Quando Genova era la capitale dell'editoria
Ora Genova rischia di rimanere anche senza giornali. "Il Secolo XIX" si è fuso con "La Stampa"
e quindi è passato nell'orbita di Torino. La sorte del "Corriere mercantile" diventa ancora più incerta, visto che da anni viene venduto assieme a "La Stampa". C'è "Il Giornale della Liguria", abbinato a "Il Giornale", ma gli editori sono di Beinette, provincia di Cuneo, ci azzeccano poco con Genova.
Eppure Genova in tempi non molto lontani era addirittura la capitale dell'editoria e il grande Ernesto Fassio (che era anche comproprietario de "Il Tempo" di Roma) aveva addirittura costruito il Palazzo dei Giornali in Via Varese.
Il "Secolo XIX" era il giornale della borghesia, lo dirigeva il liberale Umberto Vittorio Cavassa.
I socialisti avevano "Il Lavoro" (diventato "Lavoro Nuovo" dopo la Liberazione), poi diretto da Sandro Pertini, futuro presidente della Repubblica. I comunisti avevano l'edizione ligure de "L'Unità", con fior di direttori come Gelasio Adamoli e Aldo Tortorella.
Il banchiere Giannetto De Cavi aveva dato vita a "Il Corriere del popolo". Dopo il suo misterioso fallimento gli industriali avevano dato vita al "Corriere della Liguria". I cattolici leggevano "Il Nuovo Cittadino" quotidiano della Curia, diretto prima da monsignor Luigi Andrianopoli e poi dal laico Luigi Vassallo, che in seguito doveva dar vita all'edizione ligure de "Il Giornale" quando Piero Ottone aveva spostato "Il Secolo XIX" troppo a sinistra, secondo i gusti degli imprenditori. Il "Corriere mercantile" era il giornale della sera.
Al lunedì, poi, c'era solo l'imbarazzo della scelta. Gli sportivi leggevano "Il Piccolo" che usciva con la carta rosa. Firmavano le partite di Genoa e Sampdoria Walter Innocenti e Renzo Fravega, piaceva molto anche la disegnata di Nino Gotta. Il più venduto era il "Corriere del pomeriggio", controllato dalla DC e in particolare da Paolo Emilio Taviani, i servizi sportivi erano diretti dal leggendario Renzo Bidone. La "Gazzetta del lunedì" aveva sede in un appartamento di via Roma. Erano famosi gli editoriali di Italo Sulliotti, Kronos. Quando l'editore Fassio la affidò a Umberto Bassi, ci fu un boom dovuto alla pagina riservata alle lettere dei lettori. Bassi doveva poi ideare Telegenova. In seguito volle tentare l'avventura con un quotidiano di centro-destra che contrastasse "Il Secolo XIX" ormai troppo a Sinistra. Ma la "Gazzetta di Genova" ebbe vita breve.
Pullulavano anche i settimanali. Gino Magno aveva dato vita a "Il Genovese" e ci campava. Michele Dell'Olio Lespine arrivato da Andria era un vulcano di idee. Con la Ferrpress di Arturo Ferrando dette vita a "Genova notte" (con l'inserto Genova notte sport che veniva distribuito allo stadio) poi "L'Eco di Genova", con l'aiuto del socialista Franco Fossa) e "Il Lunedì" edito in cooperativa.
Il bancario Pino Williner aveva ideato "City", settimanale, prima esempio di free-press, veniva spedito in tutti i uffici pubblici.
Cesare Lanza, grande direttore, ha fatto anche l'editore: "Il Buongiorno", con varie specializzazioni, porto e arte, poi Il Lavoro del lunedì.
Piero Sessarego, in un momento di euforia, dopo la pensione accettò di dirigere addirittura un quotidiano sportivo, "City sport", che però doveva durare solo venti giorni. E infine una pletora di rotocalchi, da "Liguria", diretto da Paolo Zerbini, a "Genova Vip", che fece conoscere la Genova mondana.
Ora non c'è più niente. Genova matrigna ha mandato al macero anche i giornali.
Elio Domeniconi