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E' crollato il mito Berti-Bruni

Il negozio Berti chiuso

Gli è rimasto il marchio Berti. Ma chissà se Andrea Bruni a 68 anni, avrà ancora voglia di ricominciare.

Gli è svanito il sogno di una vita: da garzone a imprenditore. Un imprenditore che dava lustro a Genova.
Su Style del Corriere della sera, nella mappa degli arbiter elegantiarum, in Liguria c'è un solo nome: Berti Genova.
Un tempo tutti i Vip vestivano Berti. Un celebre giornalista che è stato anche presidente della Rai, Paolo Garimberti, tutti gli anni veniva da Roma a Genova per rifornirsi il guardaroba da Berti. Tutti i gessati blu sfoggiati dal principe Cesare Castelbarco Albani, escono da Berti. A Natale la madre Marcella mandava il maggiordomo a saldare il conto da Bruni, tutta la famiglia si vestiva da Berti.

Conosco Andrea dal 1975, cioè da quando divenne titolare del negozio nel quale era entrato a 16 anni come garzonetto perchè  il titolare Gian Giacomo Berti, aveva deciso di andare a vivere a Montecarlo. Non aveva figli ed era felice che il suo ragazzo di bottega tirasse avanti l'azienda. Berti era nato nel primo palazzo di Piccapietra, la city costruita da Fausto Gadolla.
Al tempo nella moda il numero uno ere Agostino Ronzitti, Tino's,  che aveva fatto anche le prime divise sociali del Genoa. E Tino's c'è ancora, pure lui in Piccapietra, mandano avanti il negozio gli eredi che da genovesi di vecchio stampo non hanno mai fatto il passo più lungo della gamba. Bruni, secondo me, si era montato la testa.
Un negozio non gli bastava, aveva creato il Gruppo Berti: Loro Piana, Berti Shoes, Les Copain, e infine l'outlet Genova Corner in via Scurreria. 26 i dipendenti. E io mi chiedevo se non poteva concentrare tutto in un negozio.

S'era messo pure a fare l'editore. Aveva creato "Liguria" e l'aveva affidata a un grande giornalista come Paolo Zerbini. Chissà cosa ci avrà rimesso, sino a quando non aveva deciso di chiuderla. Voleva fare il mecenate nel mondo della lirica, borse di studio per aiutare i giovani talenti. Anche lì dopo un anno ,con grande festa al Carlo Felice, era finito tutto.
Mi diceva che Ernesto Bruno Valenziano e Alberto Gagliardi volevano portarlo in Forza Italia. L'avevano fatto prima Cavaliere e poi commendatore della Repubblica. Aveva ideato il Consorzio Piccapietra, aveva coinvolto la Costa e il Secolo XIX nel suo progetto di coprire la piazza per far diventare Piccapietra il centro delle manifestazioni genovesi. Ma il sindaco Beppe Pericù non aveva mai preso in considerazione il progetto.
Puntava sul Park dell'Acquasola, per risolvere il problema dei parcheggi. Cuore blucerchiato, aveva sponsorizzato anche la Sampdoria.

Leggo che, per tentare di evitare il fallimento, ha dovuto vendersi la bella casa di Corso Aurelio Saffi di cui erano giustamente orgogliose la moglie Clara e la figlia Monica, che poi era entrata al suo fianco nell'azienda. Si è venduto pure la villa di Savignone, dove amava ritirarsi a fare il contadino. E a Savignone aveva fondato pure un giornale, perché voleva fare il sindaco.
Si era circondato di personaggi che assecondavano la sua megalomania facendogli credere di essere un genio. Così ora gli è rimasto solo il marchio.

Elio Domeniconi

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