La grinta di Zeffirino
Ho rivisto finalmente di nuovo "Zeffirino" in televisione. E l'ho rivisto con la grinta di mezzo secolo fa, quando
l'ho conosciuto. Perché la redazione genovese del Guerin sportivo era nello stesso palazzo, il famoso Palazzo Margherita, costruito da Fausto Gadolla. Che l'aveva chiamato Margherita perché era accanto all'omonimo teatro, sempre di sua proprietà, dove si esibivano le compagnie del teatro-varietà. E dopo lo spettacolo, tutti a cena da "Zeffirino".
A comandare era Zeffirino Belloni, il patriarca, al quale anche i figli davano del lei. "Per rispetto", spiegavano. Nell'ambiente, però, tutti indicavano come Zeffirino il figlio Luciano, perché era lui a battersi per far conoscere il ristorante che sarebbe diventato un marchio. Il fratello Gian Paolo, lo faceva diventare grande con la cucina, ma per anni se n'è rimasto dietro le quinte, alla ribalta c'era Luciano, l'uomo delle pubbliche relazioni. I Belloni erano sportivi, praticavano la lotta libera, alla scuola di Baldo Nizzola. Nel calcio li fece entrare il compianto Pino Williner, che aveva creato per loro il Pallone d'Oro Zeffirino, patrocinato dal settimanale "City" (del quale mi aveva affidato la direzione). La consegna avvenne alla Terrazza Martini e fu il sindaco Giancarlo Piombino a consegnare il Pallone d'Oro (si fa per dire) al capitano della Sampdoria Marcello Lippi, che doveva diventare campione del mondo con la Nazionale.
Luciano, voleva però conquistare la ribalta nazionale, ci voleva la televisione. Ed ecco quindi l'idea geniale: creare il Guanto d'Oro Zeffirino e consegnare il trofeo al vincitore degli incontri che valevano per il titolo mondiale. Quel Guanto valeva, ricordo, 200 mila lire e fruttava una pubblicità che valevano milioni. Luciano aveva tanti amici nel mondo della Rai-Tv, altri se li era fatto quando con il fraterno amico Gianni Grabesu (che l'aveva fatto diventare anche amico dei tassisti) aveva creato uno "Zeffirino" nello stadio, accanto agli spogliatoio. In quel bar c'era ogni ben di Dio, tutto offerto dalla famiglia Zeffirino.
Quel guanto d'oro fu il capolavoro di Luciano, ne fece un personaggio. Bisognava però saltare sul ring prima che scattasse lo sbarramento. Era questione di secondi. Ricordo una volta a Roma per Bruno Arcari-Orsolic. Quando capì che l'austriaco era ormai groggy, il rappresentante di Zeffirino venne a sedersi accanto a me, nella postazione del "Guerin sportivo". Orsolic non era ancora al tappeto che Luciano con un balzo era già sul ring. Volle andare anche in America per Benvenuti- Griffith. Papà Zeffirino fu categorico: ti pago le spese solo se riesci a salire sul ring. A New York sembrava un'impresa impossibile, ma Luciano Belloni consegnò il Guanto d'oro a Benvenuti in eurovisione.
Adesso i Belloni sono sparsi per il mondo. In Via XX Settembre con Luciano c'è il fratello Odino, che ha imparato il mestiere da Gian Paolo. Ora i ristoratori sono oberati di tasse. Luciano ha rivelato che Zeffirino paga 30.000 euro di tasse, 14 mila solo di Tares. L'ha detto a "Virus" su Rai Due. "Virus" ha scelto Zeffirino come teatro della protesta. Luciano è tornato in televisione e sui giornali, Matteo Basile su "Il Giornale" l'ha definito "il re dei ristoratori genovesi". A 75 anni, Luciano Belloni, in arte Zeffirino, è tornato quello di mezzo secolo fa.
Elio Domeniconi