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Decadenza dalla concessione di autostrade

Giovanni Beverini

La tragedia di Genova ha innescato una battaglia politica sulla opportunità di una immediata

revoca della concessione ad Autostrade per l’Italia S.p.a. (più genericamente di una immediata cessazione del rapporto contrattuale, con la Società concessionaria, per effetto di un atto unilaterale di volontà dello Stato italiano concedente).
Il governo e le forze politiche di maggioranza, rendendosi interpreti del sentimento popolare,  hanno dapprima annunciato e dopo pochi giorni avviato il procedimento volto ad ottenere la decadenza di Autostrade per l’Italia dalla concessione.
I partiti di opposizione (fra questi Forza Italia) hanno, invece, invocato il rispetto delle regole dello Stato di diritto che impongono, prima della applicazione di qualsivoglia sanzione giuridica, l’accertamento delle responsabilità, in capo ai soggetti sanzionati, con l’osservanza delle garanzie difensive e procedimentali.
La questione ha, senza dubbio, un rilievo politico (attiene, cioè, alle scelte di carattere generale che chi esercita il potere politico deve compiere nell’interesse della collettività).
Poiché regolata da leggi e da atti aventi forza di legge, essa va, peraltro, preliminarmente affrontata su di un piano strettamente giuridico.
Sul piano del diritto, pecca certamente di semplicismo chi ritiene che la cessazione del rapporto di concessione, per effetto della volontà unilaterale dello Stato italiano, comporterebbe - in ogni caso - un prezzo altissimo per lo Stato concedente (un indennizzo stimato tra i 15 ed i 20 miliardi di Euro).
Detto indennizzo è, invero, previsto dall’art. 9 della concessione in questione (disposizione verso la quale si nutrono non poche perplessità), anche nelle ipotesi di grave inadempimento della Società concessionaria.
Resta, peraltro, da vedere se la disposizione contrattuale in questione sia stata validamente apposta dalle parti, considerata la sua evidente contrarietà a norme imperative.
A tale proposito, si osserva, infatti, come l’art. 176 del Codice degli appalti pubblici e dei contratti di concessione stabilisca, in modo espresso, che “qualora la concessione sia risolta per inadempimento del concessionario, trova applicazione l’art. 1453 del Codice Civile”.
Ora: l’art. 1453 c.c. prevede il diritto al risarcimento del danno in favore della parte che lo ha subito ed a carico della parte inadempiente.
Tale diritto, peraltro, per il disposto dell’art. 1229 c.c., non può essere preventivamente e contrattualmente escluso o limitato nelle ipotesi di dolo o colpa grave.
Nel caso di specie, il riconoscimento di una penale, in favore della Società concessionaria inadempiente, integrerebbe, evidentemente, una limitazione del diritto al risarcimento che spetta allo Stato concedente.
Ove fosse accertato un inadempimento per colpa grave, a carico di Autostrade per l’Italia S.p.a., l’art. 9 del contratto di concessione non potrebbe che considerarsi nullo.
Ciò premesso, non pare che il Governo abbia agito con le cautele e l’avvedutezza che una controversia complessa quale quella scaturita dal disastro di Genova imporrebbe.
Qualsivoglia iniziativa contro Autostrade per l’Italia S.p.a. avrebbe dovuto, invero, essere preceduta dalle necessarie ed approfondite verifiche tecniche, volte a stabilire le cause del crollo del Ponte Morandi (difetto di progettazione e/o vizio di manutenzione) e gli specifichi comportamenti omissivi posti in essere dai soggetti, ad essi, preposti.
Azioni di carattere esplorativo, non fondate su preventive indagini di ordine tecnico, oltre che poco serie, corrono il rischio di essere votate all’insuccesso.
L’analisi giuridica si ricollega qui a quella politica: anziché ricercare l’immediato consenso popolare, un governo dovrebbe perseguire l’effettiva tutela degli interessi della comunità.

Avv. Giovanni Beverini
Responsabile Giustizia Forza Italia per la Città Metropolitana di Genova

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