alla fine, i due attori mostrano e conferma che lui, oggi, parroco vero, ne ha con l’attuale sindaco, anch’egli reale. Pure se, rileva con un sorriso, “non è praticante ma alla messa di mezzanotte, a Natale c’era, ed ha portato il bambino al presepe davanti alla chiesa”. Ha visto tutti i film e, con un pizzico di ironia, informa di essere “figlio di comunisti, ma il Signore – dice – a volte si diverte a sovvertire i progetti e tocca il cuore”. A sua volta, il giovane sindaco, Marcello Coffrini, centro sinistra e 70 per cento dei voti, quasi meglio di Peppone, afferma che la serie di film ha dato al paesello da 5.600 abitanti una riconoscibilità immediata a livello nazionale ed internazionale che altrimenti non avrebbe mai avuto. Ed offre anche un buon business a Brescello, per cui vale diverse centinaia di migliaia di euro di giro d’affari. E con la parrocchia, indica, “abbiamo rapporti ottimi”. Visitando infine il paese i due personaggi appaiono ovunque. Da non perdere un pranzo a “la Bottega” del paese di Peppone e Don Camillo, dove Marisa, titolare con il marito chef, indica con orgoglio le pareti tutte tappezzate da immagini del prete e del sindaco Pci, ma anche quelle di attori e personaggi illustri che hanno visitato, grazie ai film, Brescello.
Dino Frambati