Gli avvocati di Scialfa
Il professor Nicolò Scialfa, questo bizzarro intellettuale prestato (ahinoi!) alla politica ha sicuramente indovinato
la scelta degli avvocati. Due principi del Foro.
Ricordo il giovane Andrea Vernazza, allora comunista, quando nel consiglio comunale di Santa Margherita, si punzecchiava con un altro grande avvocato Pasquale Tonani, liberale. Tutti dicevano che Vernazza avrebbe fatto strada. Perché era bravo e anche perché era legato al carro della sinistra.
Guido Colella aveva cominciato a far parlare di sé come portavoce dei tifosi della Sampdoria (anche Scialfa ha il cuore blucerchiato) poi si è fatto apprezzare anche come avvocato, cresciuto alla scuola del grande Garaventa. In un'occasione è stato anche il mio avvocato, quando era il legale de "Il Lavoro". Ricordo che io volevo arrivare al processo, perché avevo solo esercitato il diritto di cronaca, riportando quello che aveva detto Gino Paoli nei confronti del manager musicale Angelo Piccarreta (poi passato a miglior vita). Ma Colella mi fece accettare il ritiro della querela, tanto pagava tutto il cantautore.
Con due avvocati così, il consigliere regionale di "Diritti e libertà" è in buone mani. E proprio perché sono due grandi avvocati ad un certo momento, nell'interrogatorio di garanzia davanti al giudice per le indagini preliminari Roberta Bossi, hanno interrotto il calvario del loro assistito: "Da questo momento il nostro cliente si avvarrà della facoltà di non rispondere".
Le cose infatti si stavano mettendo male per l'ex portacolori dell'Italia dei Valori. Si era difeso definendosi "fesso", ma il magistrato non può essere fesso "un intellettuale, preside ed ex bancario". Aveva ripetuto le frasi di sempre: "Io sono un intellettuale, sono una persona per bene con un lavoro fuori dalla politica. Io volevo mettere il mio bagaglio al servizio della comunità". Ma che c'entrano quei valori con i vini francesi, i viaggi a sbafo e ora spuntano pure le pietre preziose?
"Sono sempre stato considerato uno che volava troppo alto". Ma, santo cielo, allora perché è sceso così in basso?
I magistrati difficilmente accetteranno la tesi dell'intellettuale vittima della "ripugnante macchina della politica".
Roberta Bossi è stata al gioco finché il preside (incaricato del D'Oria), che non guardava le voci del suo stipendio, ma nello statino leggeva solo la cifra finale, non ha cominciato a parlare di "ermeneutica". Il gip l'ha zittito: "Io non mi sono preparata sull'ermeneutica, oggi; ma conosco gli elementi di questa inchiesta ed è ciò di cui stiamo parlando".
A questo punto Guido Colella e Andrea Vernazza hanno creduto bene di gettare la spugna. Sperando che a Nicolò Scialfa vada meglio con i giudici del Tribunale del Riesame. Sempre che riescano a convincerlo a non parlare di ermeneutica.
Elio Domeniconi