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Montecitorio, l’Ordine dei giornalisti presenta la proposta di riforma

Da sinistra: Carlo Bartoli, Nicola Marini, Paola Spadari e Riccardo Arena

È stato un momento memorabile che resterà negli annali della storia del giornalismo italiano, quello della conferenza stampa che si è svolta in Parlamento sulla proposta di riforma dell’Ordine dei giornalisti, elaborata e creata dal Consiglio nazionale in un anno e mezzo di lavoro.

Il testo della proposta è stato presentato dal presidente nazionale Odg Carlo Bartoli ed è frutto di un intenso lavoro di gruppo, che ha visto in primis protagonista l’apposita Commissione Riforma e poi l’intero Consiglio Nazionale che l’ha approvata all’unanimità, dopo un dibattito intenso e approfondito.

Voto condiviso e senza alcuna sbavatura che è già stato fortemente indicativo di quanto sia necessario mutare le regole del gioco per essere iscritti all’Ordine, dal momento che quelle attuali hanno 60 anni, età da pensione, e sono ormai desuete e basate su un giornalismo molto diverso da quello attuale.

Normativa vecchia di oltre mezzo secolo dunque, durante il quale il mondo ha avuto trasformazioni epocali e non solo dalla macchina da scrivere al computer, ma anche in mille altre sfaccettature e situazioni. Base, quanto sopra, per indurre il Consiglio Nazionale Odg di questa legislatura a lavorare intensamente per varare la proposta presentata appunto a Montecitorio da una quaterna di suoi rappresentanti al massimo livello.

A partire dal presidente Bartoli, molto attivo e sempre presente, già presidente Odg Toscana, che ha indicato come la proposta intenda “dare risposte all'oggi e al domani, pensando anche allo scenario nel settore con la continua evoluzione del sistema”.

Ad entrare nel dettaglio e nel merito è stato poi Riccardo Arena, che ha guidato la Commissione Riforma per un anno e mezzo quale presidente della stessa, con grande impegno.

A modifica dell’attuale legge 69, datata 1963, viene proposta l'istituzione di una laurea magistrale in giornalismo per l'accesso alla professione oppure una laurea triennale per poter partecipare a corsi specialistici che si svolgeranno sotto il controllo e la vigilanza dell’Ordine. Necessaria poi una dichiarazione di inizio attività per il biennio propedeutico e durante questi due anni si dovrà seguire un percorso formativo. Scopo qualificare come professionista chi eserciterà “in modo sistematico, continuativo e prevalente” il giornalismo con “regolare e congrua retribuzione”, oggi assai bassa per la maggior parte dei giornalisti.

“Non portiamo una proposta chiusa - si è affrettato a precisare Bartoli - attendendo anche indicazioni e spunti dalle istituzioni”, ed augurandosi che l’iter di questa modifica alla legge del 1963 viaggi veloci tra le stanze delle istituzioni legislative.

Nicola Marini, storica figura del Cnog dov’è stato a lungo tesoriere e per un periodo pure presidente, componente della Commissione Riforma ha poi usato un’immagine efficace e persino singolare per rappresentare il significato della riforma e la sua necessità: “Abbiamo di fronte sfide inimmaginabili. Ci devono dare gli strumenti adatti per affrontarle, sennò è come andare con il moschetto contro i droni”. E Marini ha anche ricordato come della riforma “si parli ormai da anni senza attuarla”.

Paola Spadari, attuale segretario del Consiglio nazionale dell'Odg, memorabile presidente Odg Lazio in passato ed ottima moderatrice della conferenza stampa, ha posto l’accento su “una proposta che introduce elementi di coraggio in un momento in cui la professione è profondamente cambiata”. “Obiettivo – ha detto - è tutelare la dignità e l'autonomia di questo lavoro”.

Importante e di livello la partecipazione della politica, a partire da Federico Mollicone (FdI), presidente della commissione Cultura della Camera, che ha definito la proposta “innovativa, importante, coraggiosa e un buon punto di partenza per quello che deve essere un dialogo del legislatore con tutte le categorie del settore”, invitando la politica ad un impegno, verso il giornalismo, “non solo teorico ma concreto. La salvaguardia delle industrie editoriali significa anche tutela del pluralismo e dei posti di lavoro”.

Stefania Ascari, dei 5 Stelle, membro della commissione Giustizia di Montecitorio, ha fatto eco, indicando che la proposta va nel senso di “riforma necessaria perché la legge è del 1963 e necessita aggiornamenti, anche alla luce di internet che ha stravolto ogni aspetto della società, incluso il mercato dell'informazione”. 

Dino Frambati

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