La fine della Fiera
C'era una volta la Fiera di Genova, la Fiera del Mare come preferivamo chiamarla. Era nata da un'intuizione
del senatore Carlo Pastorino e aveva dato un grande sviluppo alla città.
Il Salone Nautico, in tandem con l'Ucina, riempiva tutti gli alberghi e tanti operatori dovevano andare in riviera. Per gli operatori economici era tanta manna. Un mio amico, il compianto Alfredo Ristori, titolare del Ristorante San Pietro (oggi c'è l'Ippogrifo) diceva: "Io con gli introiti del periodo del Salone sono a posto, negli altri mesi posso pure fare salotto per gli amici".
Il Salone Nautico richiamava visitatori da tutta Italia. E ogni quattro anni Euroflora era un avvenimento di risonanza mondiale.
Oggi si apprende che la Fiera, che pure riusciva a far tutto con soli 57 dipendenti, verrà dimezzata. 31 sono in esubero. Nessuno verrà licenziato perché ci sono tante aziende partecipate, gli esodati dalla Fiera verranno sistemati lì.
Il piano escogitato per salvare la Fiera prevede la nascita di due società: una per la gestione, l'altra per gli immobili. In tutto 30 addetti.
E' già stato annunciato che il nuovo Salone Nautico durerà solo 5 giorni, così si diminuiscono le spese. Altre manifestazioni verranno annullate perché chiudevano in rosso mentre si deve lavorare per produrre utili.
Tutto questo deve fare riflettere. E' chiaro che la Fiera deve fare business, come avviene in tutte le Fiere del mondo. In Lombardia hanno dovuto costruirne una nuova a Rho perché quella di Milano non basta più. Il Nautico e Euroflora fanno gola a tanti.
In passato la Fiera, per motivi politici, è stata assegnata a personaggi mediocri. Ma ora al vertice c'è una donna manager del calibro dell'avvocato Sara Armella. E' stato richiamato a Genova come amministratore delegato quell'Antonio Bruzzone che tutti considerano il numero uno. E allora? Qualcosa non quadra.
I sindacati hanno fatto notare il silenzio dei vari enti azionisti della Fiera: Comune, Provincia, Regione, Camera di Commercio e Autorità Portuale. Si preoccupano solo della salvaguardia dei livelli occupazionali. Invece dovrebbero preoccuparsi prima di tutto dello sviluppo della Fiera. E questo sarebbe possibile solo potenziando i vari settori. Come si può pensare di salvare la Fiera dimezzando i dipendenti? Gli economisti direbbero che è follia pura.
E allora? Per me non c'è che una via d'uscita: privatizzare la Fiera. Altrimenti la chiusura sarà inevitabile. E' questo che si vuole?
Elio Domeniconi