Il Papa e Genova, festa e storia
Mai un Papa ha incontrato la città con quello che è stato invocato e definito un “abbraccio”, in maniera
parimenti tanto intensa, pregante e destinata a lasciare un segno spirituale, emozionante ed importante nella comunità genovese. Francesco ha attraversato Genova nelle sue direttrici geograficamente ed urbanisticamente principali, ma anche socialmente più significative. Si è emozionato osservando, prima ancora di mettere piede in città, alla vista dal cielo ed in fase di atterraggio, per quel porto da cui salpò suo padre per le Americhe. Ha vissuto momenti di sentimento sociale impegnativo all'Ilva di Cornigliano, per spostarsi poi in cattedrale dove ha incontrato il suo mondo, quello del clero, di chi ha dedicato, come lui, la vita a Dio, facendone unico scopo. Cattedrale in pieno centro Genova ed appena sopra al porto antico, simbolo della città e da dove nacque la leggenda di Genova Superba nei mari. E quindi verso il popoloso Nord Ovest della città, vallata interna che lo ha portato sul monte Figogna, la punta più alta del genovesato con i suoi 800 metri, a quel santuario simbolo della devozione ma cui guardano con speranza, nei momenti difficili della vita, pure i non credenti. Discesa quindi verso il mare, sul quale si specchia il Gaslini, pediatrico vanto ed eccellenza medica di Genova nel mondo, dove l'uomo vestito di bianco ha fatto lacrimare gli occhi dei piccoli malati ma soprattutto dei “grandi” che accudiscono costoro e per loro hanno impegno scientifico, medico, umano, personale, di cuore ed animo.
Infine ecco il Santo Padre, il rappresentante di Dio in terra, davanti al mare di piazzale Kennedy, in una scenografia di favola, che quasi imponeva di pensare al soprannaturale, a celebrare messa, davanti a - si dice - centomila persone.
Ecco, in queste fasi e nell'arco di 12 ore, c'è Genova, la sua gente ma anche il mondo intero e l'Italia che soffre economicamente, socialmente, e di malattia, come i bambini del pediatrico.
I messaggi che ha lanciato Sua Santità sono infatti planetari, forti e fanno riflettere. L'imprenditore che deve essere lavoratore, non speculatore. Lui, uomo di Chiesa e non avvezzo ad economia e mercato, ha capito che nel lavoro stanno il riscatto e la dignità umana, e che lavorare è il verbo da coniugare prima di guadagnare. Meglio degli stessi imprenditori e dei politici cui questo concetto è ostico. Il lavoro di milioni di piccoli imprenditori e tanti lavoratori a reddito fisso mortificato alla politica, esaltato dal Papa.
Dove c'è lo sguardo di un lavoratore c'è Gesù...ha affermato. Ed ancora. Il lavoro è un altare, la preghiera di chi prega davanti ad un altare.
E Papa coraggioso che ha stigmatizzato i grandi centri aperti la domenica, intoccabili dalla politica e burocrazia che si genuflettono davanti ai potentati economici; la visita di Francesco li induca a riflettere che le ginocchia le devono piegare davanti a lui, alle sue indicazioni morali che valgono più di qualunque cifra.
“Ho paura del prete statico”, ha detto dicendo no anche a quelli Google o Wikipedia che sanno tutto. Clero esortato a stare tra la gente, sempre impegnato, mai fuori dal suo ruolo. I preti che ci piacciono. Ed ha citato il cardinale Canestri, che succedette a Siri nella cattedra genovese di San Siro. Stare nella Chiesa, l'invito. Paragonata ad un fiume. Meglio stare dentro che fuori: l'importante è esserci.
Genovesi coraggiosi e marinai, ha esclamato alla Guardia...stile Papa Bergoglio, dalla battuta sagace, attenta ma sempre azzeccata e precisa.
Festa di giovani dalle magliette azzurro mare e pranzo con gli ultimi, con chi ha sbagliato. Ha raccontato un incontro a Buenos Aires con un pluri omicida. “In te vedo Gesù” disse l'allora vescovo argentino a quell'uomo intimorito da un interlocutore puro ed onesto davanti a lui, che aveva invece fatto tanto, ucciso tante volte e spezzato crudelmente ed ingiustamente vite umane.
Poi al Gaslini, al capezzale di bambini che neppure hanno iniziato a vivere e già lottano con la morte, lontano da telecamere e platee.
Infine la papamobile sul lungomare, soleggiato, quasi estivo e pieno di bandiere bianche e gialle, colore vaticano per finire in piazzale Kennedy dove, con il grande rito della messa, si è accomiatato da Genova.
Pregare, non farci sommergere dal male di vivere, mettersi in gioco con coraggio attraverso le strade del mondo, avere il coraggio di camminare con il Signore, lasciando ad altri le chiacchiere, i temi sui quali ha spaziato l'omelia.
Alto e nobile in ogni occasione, pur con una semplicità che forse è la grandezza del Papa venuto da tanto lontano.
Servo dei servi di Dio...Impari chi si sente padrone degli altri e in qualche modo “capo” di qualcosa.
Francesco va ascoltato e ponderato.
Genova ha avuto una grande fortuna e il Papa ama Genova, che ha ricordato domenica, all'Angelus, in piazza San Pietro, dicendo grazie ai genovesi per l'accoglienza.
E siccome a volte nella vita le coincidenze saranno pure casuali ma possono essere anche significative, pensiamo alla splendida giornata di sole, ariosa, calda nella giusta maniera e limpida che ha accompagnato questo Papa in questa città.
Per la visita papale, come giornalista, ho lavorato molto, in maniera impegnativa ma sinceramente entusiasta. In vari giornali ed a Telegenova con un tiggì speciale sull'evento andato in onda sabato, in diretta, mentre Francesco saliva a bordo dell'aereo militare che lo riportava a Roma.
Ed alla visita storica dedicherò uno speciale a Telegenova, ospiti in studio un imam ed un teologo, di commento ed approfondimento, che andrà in onda sabato 3 giugno alle 19 e varie repliche.
Dino Frambati
www.dinoframbati.com