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Cristoforo Colombo va difeso, non solo a Genova ma nel mondo

La statua di Cristoforo Colombo a New York e Susy De Martini, ambasciatrice di Genova nel mondo

Ogni volta che sono a New York passo a salutare la splendida statua di Cristoforo Colombo, a Columbus Circle, a due passi da casa. Lo faccio per accertarmi che sia ancora lì, nonostante i numerosi tentativi di eliminarla, e per sentirmi sempre vicina alla mia amatissima Genova.

In nome del Politically correct stiamo assistendo infatti e purtroppo, al tentativo di cancellazione, spesso accompagnato dalla violenza, della figura di Cristoforo Colombo. Ma cosa spinge in realtà tante persone a lasciare traccia di sé su quelle statue, con pennelli, bombolette-spray o addirittura martellate? E che cosa spinge a voler addirittura cancellare dal calendario una data importante per gli italiani sparsi in tutto il mondo, quale quella della scoperta dell’America? Si tratta solo del desiderio di rivendicare le offese subite dagli Indigeni nativi, addossandone tutte le colpe al povero Colombo, o esistono motivazioni più articolate? Penso proprio di sì.

Fra le esigenze umane è fondamentale l’espulsione delle sostanze riconosciute come “tossiche” dall’interno del proprio corpo all’esterno, siano esse escrementi o situazioni di conflitto e dolore. I bambini piccoli, come sappiamo non sono in grado di contenere urina e feci fino a che non apprendono il controllo dei propri sfinteri.

Noi adulti non lo facciamo più, perché abbiamo imparato ad armonizzare il comportamento della nostra mente con quello del nostro corpo! Controlliamo così sia i nostri sfinteri che le nostre reazioni durante situazioni stressanti o dolorose. Ma è sempre così? Purtroppo no.

La mente umana tende ad eliminare le parti da lei riconosciute come dolorose, non solo come rifiuti organici ma anche come aggressività sulle persone e gli oggetti esterni, quale tentativo di eliminare la sua sofferenza. In altre parole noi adulti, quando abbiamo qualche problema, cerchiamo un colpevole all’esterno di noi stessi e poi troviamo una scusa per eliminarlo/espellerlo, proprio come il bambino che non si sa controllare e si fa la pipì addosso.

Gli escrementi non sono quindi più intesi soltanto come sostanze da eliminare ma anche come strumenti che permettono di danneggiare l’ambiente e di impossessarsene, ad esempio sporcandolo o modificandolo a proprio piacere. In questo modo gran parte del proprio malessere, e dell’aggressività, viene indirizzato all’esterno, e la sofferenza viene così diminuita. Tradotto nel linguaggio comune, è necessario superare questa fase infantile dell’espulsione incontrollata e distruttiva per divenire adulti equilibrati!  Ma questo passaggio importante se non avviene con l’aiuto e l’amore dei genitori, della Società o di un terapeuta se necessario, può avere conseguenze, a volte molto negative e dare luogo ad adulti nevrotici: persone che desiderano, nuocendo oltretutto anche a se stessi, distruggere, la persona, o gli oggetti diversi da loro. Questo avviene nelle violenze domestiche o per infangare e distruggere avversari, anche politici, scomodi.

In parole semplici che avviene nella psiche dei nostri imbrattatori o distruttori di simboli o di statue?

Avviene che la dose di cattiveria e sadismo che si portano dentro tenda a distruggere l’oggetto, sia esso una statua o un simbolo o un rivale, per cercare di superare, sbagliando, un proprio limite o un proprio conflitto interiore.

Il nostro compito, quali persone mature, che non imbrattano né distruggono o calunniano, per comunicare il proprio pensiero, è quello di difendere le nostre tradizioni ed i nostri simboli. Solo tutti insieme ce la potremo fare!

Susy De Martini

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