Natale senza i tuoi, Santo Stefano con chi puoi
Il Dpcm sotto l'albero, le strade vuote più di come cantava Mina; tutto chiuso, tutti chiusi in casa.
Natale anomalo, feste anomale, situazione surreale che nemmeno a scommettere uno su mille si sarebbe immaginata.
Natale di guerra, dicono in molti. Per fortuna, dico io, con meno morti ma sempre con troppi a perdere la vita. Ma Natale peggio forse che di guerra per le conseguenze che produrrà sul piano economico e sociale, perché l'importante è la salute e i soldi non sono tutto, ma provate a dirlo a quelli che si sono ammazzati di lavoro per traguardare un discreto e persino buon benessere ed ora se lo vedono cancellare senza riuscire nemmeno a combattere e si trovano in una situazione che non riescono a gestire, improvvisa, assurda, al limite della miseria.
Tecnologici al massimo, viaggiatori ad ogni costo, scanzonati discotecari, vacanzieri, avvezzi a lavorare per togliersi soddisfazioni e in molti casi più per il companatico che per il pane, oggi ci troviamo in un fortino, “dove il pan ci manca e la bandiera bianca appare a portata di mano”, come scriveva delle ultime ore di Venezia, attorno al 1850, Arnaldo Fusinato, con versi ripresi poi da Battiato in una nota canzone in era moderna e contemporanea.
Noi non isseremo quel panno di resa, ma alla fine arriveremo malconci.
Attendiamo il vaccino come panacea di tutti i mali e di ogni sofferenza pandemica. Lo speriamo ardentemente perché crediamo nella scienza, ma qualche interrogativo al proposito ce lo poniamo. E' umano.
Lo faremo perché all'orizzonte non vediamo altro ed abbiamo perso ormai quasi un anno di vita, soffocati da mascherine anche se variopinte e costretti a misurare i gesti e le uscite all'aria aperta.
Con un clic pensavamo di dominare lo scibile, con un pc parlavamo con l'altra parte del mondo e con il navigatore arrivavamo in luoghi che non conoscevamo nemmeno in cartolina.
Onoravamo le feste con gite, sciate, nuotate su isole remote dove il sole splende quando qua nevica e fare Genova-Roma andata e ritorno in un giorno era come prendere il bus tra via XX Settembre e Sampierdarena.
Poi, all'improvviso, l'invisibile e microscopico virus dagli occhi a mandorla, non peste del 2000, non male incurabile ma solo qualcosa in più di un'influenza, ci ha messo in ginocchio, costretto a mutare usi e costumi e obbligato ad agire come gli ammorbati di peste di epoca manzoniana e di matrimoni osteggiati. Misterioso, infettivo come mai, cattivo e nascosto, il suo effetto è letale.
Natale di guerra, con la differenza che allora oltre il buio si vedeva la luce, c'era speranza di tirarsi su le maniche e raggiungere un benessere mai avuto. Oggi l'onda è contraria e, bene che vada, manterremo parte del benessere acquisito a fatica nel tempo oppure andremo in retromarcia rispetto a quei tempi del secolo scorso, tornando in indigenza e malessere.
Non è tempo di polemiche però ora; gestire questo cataclisma è comunque assai difficile e tutto il mondo annaspa. Chiunque al potere avrebbe dovuto sudare freddo come accade peraltro in tutto il globo. Certo la Germania ha altra forza economica, idem la Gran Bretagna o gli Usa e la Francia ha uno stato sociale per cui viene pagata domestica e baby sitter alla coppia che appena avuto un bebè. Da noi non arrivano ristori se non miserandi, la cassa integrazione viene pagata quando uno si è impegnato persino le vere matrimoniali per campare. Da noi si discute di cosa fare mentre gli altri le cose le hanno già fatte.
I dpcm sono l'unica produzione mai in crisi e comprendo come, su 60 milioni di italiani, i casi particolari sono almeno 58 milioni.
Ma a leggere quest'ultimo parto governativo natalizio, domande da porsi ce ne sono. Due in auto e se un figlio ha 15 anni lasciatelo a casa e scegliete tra nonna e nonno se questi non guidano e dovete andarli a prendere perché se li caricate entrambi siete tre in auto. Il virus contamina dalle 22 alle 5 del mattino più che nelle altre ore. Fa il guardiano notturno o l'entraineuse forse? Ma nemmeno queste perché i locali sono chiusi e non avrebbe location.
Per non ricordare monopattini, banchi a rotelle ed altre amenità che sono costate denaro che avrebbe potuto essere utilizzato per ben altro.
Il problema (e scusate se non riesco proprio a sottrarmi alla polemica) è che, fatta salva buona fede ed impegno, storicamente il nostro Bel Paese ha ai vertici persone che di lavoro vero, vita reale, problematica quotidiana, hanno poca o nulla esperienza. A livello burocratico, tecnico, manageriale dello Stato. Perché incarichi di alta responsabilità sono stati in genere elargiti per appartenenza politica e meriti consequenziali piuttosto che per capacità. Creando pure una ragnatela burocratica indecente e vergognosa, che non ha cuore e pudore. Una vergogna nazionale che tutti conoscono ma che nessuno ha il coraggio di abbattere e tagliare a colpi di scure.
Abbiamo imprenditori e lavoratori forse più geniali e capaci al mondo. Li avessero lasciati fare e non trattati come nemici, oggi avremmo nelle stanze dei bottoni persone pragmatiche, con ampia esperienza che saprebbero rispondere al dramma con maggiore decisione e concretezza e forse avrebbero fatto muro prima e non saremmo ridotti in questa situazione.
Ecco, il male di oggi ci faccia riflettere su tutto quanto sopra. A maturare e non fare altri errori, scegliere meglio, non delegare ma partecipare. Almeno a qualcosa sarà servito.
Altrove esiste un'opinione pubblica che non permette a chi governa arroganza o imposizioni,
Natale senza i propri cari a tavola, ma li abbiano nel cuore. Almeno, in altre dimore, li abbiamo. Pensiamo a chi, purtroppo, non ha dimora perché ci ha lasciato per sempre. Irrimediabilmente.
Buon Natale da Genova3000, redazione ed editore, e da me personalmente.
Dino Frambati