Il magistero di Aldo Moro
Quarantaquattro anni or sono, con il suo rapimento e l'uccisione degli uomini della scorta, aveva inizio il martirio di Aldo Moro, "uomo buono, mite, saggio, innocente ed amico" (cosi lo definì il Santo Padre Paolo VI nel corso del rito funebre celebrato in suo suffragio il 13 maggio1978).
La ricorrenza coincide con uno dei momenti peggiori della storia contemporanea e il ricorso "fisiologico" al pensiero di Aldo Moro, oggi si palesa come un'esigenza avvertita con inedita intensità.
In politica estera, l'espressione più alta del magistero di Aldo Moro fu il suo determinante contributo alla stesura degli Accordi di Helsinki del 1975, che determinarono il disgelo nei rapporti tra i paesi europei, ibernati nella logica dei blocchi contrapposti e l'avvio di quel percorso virtuoso che nel 1989 trovò il suo effettivo compimento.
Aldo Moro vi partecipò in qualità di Presidente del Consiglio e mise a profitto l'attività da lui svolta dal 1963 al 1968 nelle identiche funzioni e (quasi ininterrottamente, dal 1969 in avanti) come Ministro degli Esteri nei governi di centrosinistra presieduti da Mariano Rumor (1969/1970 e 1973/1974), da Emilio Colombo (1970/1972) e nell'esecutivo monocolore DC (di breve durata: febbraio-giugno 1972), guidato da Giulio Andreotti.
Ecco un estratto del contributo fornito da Aldo Moro, che resta verbalizzato negli atti dell'Accordo di Helsinki: "La presa d'atto degli assetti territoriali esistenti e delle fondamentali prospettive di cooperazione deve essere un punto di passaggio verso il futuro. La realtà va riconosciuta ma non cristallizzata. Dobbiamo inserire la nostra opera in un contesto dinamico, affinché siano lasciate aperte le vie per una evoluzione pacifica in conformità con la libera volontà dei popoli".
E prosegue: "Abbiamo potuto riaffermare un certo numero di principi fondamentali della convivenza internazionale, universalmente validi: tra essi vorrei sottolineare il rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, inclusa la libertà di pensiero, coscienza, religione e credo, la composizione pacifica delle controversie, il non ricorso alla forza e l'inviolabilità delle frontiere, fermo restando la liceità dei loro mutamenti come espressione dell'autodeterminazione dei popoli per via democratica, in conformità con il diritto internazionale, attraverso mezzi pacifici e mediante accordi".
Messi oggi al cospetto di una così immane tragedia, come quella che sta devastando il cuore dell'Europa, il dolore e l'ansia soffocano la nostra voce.
Come disse in allora il Santo Padre Paolo VI "le nostre labbra sono chiuse come da un enorme ostacolo, simile alla grossa pietra rotolata all'ingresso del Sepolcro".
Ma sempre utilizzando le parole pronunciate dal Sommo Pontefice: "Nel puro sudario della nobile memoria di Aldo Moro raccogliamo l'eredità superstite della sua diritta coscienza, del suo esempio umano e cordiale" e della sua illuminata dedizione "a redenzione civile e spirituale della diletta Nazione italiana" e anche a favore dell'intera comunità dei popoli.
Quelle di Aldo Moro sono parole che mantengono intatta la loro attualità, indicano la strada da percorrere e consentono di varcare le soglie della speranza anche (sempre parafrasando il Santo Padre Paolo VI) "in questa giornata di un sole che inesorabilmente tramonta".
Gian Luca Buccilli
Capogruppo di Civica in Comune a Recco