Musica nuova a teatro
Certo, il teatro. Certo, la cultura. Certo, il dibattito. Ma non sono, non devono, non possono
più essere mondi diversi, compartimenti stagni, monadi che non si incontrano, come rette parallele.
E, fortunatamente, quello che sta succedendo in queste ore a Genova e in Liguria ci racconta un'altra storia, una storia di progetti, di percorsi, di crossover, di una nuova generazione di idee che nascono, crescono e si sviluppano sulle proprie gambe.
Ha iniziato lo Stabile di Angelo Pastore e Gian Enzo Duci ospitando nelle sue sale, contemporaneamente e quasi casualmente perché le programmazioni erano state fatte prima, un progetto con Fabrizio De Andrè al centro: al Duse, la conclusione del progetto "Cantautori a scuola" voluto da Ilaria Cavo e dalla Regione Liguria, con la proiezione di "Principe libero", la partecipazione degli attori e pure il dibattito, per una volta non retorico e obbligato, anche grazie alle parole, mai scontate, di Dori Ghezzi.
E poi, tutta la settimana, in scena "Quello che non ho", ideale incontro fra Faber e Pier Paolo Pasolini con Giorgio Gallione alla regia, Neri Marcorè al canto di parole e musica, Maria Pierantoni Giua, semplicemente Giua, alla capacità di emozionare e Guido Fiorato alla scena finale, quella delle lucciole, quella della speranza.
E, ancora, il dibattito con Neri, Giorgio, Dori, la sceneggiatrice del film, a dare un filo sottile che tiene insieme tutto.
Tutta un'altra musica.
Poi, ieri, il Carlo Felice. Dove si sta preparando la prima esecuzione assoluta di un'opera, qualcosa che non accadeva dal 1892. Stavolta, è "Miseria e nobiltà" con la poetica di Totò, di De Filippo, di Scarpetta, messa in lirica da Marco Tutino e pure qui si respira l'aria nuova portata nelle ultime stagioni da Maurizio Roi, anche con iniziative un tempo impensabili come l'adesione del Teatro al Civ di via Roma e della Galleria Mazzini di Pierpaolo Dell'acqua.
E il programma di questi giorni non è altro che la traduzione di questo legame con la città: c'è l'opera, ci sono gli incontri filologico-musicali con i critici, ci sono le presentazioni dei libri; ci sono le prove aperte. Ma, ieri, c'è stato anche molto altro: un'intera giornata che è culminata nella proiezione del film con Totò al Sivori; nelle visite guidate agli allestimenti; nell'illustrazione della regia delle luci e, soprattutto, momento immaginifico su tutti, nella spaghettata comune nel foyer del Teatro, con tanto di tre sponsor: pastificio Moccagatta per il spaghetti; Conserve della nonna per il sugo e Casa del Parmigiano per il formaggio.
Insomma, musica nuova in cucina.
E poi, il capolavoro assoluto di tutta questa storia.
Ieri sera, a Sori, nella stagione del Golfo Paradiso, che il primo cittadino sorprese Paolo Pezzana e il primo cittadino del teatro Sergio Maifredi hanno trasformato in un evento, in identità del paese, in imperativo categorico, in dovere civile.
Nel presentare la serata, Paolo e Sergio hanno usato un'espressione bellissima: "Comunità di Soriteatro" ed è verissimo, è una comunità, che va in gita insieme a vedere spettacoli, fino a Milano e a Berlino, e si emoziona, e si fida di Pezzana e Maifredi, e fa bene a fidarsi.
E già per questo sono eroi civili, meritevoli di pubblico plauso, perchè un conto è fare teatro in centro a Genova e un conto è farlo a Sori.
La scommessa è stata vinta, vintissima.
Sia per la partecipazione popolare e dei cittadini soresi e di tutto il levante cittadino e del Golfo Paradiso e fino al Tigullio, sia per gli artisti in scena.
Erano sul palco Mario Incudine con la sua voce e la sua chitarra e Antonio Vasta con fisarmonica e organetto, che sono straordinari. Mario e Antonio, non solo fisarmonica e organetto.
Abbiamo imparato ad amarli nel loro spettacolo alla ricerca dell'amore insieme a Pietrangelo Buttafuoco, "Il dolore pazzo dell'amore" e il viaggio in fondo al nostro cuore, alla nostra anima, alle nostre viscere in un pozzo di notti insonni e di passione, di pensieri e di racconti di quanto è bello lasciarsi trasportare alla deriva. Prigionieri, gioiosamente prigionieri, di un termometro del cuore che sale in continuazione, di una confidenza, di di una persona, di un'idea, di uno sguardo, di un cuore appeso al collo, di uno sguardo botticelliano che ti guarda da una fotografia e ti entra definitivamente dentro, di un incontro bellissimo di decenni che comunque ti segna la vita, anche quando è difficile e fa venire il fiatone e devi muoverti come un acrobata su un filo di emozioni, di un malessere che percepisci e della voglia di farlo sparire come un mago dei sentimenti.
Mago non illusionista.
Insomma, lì li abbiamo iniziati ad amare.
E poi abbiamo continuato su uno scalo a mare, uno scoglio di Pieve Ligure, nella più emozionante rappresentazione teatrale della nostra regione, il Festival degli scali che Maifredi, Lucia Lombardo e il loro Teatro Pubblico Ligure hanno messo in piedi tanti anni fa insieme ad Adolfo Olcese e alla sua squadra e cresce di anno in anno, con un fondale naturale straordinario come la luna, le stelle, il riflesso delle luci sul mare e le luci delle lampare, dei gozzi, delle navi da crociera, dell'ultimo volo da Roma verso il Colombo, dei mercantili, dei traghetti...
Ecco, in quel magico scenario, Incudine e Vasta hanno firmato la serata più bella degli ultimi anni e dell'"Odissea, un racconto mediterraneo" che è il capolavoro della poetica di Maifredi. Una serata, il Canto del Ciclope raccontato dai due siciliani, che resta dentro, esattamente come aveva fatto Davide Enia toccando tutte le corde del cuore con "La discesa di Odisseo agli Inferi" e il suo canto.
Ieri sera, a Sori, preceduto dalla lettura di "Fame" da parte di Alessandro Cassinis, sorese illustre, il magico capitolo conclusivo di questa trilogia di cui non smetterò mai di ringraziare Sergio e il suo Teatro Pubblico Ligure per avermeli fatti conoscere ed incontrare: "D'acqua e di Rosi, serenate d'amore, d'oggi e di ieri" in cui Incudine e Vasta hanno raccontato l'arte di fare serenate sotto le finestre dell'amata, ridendo, facendo ridere e commuovendo e proponendole anche ai cittadini soresi che potevano prenotare una serenata.
E l'hanno fatto, a partire da Pezzana, il sindaco che è andato sotto il palazzo dove la sua fascinosissima signora lo attendeva e, dopo le note di Incudine e Vasta, dal balcone gli ha detto: "Come si fa a non amare un uomo così?".
Insomma, è andata bene. Certo, non a tutti: nel palazzo successivo, solo per miracolo Incudine, Vasta e tutti noi coro della serenata, non ci siamo presi un secchio d'acqua addosso.
Ma, comunque, è stata una grande serata, con i soresi protagonisti per l'ennesima volta sul palco di "Soriteatro" e serenate personalizzate ed esilaranti.
Su, su, fino ai bis: una splendida esecuzione del prologo di "Liolà" di Luigi Pirandello, che arriva morbida scivolando sul tappeto di note della musica di Nicola Piovani, che ci riportta a "Concerto fotogramma" e scivola anch'essa sotto le dita del maestro Vasta. Altro che red carpet, qui ci sono emozioni vere.
Così come ci sono con "Vuccuzza di ciuri", splendida versione siciliana di "Bocca di rosa" eseguita da Incudine e Vasta con il bollino doc conferito da Dori.
Così come ci sono nel bigliettino di dedica del marito di Giua alla sua musa, lontana e presentissima.
E qui il cerchio di questa storia, gioiosamente, si chiude.
La Puntina
dalla pagina FB di Massimiliano Lussana