A pranzo con Franco Marini
Era un giorno di primavera di fine anni '80 ed io, cronista ancora giovane, entusiasta della mia attività di giornalista che affiancavo a quella di imprenditore, ero curioso e non perdevo evento dove c'era notizia.
Collaboravo già con testate cittadine, facevo un po' di tv e scrivevo corrispondenze da Genova e Liguria con media nazionali, quali Avvenire e Conquiste del Lavoro. Giornale, quest'ultimo, all'epoca cartaceo (ora è on line) e organo di stampa della Cisl, dove lavoravo con grande piacere, con colleghi che erano innanzitutto amici, tutti molto bravi, eccellenti professionisti e di elevato livello giornalistico. Fatto che perdura tuttora, con una redazione sempre formidabile, colleghi di qualità e spessore, e collaborazione che (l'ho anche scritto a suo tempo) coniugava il mio spirito da imprenditore e giornalista di sindacato senza problemi. Anzi la coesistenza era quanto mai coerente perché conoscevo, in pratica, la fatica di chi lavora.
Lunga premessa necessaria a spiegare come, quel giorno tiepido e con poche nubi, Franco Marini, allora segretario generale della Cisl, fosse approdato sotto la Lanterna mi pare proprio per un evento sindacale.
In prima fila come giornalista, avevo a fianco Giuseppe (Beppe) Visdomini, persona perbene, sindacalista cislino con cui ero legato da simpatica e grande, sincera amicizia mai venuta meno se non quando, purtroppo, Beppe ci ha lasciati. Lui era molto amico di Marini ed alla fine dell'evento mi portò da lui. Occasione ghiotta da giornalista per intervistarlo a tu per tu in un giornalismo all'epoca diverso da quello di oggi, fatto di ricerca di avere “la” notizia; intervistare il personaggio quando i talk show erano rari ed ai primordi.
Tra una domanda e l'altra venne l'ora di pranzo. Franco ci disse che ne avrebbe gradito uno genovese. Visdomini gli disse che lo avrebbe portato in un ristorante vista mare e fu Marini, quasi entusiasmandomi, a dirmi: “vieni anche tu”. Non era una domanda, era un invito che non mi aspettavo e quasi mi onorava visto il personaggio ed io giovane cronista.
Il pranzo durò, se non ricordo male, dalle 13,30 fin quasi alle 15,30 quando Marini doveva recarsi in aeroporto destinazione Roma.
Dialogammo con lui continuamente. Entrambi democristiani, cattolici; gli parlai da imprenditore scoprendo come Franco, strenuo difensore dei lavoratori dipendenti, capisse perfettamente i problemi della piccola e media imprenditoria. Come fosse ricco di senso sociale, di umanità.
Politico intelligente, moderato, equilibrato, guadagnò la mia grande, incondizionata stima.
La sua carriera lo ha dimostrato e meritava certamente di salire al Colle. Pochi politici, sindacalisti e simili, ho conosciuto con analoga intelligenza. Marini soprattutto credeva a quello che faceva perché lo pensava, comprendendo e rispettando al massimo gli altri, anche se antagonisti ed avversari.
Era anche simpatico, aveva battute incisive e divertenti e tra un piatto e l'altro ci fu modo pure di parlare e scherzare su tanti argomenti e varia umanità, extra sindacato, extra politica. Delle nostre famiglie, delle nostre passioni, viaggi.
Di Franco Marini ho davvero un ricordo eccezionale di statista, di uomo onesto e di grandi principi.
Dopo il pranzo genovese abbiamo avuto ancora qualche occasione di incrocio, anche se non così...da vicino
Alla notizia della sua morte mi è venuto subito in mente quel pranzo genovese ma anche la riflessione che tanti politici, sindacalisti, governanti di oggi dovrebbero rileggerne la vita, studiarne il pensiero. Da lui hanno certamente molto da imparare, nella forma, nella sostanza, nel senso della realtà, nell'attività al servizio degli italiani.
Dino Frambati