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Quel pasticciaccio di Luigi Merlo

Luigi Merlo

Quello che chiamo "il giornalismo alla genovese" non finisce mai di stupire. Dal mondo dello shipping mi arriva

una segnalazione, sulla quale bisogna riflettere.
Domenica "Repubblica" ha pubblicato un nuovo scoop di Marco Preve, un bravo giornalista che fa prima di tutto il cronista, come si faceva una volta. Va alle fonti. E così ha preso atto che a Palazzo San Giorgio c'è una guerra fredda tra il presidente dell'Autorità Portuale Luigi Merlo e i revisori dei conti. Risulta tutto da una sentenza del Tar. Si badi bene: non gossip né voci di corridoio, ma una sentenza del Tar, il Tribunale Amministrativo Regionale. E in questa sentenza si dice che i revisori dei conti dell'Autorità Portuale hanno fatto due esposti: uno alla Procura della Repubblica e uno alla Procura della Corte dei conti. Perché nel comportamento dell'Autorità Portuale potrebbero esserci dei risvolti penale.

Tutto è cominciato nel febbraio scorso quando il presidente Merlo ha stabilito nel suo regno di Palazzo San Giorgio una diversa disposizione degli uffici e quindi delle competenze. Decreto del 4 febbraio, numero 65. In omaggio alla trasparenza avrebbe dovuto figurare tutto sul sito dell'AP. Invece caso strano quel decreto sul sito non appare, da gennaio si passa a marzo, saltando febbraio.

Ovviamente i dirigenti spostati hanno fatto ricorso e il Tar ha dato loro ragione. Merlo non se ne preoccupa, avendo già le valigie pronte. Ma questa sentenza avrà anche gravi ripercussioni finanziarie.
Un fatto grave e di particolare importanza. Eppure sul "Secolo XIX" non è apparsa neppure una riga, eppure - ripetiamolo - si tratta di una sentenza (del Tar) e non di pettegolezzi. Eppure il giornale diretto ora con molto coraggio da Alessandro Cassinis ha almeno dieci giornalisti che scrivono di porto. Come mai hanno ignorato questa sentenza?

E non è finita. L'AP ha un ufficio stampa diretto dalla bravissima Silvia Martini. Poi qualche mese fa è arrivato come responsabile della comunicazione e portavoce Giovanni Mari, che era il responsabile politico del "Secolo XIX" (nonché marito di Michela Bompani, giornalista di "Repubblica"). Però stranamente Mari non si è dimesso dal "Secolo XIX" perché il giornale gli ha concesso l'aspettativa. In genere l'aspettativa viene concessa per motivi familiari, non per andare a fare un altro lavoro. Chiaro quindi che i maligni abbiano pensato: "Il Secolo XIX" ha concesso a Mari l'aspettativa perché gli fa comodo avere un suo uomo a Palazzo San Giorgio. E in tanti si sono chiesti: ma con tutti i giornalisti che ci sono sulla piazza, Merlo doveva andare a prenderne uno che risulta ancora nell'organigramma del "Secolo XIX"?

Logico che sorgano tanti dubbi. Ci piacerebbe che il presidente Luigi Merlo (a sua volta marito felice della giornalista Raffaella Paita) prima di levare le tende avesse la bontà di fugarli.
Attendiamo fiduciosi.

Elio Domeniconi

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