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Sede Ac Genova, ritornano all’antico splendore i dipinti murari del Beroggio

Si è tenuta oggi presso l’Automobile Club Genova l’inaugurazione di fine restauro dei cinque dipinti murali in stile razionalista nel salone “Susanna Marotta”, intitolato alla storica ex direttrice. Hanno partecipato all’evento per l’Ac Genova il presidente Carlo Bagnasco e il direttore Raffaele Ferriello affiancati da Caterina Olcese (Soprintendenza) e dalle restauratrici Aurelia Costa e Amalia Sartori. Presenti anche don Massimiliano Moretti (vice direttore Cappellani del Lavoro), don Mario Passeri (Segretario Cappellani del Lavoro), Orazio D'Anna (Questore) e Vincenzo Falcone (Consigliere Comune di Genova).

“Siamo orgogliosi di aver restituito alla comunità genovese quella eccellenza”, sottolinea Carlo Bagnasco. “L’Automobile Club Genova è un mondo di servizi ma anche una filosofia di vita. Siamo al servizio della collettività e vogliamo essere per la città e per i genovesi un partner sempre più amico e vicino per ogni esigenza. I nostri servizi vanno oltre il trasporto e la mobilità e anche questa operazione culturale rappresenta al meglio la nostra identità di ente pubblico al servizio della comunità”.

I 5 dipinti riaggiornati negli anni Cinquanta mostrano i monumenti dell’Italia razionalista: si vede in primo piano la torre del Piacentini, il grattacielo che l’architetto aveva realizzato perché Genova a quell’epoca strizzava l’occhio alle città statunitensi. Ci sono sezioni dedicate, invece, all’Italia che fu, e per quanto riguarda Genova sono raffigurate la Cattedrale di San Lorenzo e Palazzo San Giorgio. I tre disegni centrali, invece, rappresentano il porto, quello antico, medievale, e quello dell’epoca in cui furono realizzati. C’è una planimetrica in cui si vede la Diga Foranea, che è stata costruita negli anni Trenta.

“L’importanza del restauro di quella che all’epoca era la sede del Regio Automobile Club, costruzione che si trova proprio al centro di un complesso di edifici in stile razionalista che ancora oggi caratterizza questa area, è accresciuta dal fatto che la sede dell’attuate Ac Genova è l’unica costruzione liberamente accessibile che permette di ammirare la raffinatezza dei marmi di vari colori, i dipinti, la scelta dei materiali che caratterizzarono quell’importante corrente architettonica”, spiega Raffele Ferriello, direttore dell’Automobile Club Genova. “Siamo orgogliosi di aver riportato queste opere all’antico splendore e saranno un ulteriore attrazione per i visitatori di Genova nei 9 giorni del Grand Finale di The Ocean Race che vedrà il nostro Automobile Club protagonista con numerose attività”.

I dipinti del Beroggio raccontano la modernità di Genova, ma anche la sua storia, raffigurando una specie di percorso ideale fra le città d’ Italia, richiamate attraverso edifici, alcuni molti famosi, che ben le rappresentano come il Colosseo, ma ci sono anche monumenti moderni difficili da identificare mentre non ci sono dubbi guardando la Mole Antonelliana o la stazione di Milano. Al termine di questa cavalcata si trovano gli edifici più rappresentativi della città e, per la Genova moderna, piazza Dante.

“Le ricerche per il restauro dei dipinti murari che decorano la sede dell’Ac Genova portano alla luce una scoperta”, sottolinea Caterina Olcese, storica dell’arte della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Genova e La Spezia. “Non sono quelli originali realizzati dal pittore Teresio Beroggio su richiesta dell’ingegner Camillo Nardi Greco e l’architetto Lorenzo Castello, esponenti di spicco dell’architettura razionalista dei primi decenni dello scorso secolo. Le cinque raffigurazioni realizzate all’inizio degli anni Quaranta, infatti, rappresentavano scene legate al mondo dell’automobile e la pianta della città.  Ci siamo resi conto che questi dipinti sono un intervento successivo alla realizzazione dell’edificio, che venne inaugurato nel 1939, ma dopo la guerra forse perché deteriorate, probabilmente lo stesso Beroggio fu chiamato a ridipingerle, scegliendo nuovi soggetti, quelli attuali”.

Tutti i dipinti murari sono stati realizzati a secco e a tempera, non ad affresco, cosa che negli anni ha causato parte dei problemi di conservazione, come spiegano Aurelia Costa e Amalia Sartori, le due restauratrici che hanno anche accertato che alcuni interventi del passato per pulire i dipinti avevano finito per portare via una parte della pittura.

“Lo strato pittorico – raccontano - era molto sottile ed è stato steso su uno strato di calce di colore nocciola. Al sopra della pittura si era depositato uno strato di polvere in parte dovuta agli scarichi dei veicoli, e quindi abbiamo dovuto eliminare questa pellicola nera. L’ operazione è stata eseguita a secco, con pennelli morbidi, gomme soffici, e piccoli aspirapolvere, di quelli che si usano per i restauri dei tessuti. Le pitture murali presentavano anche numerose piccole lacune sparse su tutta la superficie, che presentavano al loro interno grumi di calce che a loro volta hanno causato il distacco della pittura e quindi abbiamo provveduto alla stuccatura. Siamo intervenute anche con una malta formata da calce, sabbia e polvere di marmo, e con piccole spatoline di precisione. Messi in sicurezza gli intonaci e la pellicola pittorica siamo intervenute con gli acquarelli a velatura sulle lacune e le abrasioni per rendere leggibilità al motivo originale del dipinto”.

L’inaugurazione dei dipinti si è chiusa con la benedizione di don Massimiliano Moretti (Vice Direttore Cappellani del Lavoro), inviato dall’Arcivescovo di Genova Marco Tasca.

Il consigliere comunale Vincenzo Falcone ha rappresentato il Comune di Genova

 

L’EDIFICIO SEDE DELL’ACI E IL SALONE

Realizzata su progetto di Camillo Nardi Greco e Lorenzo Castello, la sede genovese dell’allora RACI (Regio Automobile Club d’Italia) venne inaugurata in viale Duca d’Aosta, oggi viale Brigate Partigiane, nel dicembre 1939. Si concludeva così quella serrata successione di architetture che tuttora nel loro insieme costituiscono, in città, un vero e proprio “distretto del moderno”: i vicini edifici di piazza Rossetti, di Luigi Carlo Daneri (1936-1958); il Ristorante San Pietro, di Mario Labò (1937); la sede della Questura, di Alfredo Fineschi (1937); la Casa del Mutilato, di Eugenio Fuselli (1938) e la Casa dei Pescatori, di Luigi Vietti e Mario Braccialini (1939).

Nardi Greco, ingegnere di formazione romana, e Castello, architetto laureato a Torino, avevano già felicemente collaborato per la Scuola della Giovane Italiana del Littorio, poi Facoltà di Magistero, in corso Montegrappa (1937), caposaldo del razionalismo a Genova, originale costruzione impostata su andamenti curvilinei, con effetti di forte suggestione luministica all’interno.

In particolare Nardi Greco si era rivelato attento a dettagli, arredi e aspetti cromatici, nelle colonie di Savignone (1933; giocando su bianco, nero, rosso, blu e oro, vi aveva progettato perfino stoviglie e posate), Rovegno (1934) e soprattutto  Chiavari (1935), ove si era avvalso dell’apporto del pittore Demetrio Ghiringhelli, il quale, sebbene di formazione accademica, aveva saputo adeguarsi alle innovative forme dell’edificio, ove si coniugano elementi dinamici, espressionisti e futuristi.

Allora affiancata da una moderna stazione di servizio, poi demolita, e dotata di ampi spazi per uffici e servizi tecnici (piano seminterrato e primo piano), nonché concepita come luogo di ritrovo per i soci (secondo piano), nonostante successivi ampliamenti, la sede dell’ACI - la cui prima pietra era stata posata nel 1936 - ha mantenuto intatta, all’esterno, la sua raffinata semplicità, determinata dal contrasto tra “pieni” (le superfici chiare dei muri) e “vuoti” (gli androni d’ingresso e gli alti finestroni del salone, sul lato destro del prospetto, asimmetrico) e dai paramenti in travertino.

All’interno grande cura fu riservata al salone per il pubblico. Nell’ottica di una progettazione unitaria e globale, raffinati contrasti cromatici furono affidati ai rivestimenti, in marmo rosato, per le pareti, e verde chiaro, per i pavimenti, nonché a sobri ma funzionali arredi, con impiego di moderni materiali industriali e autarchici, quali linoleum e cristallo, purtroppo perduti.

Il luminoso ambiente fu impreziosito da cinque dipinti murali, realizzati da Teresio Beroggio (Torino 1898-Genova 1968), che pure lavorò al piano superiore, nelle sale di ritrovo per i soci e del ristorante (oggi non più esistenti), giocate su rossi, rosa e bianco.

 

I DIPINTI MURALI

L’intervento di Beroggio esemplifica la stretta integrazione tra architettura e decorazione, che, in sintonia con esperienze internazionali, caratterizzò gli anni tra le due guerre, rispondendo a un’esigenza diffusa di più ampia fruizione della pittura da parte di un vasto pubblico.

Insegnante di ornato all’Accademia Ligustica, probabilmente sollecitato da Nardi Greco e dalla destinazione dell’edificio, il pittore abbandonò il tradizionalismo che ne impronta invece la produzione ecclesiastica, per aderire a soggetti moderni. Come si evince da foto d’epoca, le pitture erano infatti dedicate all’automobilismo, alla città di Genova e al contrasto tra passato e presente.

Rapidamente rovinati, nel secondo dopoguerra, con la riapertura della sede, nel 1947, e i relativi necessari lavori di ripristino, i dipinti vennero tuttavia quasi del tutto rifatti ex novo entro il 1950.

Alla pianta di Genova, ancora al centro, furono accostate, ai lati e en pendant, due scene raffiguranti il suo porto, una nel passato, ove spiccano la Lanterna, Porta Soprana e Porta Siberia, e l’altra nel presente, culminante nella Stazione Marittima Andrea Doria di Luigi Vietti; nei riquadri figurano immagini di tutte le sue componenti, a richiamarne la poliedrica e febbrile attività, nonché le sue trasformazioni nel tempo (velieri, carri trainati da animali e attività manuale contrapposti a moderne navi, chiatte, rimorchiatori, gru, camion e vagoni ferroviari).

Agli estremi e pure incentrate sul confronto tra ieri e oggi sono poi due rappresentazioni allegoriche delle città italiane. Emblematicamente evocate la prima da noti edifici storici, simbolicamente allusivi, e la seconda da architetture moderne (come la Mole Antonelliana e la Stazione di Milano), sovente di allora recentissima concezione (non tutte facilmente identificabili, vi si riconoscono per esempio l’albergo La Torre di Sestrière, di Vittorio Bonadè Bottino; l’Università Bocconi, di Giuseppe Pagano; la nuova sede del Banco di Roma, di Cesare Scoccimarro; l’albergo SIVA di S.Stefano d’Aveto, di Piero Barbieri), entrambe le scene terminano con la celebrazione del capoluogo ligure. In primo piano e in basso compaiono infatti Palazzo San Giorgio, la torre dei Morchi e la Cattedrale di San Lorenzo, da un lato, e piazza Dante, con i suoi grattacieli e la galleria Cristoforo Colombo, dall’altro.

Ad animare questi curiosi assemblaggi - per realizzare i quali l’artista, ricorrendo alla sintesi, si avvalse abbondantemente di fotografie, lavorando altresì di fantasia e talvolta concedendosi licenze - è soprattutto la presenza di mezzi di trasporto, antichi e attuali.

Beroggio collaborò ancora con Nardi Greco e Castello nella Casa della Madre e del Bambino di via Reti, a Sampierdarena (1939-40, oggi asilo nido), ove realizzò decorazioni murali su temi religiosi e di propaganda.

 

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