San Siro, sestultima stazione della Via Crucis del Genoa
Contemporaneamente alla Via Crucis del Colosseo, il Genoa viveva la sua ennesima Via Crucis a San Siro.
Ancora una sconfitta, ancora nessun gol, un solo tiro in porta e questa volta anche due gol al passivo.
Che dire? Nulla di quello che già si sapeva. La squadra fa la sua onesta prestazione (chi direbbe che abbia giocato male?), ma alla fine in cascina non si porta un filo di fieno.
Il perché, ormai, è risaputo: si gioca, si tiene anche bene il campo, ma non si raccoglie nulla. Perché? Perché non si segna e quando capita una sola occasione, ma ottima, si sbaglia per imprecisione, o per emozione o perché non si è capaci di vedere la porta.
Inutile, come abbiamo sentito dire, accusare Blessin, povera anima, che sta capendo anche lui (come il precedente allenatore) che la qualità dei giocatori non è altissima e che con questo gruppo, caratterizzato certo da orgoglio, da entusiasmo, da forza di volontà e a volte anche di rabbia, è difficile creare occasioni gol. Così si continua a elogiare la prestazione, ma i punti non arrivano e le previsioni sembrano sempre più negative.
Sembra ormai inutile insistere sul fatto che Blessin attua dei cambi, forse troppi o troppo sbagliati: i cambi servono se l’eventuale sostituto offre valore aggiunto che dovrebbe migliorare l’obiettivo del gol. Invece, dato che tutti i giocatori della rosa, in campo e in panchina, offrono una qualità globale che è al di sotto di certi livelli qualitativi, qualsiasi sostituzione non cambierà mai nulla.
Gli stessi giocatori alternano partite buone ad altre insignificanti: basta vedere le valutazioni date, un giorno sei, l’altro cinque, un giorno sette, l’altro quattro. Così andando, non si fa che tenere in equilibrio la gara e perdere, tuttavia, e per leggerezze all’inizio (è incredibile farsi perforare in quasi ogni partita nei primi dieci minuti di gara), e alla fine. Significa che si parte senza la dovuta concentrazione e si arriva col fiatone addosso.
Ora, comunque, visto che per fortuna il clima generale sia della squadra (che sembra avere ancora consapevolezza della sua forza), sia della società, che ama la moderata reazione, quasi il silenzio (soprattutto nei confronti di direzioni arbitrali disgustose e che meriterebbero, invece, qualche giusta reazione societaria), ogni possibile futura avventura potrebbe sempre miracolosamente avere risvolti positivi.
Vi sarà domenica la diretta con il Cagliari, mentre il Venezia se la vedrà con l’Atalanta e la Salernitana con la Fiorentina.
Mancano ancora cinque gare, il Grifo dovrebbe far sue le partite con Samp, Cagliari e Bologna (tutte in casa) e poi sperare anche nelle cadute degli avversari.
Si diceva che la società (al di là delle belle e generose parole del presidente Zangrillo verso i suoi giocatori) non sembra voler drammatizzare troppo, guardando invece avanti e, sembra, pensare di più a comprare club calcistici (è arrivato anche lo Standard Liegi).
La speranza dei tifosi (che continuano ad applaudire, caso mai verificatosi nella storia del Grifo… quando le cose andavano su questi percorsi…) è che i dirigenti stiano già pensando al dopo, e diciamolo senza tremore, a come ristrutturare il tutto in vista della eventuale (facciamo ovviamente scongiuri) retrocessione.
I tempi sono già corti e le programmazioni devono avere gli step giusti. Del resto la holding degli americani è sicuramente una protagonista di livello. Quindi, così come hanno programmato e realizzato l’acquisto di quattro società sportive, si spera riuscirà a programmare (verso l’Europa, come hanno promesso?) anche il futuro del Grifone.
Vittorio Sirianni