La Loggia di Banchi
Da qualche tempo, sul sedile di marmo sotto la balaustra destra della facciata della
Loggia di Banchi (quella di sinistra non si vede perché occultata da un banchetto di un venditore cinese di dvd), non si assidono più i pensionati come nel secolo scorso, e neppure i diversi freaks metropolitani (maturi tossicodipendenti, etilici a serio rischio cirrosi, esagitati al limite del TSO) che non di rado, negli ultimi tempi, infastidivano i passanti. Per liberarsi di tali habitué si è trovata una soluzione, ideata dal Comune e autorizzata dalla Soprintendenza: il sedile di marmo è stato occupato da alcuni pannelli di plexiglas - sorretti da quattro zanche metalliche - con vedute storiche della piazza, corredate da una brevissima storia di questo luogo. A dire il vero – per usare un'espressione veneta – è stato peso el tacòn del buso (peggio la toppa del buco). Infatti i suddetti freaks, aumentati di numero, si sono accampati sui gradini laterali della Loggia e su quelli degli edifici circostanti.
Interessante e curiosa tuttavia è la storia “non ufficiale” della Loggia e dei suoi frequentatori.
UNA GALLERIA MAZZINI ANTE LITTERAM
«La loggia del nostro Banchi è forse de' più belli edifici publici che habbiamo qui in Genova, ma di più che i garzonastri la guastano del continuo, senza dubio poi è uno dei più sporchi luoghi che possan trovarsi parlando di quelli che servono a sì bel uso e sì necessario. I garzonastri già detti vi dormono, vi cacano, vi pisciano, vi vomitano e sogliono lasciare i segni alla mattina su le panche con quantità di pidocchi. Subito che sono levati da dormire, tirando sassi grossi contra il muro e la cornice scrostano l’una cosa e l’altra, et esse sassi cadendo dall’alto rompono i pavimenti ne quali sono già rotture tali che non solo si è tolta quella ugualità gustosa che invita a passeggiare ma vi si passeggia con pericolo di rompersi i piedi».
Se non fosse per gli arcaismi di certe espressioni e l'uso di vocaboli ormai desueti, sembrerebbe una lettera di lamentele dei nostri giorni inviata al “Secolo XIX”. Trattasi invece di un brano tratto dal manoscritto di Andrea Spinola - intitolato “Ricordi” e redatto tra i tardi anni Dieci e i primi anni Venti del Seicento - in cui l'aristocratico genovese descrive lo scempio cui era diuturnamente sottoposta la Loggia dei Banchi. Che per di più all'epoca aveva pochi anni di vita essendo stata edificata - su progetto del Vannone e la collaborazione di Giovanni Ponzello - intorno al 1590. Dal che si comprende come la Loggia, una sorta di piccola Galleria Mazzini ante litteram, fosse tenuta sempre aperta notte e giorno.
“GARZONI SCIOPERATI E UOMINI VILI”
Nel 1752 l'edificio viene sottoposto a un restauro. È in questa occasione l'inserimento sulla facciata che si apre su piazza Banchi - ma solamente nella parte superiore degli archi - di tre grandi vetrate dagli infissi lignei, in quanto gli ingressi continuavano a rimanere aperti.
«Il lato di mezzogiorno è chiuso da un parapetto – scrisse un viaggiatore anonimo nel 1818 – a cui sono appoggiate molte botteghe in legno di merzari, chincaglierie ed altro. Gli archi di sopra son chiusi da invetriate. Dovrebbonsi chiudere parimenti gli altri tre archi a ponente per renderne l'ambiente più dolce all'interno. Sarebbe poi bene sgombrarla dalle anzidette botteghe e destinarla alle radunanze del commercio per i sensali banchieri e agenti delle operazioni commerciali. Al contrario ella è abbandonata al pubblico al segno che ella è il ricettacolo della feccia dei paesi, massime alle ore della notte che riceve oscuri agenti di un commercio infame».
«Il solito mal vezzo dei popoli marittimi di ammonticchiare le cose – ci informa un paio di decenni più tardi lo scrittore Giuseppe Banchero - aveva tollerato che uno de' fianchi della Loggia, sì nell'interno, come nell'esterno, fosse accecato da bottegucce di legno; e che dentro vi riparassero garzoni scioperati e uomini vili».
Non a caso, in una stampa della seconda metà del XVIII secolo, all'ingresso della Loggia si intravede la sagoma di un soldato – un addetto alla “security” dei nostri tempi – con tanto di fucile a tracolla per tenere lontano i perdigiorno e i poco di buono e garantire l'ordine pubblico.
VETRATE PER LA BORSA DI COMMERCIO
Nel 1839 il Municipio finalmente fa sgomberare le bottegucce di legno e concede l'uso esclusivo della Loggia alle “persone applicate al commercio”, ovvero banchieri, negozianti, mediatori, desiderosi di essere informati “di tutte le possibili transazioni speculative e affari commerciali”. Così a tutte le arcate della Loggia vengono applicate le vetrate (“invetriate che fingon l’aperto per ciascun lato e la difendono dalle intemperie”) e – a sud e nord - anche le porte che un custode in alta uniforme, pagato dalla Camera di Commercio, apre alle nove del mattino e chiude alle nove di sera. Ma l'edificio nel pomeriggio, terminate la contrattazioni, è quasi sempre deserto. Solo nelle serate d'inverno vi convengono una decina di sfaccendati i quali immancabilmente si radunano sempre nello stesso angolo e vi rimangono fino all'ora di chiusura.
E finalmente, nel 1855, la Loggia di Banchi, con decreto firmato da Cavour, diventa ufficialmente la sede della "Borsa di Commercio", amministrata dalla Camera di Commercio di Genova.
A quel punto gli scioperati e i perdigiorno vengono definitivamente allontanati, ma stanzieranno perennemente all'esterno della Loggia, seduti sui “bei sedili di marmo”, posti sotto le balaustre dell'edificio.
SCEMPI E MANOMISSIONI PIÙ RECENTI
Nel 1912 viene inaugurato il Palazzo della Nuova Borsa a De Ferrari, destinato ad ospitare la Borsa Valori, lasciando la Borsa Merci (affollata di commercianti, mediatori, sensali, assicuratori e spedizionieri) nella sede storica, ovvero nella Loggia di Banchi.
Trent'anni più tardi, nel corso della Seconda Guerra Mondiale, una bomba anglo-americana centrò il tetto della Loggia, provocando non poche lesioni alla struttura e mandando in frantumi buona parte delle vetrate. Nel 1950 l'edificio fu perfettamente restaurato e le vetrate ripristinate nella maniera originaria. Della statua marmorea di Cavour di Vincenzo Vela - posta al centro della Loggia nel 1863 - dopo il bombardamento rimase solo la testa che venne collocata su una colonnina lignea. Addossati alle pareti esterne si andavano a posizionare o tornavano a posizionarsi i banchetti dei bouquinistes e di mercanzie varie.
L'attività della Borsa Merci ebbe termine nel 1985, quando la Loggia fu svuotata degli arredi storici (scrivanie, tavoli, mobili per ufficio, ecc. che sparirono misteriosamente) in attesa di una nuova destinazione d'uso.
INFISSI METALLICI PER LE “COLOMBIANE”
Nel 1991, nell'ambito dei finanziamenti per le Celebrazioni Colombiane, venne indetto un “Concorso nazionale di idee per il restauro della Loggia dei Mercanti ed arredo urbano di spazi gravitanti su di essa”. Il vincitore, un architetto di Brescia, propose la demolizione degli infissi di legno delle vetrate – peraltro di pregiato pitch-pine, restaurato non molto tempo prima – per poter avvolgere completamente l'intero colonnato con un'enorme fasciatura di cristallo. Nell'ingresso posteriore, su piazza Senarega, intanto veniva inserito una sorta di sarcofago verticale di marmo, in cui avrebbe dovuto trovar posto un ipotetico e malcapitato addetto alla biglietteria. Così avvenne e la struttura fu liberata dagli infissi. A questo punto intervenne la Soprintendenza che, a giochi fatti, affermò che il nuovo progetto avrebbe modificato l'immagine che caratterizzava la Loggia da quasi due secoli. Il concorso fu annullato e vennero applicate delle nuove vetrate, simili a quelle precedenti, ma questa volta in metallo. La scusa ufficiale era che la Loggia era destinata ad ospitare mostre con elementi di grandissimo valore e pregio, per cui gli infissi metallici, meglio del legno, avrebbero opposto maggior resistenza ad eventuali tentativi di furto. Si sarebbe trattato forse di salvaguardare dipinti di Caravaggio e Rubens? A mia memoria, negli ultimi venticinque anni, gli eventi col materiale più prezioso sono stati una mostra su Gilberto Govi e l'attuale esposizione di memorabilia e vecchie attrezzature cinematografiche.
Aldo Padovano
La Loggia di Banchi negli anni Cinquanta
Uomini d'affari all'interno della Borsa di Genova nell'ultimo quarto dell'Ottocento