Violenze riconducibili ai cosiddetti ‘malati di mente’, legge Basaglia fondamentale ma da riformare
La barbara uccisone della giovane collega medico psichiatra avvenuta a Pisa mi impone di riscrivere queste considerazioni.
Gli omicidi, i suicidi e le violenze riconducibili ai cosiddetti malati di mente, rendono sempre più urgente una revisione della cosiddetta Legge 180, meglio conosciuta come Basaglia, quella che chiuse i manicomi. Ogni volta però che qualcuno osa solo pensare di intervenire su questa Legge, viene immediatamente bloccato da un mare di polemiche se non di insulti.
Perché? A mio avviso tali polemiche sono del tutto ingiustificabili e riferibili ai seguenti punti:
1 speculazioni politiche 2 difesa di concetti che vengono considerati come dei dogmi,
3 ignoranza della materia.
Bertrand Russell affermava che “il danno arrecato da una religione è di due specie, uno dipende dalla natura generica della fede, l’altro dalla natura particolare dei dogmi accettati. Per quanto riguarda la natura della fede se l’evidenza contraria fa sorgere dubbi, ritiene di doverli sopprimere”. Queste parole ben ci aiutano a capire le ferme opposizioni a qualsivoglia modifica della Legge 180 da parte degli individui appartenenti alle prime due categorie che stiamo prendendo in esame. Per loro a nulla valgono i pressanti appelli che provengono dai parenti dei malati, ugualmente distribuiti fra destra e sinistra e soprattutto dall’Associazione per la Riforma dell’Assistenza Psichiatrica. Nessuno mette certo in dubbio che la Legge 180 abbia il merito di avere chiuso i manicomi ma ha lasciato aperti numerosi gravissimi problemi, soprattutto quelli legati alla diagnosi ed alla cura di quei malati che non accettano di curarsi volontariamente.
Scriveva Enzo Biagi nel 1997: “Abbiamo rotto lo specchio, i manicomi, perché non riflettessero la realtà, in nome della dignità personale. Come se i parenti dei malati di mente non meritassero rispetto ed aiuto. Quanti delitti in nome della libertà”. Antonello Trombadori, che da deputato comunista votò la Legge se ne pentì molto presto e scrisse: “la legge 180 prevede due soluzioni per chi soffre di mente: o il nulla o il manicomio criminale per quelli che ammazzano”.
E così arriviamo alla terza categoria degli oppositori alla riforma della 180: gli ignoranti, ovviamente solo della materia specifica.
Questa è la categoria più pericolosa, la più numerosa e la più influenzabile dagli slogan. Soprattutto per loro scrivo queste parole, con la convinzione che siano desiderosi di apprendere anche altri aspetti di una verità troppo spesso comunicata a senso unico.
Sono medico ormai da quarant’anni, neurologo da 36. Ho insegnato Psicologia Medica all’Università, effettuato una psico-analisi didattica, ed ho esercitato la professione di neuropsichiatra anche in altri paesi, gli USA e la Francia. Ho vissuto la crisi della psichiatria tradizionale, la nascita della cosiddetta antipsichiatria, l’invasione delle teorie psicoanalitiche più disparate fra le quali quella che arrivava a negare l’esistenza della malattia psichica classificandola invece come un fenomeno sociale. Ho visto utilizzare gli elettroshock ed ho seguito film-documentari come: “qualcuno volò sul nido del cuculo”, che sicuramente influenzarono anche i legislatori, nei lontani anni ’70. Considero la 180 come una legge innovativa e lodevole, come affermato il 7 aprile 2005 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Essa ha trasformato l’assistenza psichiatrica da quasi esclusivamente custodialistica a terapeutico-riabilitativa. Ammiro i tantissimi progetti di grande valore umano che coinvolgono pazienti psichiatrici e sono diffusi in tutta Italia grazie alla buona volontà di molti operatori ed amministratori pubblici. Mi sento però veramente disarmata ogni volta che non posso dare risposte accettabili a tutti quei genitori, fratelli, o coniugi di pazienti affetti da gravi turbe psichiche e che l’attuale testo di Legge lascia quasi completamente allo sbaraglio. Infatti gli articoli della legge 180, poi recepiti nel dicembre dello stesso anno nella Legge 833, hanno determinato che il malato psichico grave sia altrettanto libero e responsabile quanto una persona sana, per scoprire che non lo è solo nel momento in cui compie un reato, cioè quando si applicano, anche a lui, le norme del codice penale. Silvia Bencinelli, medico e giornalista, scrisse così: “una legge dello Stato italiano ha riconosciuto in termini giuridici l’obsolescenza del concetto per cui il malato di mente è pericoloso per sé e per gli altri. Contestualmente all’approvazione della legge 180 fu espunto dal Codice Penale il concetto di pericolosità per malattia mentale.”
Ma allora che strumenti abbiamo per prevenire i crimini commessi dai gravi malati psichici, spesso su persone legate a loro da vincoli di affetto? Nessuno.
Chi ha ucciso l’ennesima giovane vittima della follia? Tutti gli oppositori alla riforma di una Legge incompleta.
La maggior parte dei cittadini ma anche molti politici ignorano questa realtà nella sua crudezza.
Isabella De Martini
Medico neuropsichiatra
Ex europarlamentare