La ribellione contro Merlo
Si sono riuniti nella Sala dei Capitani di Palazzo San Giorgio circa 120 dei 200 dipendenti dell'Autorità Portuale.
Non si sono rivolti ai sindacati, accusati , come suol dirsi di "menare il can per l'aia" (e una cinquantina non hanno rinnovato l'iscrizione).
Motivo della riunione d'urgenza: hanno ricevuto una lettera, firmata Luigi Merlo, nella quale si annuncia un'altra decurtazione dello stipendio (una prima c'era già stata). Una decurtazione che, a seconda degli stipendi, potrà variare dai 200 ai 500 euro mensili. Molti di loro hanno mutui da pagare. Per tanti sarebbe difficile arrivare alla fine del mese.
Merlo ha dovuto mandare quella lettera perché i revisori dei conti di Palazzo San Giorgio avevano espresso i loro dubbi alla Corte dei Conti. E la Corte dei Conti ha parlato di una errata applicazione. Perché la Legge Monti, pur usando termini inglesi, era stata chiara. La legge sul risparmio significava decurtazione degli stipendi.
Questa legge a Palazzo San Giorgio non è mai stata applicata. Tutti, a cominciare dai maggiori dirigenti, hanno continuato a prendersi lo stipendio intero. E adesso, a cominciare dal presidente Luigi Merlo e il segretario generale Giambattista D'Aste, potrebbero essere obbligati dalla Corte dei conti a risarcire i danni procurati non solo all'erario ma alla stessa Autorità Portuale, per la mancata applicazione della Legge Monti.
Una patata bollente, che Merlo non potrà scaricare sul suo successore. I dipendenti dell'Autorità Portuale non si aspettavano questa nuova brutta sorpresa. I loro animi sono esasperati. Le conseguenze potrebbero essere disastrose. Il porto di Genova rischia la catastrofe.
Altro che: tutto va ben madama la marchesa, come voleva far credere il presidente Luigi Merlo. La verità è venuta a galla.