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La farsa-Berlusconi

Berlusconi - Don Mazzi

Una lunga permanenza all'università, facoltà di giurisprudenza e una lunghissima attività nel giornalismo,

mi hanno permesso di arrivare da tempo a una tragica realtà: nei Palazzi di Giustizia, dove la legge dovrebbe essere uguale per tutti, avviene tutto il contrario di quello che si insegna negli atenei.

Ricordo un intervento dell'avvocato Alfredo Biondi, che è stato anche il mio legale di fiducia, a un convegno giuridico, quando era ministro della Giustizia. Con la sua abituale ironia l'austero Guardasigilli tradusse il "tot capita, tot sententiae" in un "nelle sentenze può capitare di tutto". Lo diceva seriamente, da professionista del diritto.

All'università i docenti di diritto penale spiegano che per condannare, ci vogliono le prove. Ma i magistrati, per condannare Silvio Berlusconi a 7 anni di galera per frode fiscale, si sono accontentati del principio "non poteva non sapere". Principio che spesso non è stato applicato quando sul banco degli imputati c'erano autorevoli rappresentanti della sinistra, allora si è applicato un altro principio: la responsabilità penale è personale. Ciascuno risponde di quello che fa in prima persona, non di quello che possono aver fatto personaggi del suo staff.

Proprio i giornali di oggi riportano quanto ha detto un prete famoso perché è sempre in televisione, don Antonio Mazzi nella trasmissione di Klaus Davi. Il sacerdote, in veste di confessore, ha fatto una dichiarazione che ha suscitato scalpore: "Perdonerei degli assassini, ma non i magistrati che hanno condannato Berlusconi". Li ha invitati a farsi un bell'esame di coscienza. E poi, ovviamente, a recitare il "mea culpa, mea maxima culpa". Non basterebbe a costoro per ottenere l'assoluzione da don Mazzi, ma potrebbe servire per togliersi un bel peso dalla coscienza".

Quindi per il diritto canonico, nell'interpretazione di don Antonio Mazzi, il Cavaliere meriterebbe l'assoluzione più completa. Però in Italia, almeno per il momento, i processi li fanno i magistrati, che hanno studiato diritto, e non i sacerdoti, che hanno studiato teologia. Dopo i tre gradi di giudizio i magistrati che giudicano in nome del popolo italiano, hanno deciso che Berlusconi è colpevole. Siccome è del 1936, quindi ha una certa età, può evitare le manette e la galera. Può chiedere di scontare la pena agli arresti domiciliari (a Villa San Martino, Arcore, non se la passerebbe poi male) o se essere affidato ai servizi sociali (e don Mazzi nella sua comunità lo accoglierebbe a braccia aperte). La sentenza della Suprema Corte è di agosto, siamo a marzo e non è ancora successo niente. Anzi il leader di Forza Italia ha annunciato di volersi candidare alle Elezioni Europee e in tutte le 5 circoscrizioni. Perché sa che senza il suo nome in cima alla lista per Forza Italia potrebbe essere un flop. I suoi oppositori fanno notare che in base alla legge Severino per sei anni non potrebbe presentarsi, c'è l'interdizione. Ma i suoi legali spiegano che potrebbero fare ricorso al Tar e in Cassazione. E che potrebbero pure sollevare la questione di incostituzionalità.

Infine c'è Daniela Santanchè che sta raccogliendo firme per chiedere a Giorgio Napolitano di concedere la grazia. Anche la compagna del direttore de "Il Giornale" Alessandro Sallusti ha studiato giurisprudenza. E quindi sa che il presidente della Repubblica può concedere la grazia solo se la chiede l'interessato, e Berlusconi ha giurato che non la chiederà mai perché si considera innocente.

Tutto questo avviene in Italia, la patria di Cesare Beccaria. Una volta eravamo la culla del diritto. Oggi siamo una repubblica delle banane. E allora può succedere di tutto, come diceva Biondi quando era Guardasigilli.

 

Elio Domeniconi

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